Corte di Cassazione Civile Sezione lavoro 15/10/2010 n. 21289

Redazione 15/10/10
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nella causa promossa da (…) e altri contro I’INPS per ottenere la condanna dell’Istituto al pagamento della rivalutazione e degli interessi sull’indennità di disoccupazione agricola dovuta per gli anni dal 1986 al 1992 corrisposta in ritardo, nonché l’adeguamento della medesima indennità, la Corte di Appello di Reggio Calabria, con sentenza n. 502 del 3 luglio 2007, decidendo sugli appelli proposti dai lavoratori e dal’INPS contro la sentenza n. 746/2001 del Tribunale di Palmi, condannava I’INPS al pagamento delle spese processuali del giudizio di primo grado, liquidate in complessivi € 1.521,00 (di cui € 16,00 per esborsi, € 73,00 per diritti ed € 80 per onorari per ciascuno dei lavoratori appellanti) con distrazione in favore del procuratore: compensava per metà le spese del giudizio di secondo grado, liquidate per l’intero in complessivi € 1.210,00 (di cui € 20,00 per spese, € 590.00 per diritti ed € 600,00 per onorari) ponendo la restante metà a carico deIl’INPS, con distrazione in favore del procuratore.
Per la cassazione di tale sentenza i lavoratori hanno proposto ricorso con sei motivi ed hanno depositato memoria. L’ INPS ha depositato procura ed ha preso parte alla discussione.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, denunciando violazione dell’art. 60 RDL_1578_1933 e difetto di motivazione, i lavoratori censurano la sentenza impugnata per avere il giudice di appello ridotto al di sotto dei minimi tariffari anche i diritti di procuratore, mentre la norma citata consente al giudice di ridurre soltanto gli onorari.
Con il secondo motivo di ricorso, denunciando violazione dell’art. 60 RDL 27.11.1933 n. 1578 e difetto di motivazione, i lavoratori censurano la sentenza impugnata per avere il giudice di appello liquidato le spese al di sotto dei minimi tariffari ritenendo la causa di "facile trattazione", senza fornire alcuna illustrazione delle ragioni che lo avevano indotto a ritenere la causa di facile trattazione.
Con il terzo motivo, denunciando violazione dell’art. 60 RDL n. 157/1933 e dell’art. 4 legge_794_1942 oltre che difetto di motivazione, i lavoratori osservano che l’art. 60 cit. è stato abrogato e sostituito dall’art. 4 della legge n. 794/1942, il quale ha disposto che "nelle cause di particolare semplicità gli onorari possono essere ridotti fino alla metà dei minimi", sostituendo quindi, al criterio della facile trattazione quello della particolare semplicità.
Con il quarto motivo, denunciando ancora violazione dell’art. 60 RDL n, 1578/1933 e dell’art. 4 legge n. 794/ 1942 e difetto di motivazione, i lavoratori censurano la sentenza impugnata per avere il giudice di appello, nell’operare la riduzione di cui all’art. 60 cit. liquidato le spese del giudizio di primo grado in modo del tutto arbitrario, senza prendere a riferimento le tabelle professionali e non tenendo in alcun conto il divieto di riduzione al di sotto della metà dei minimi tariffari.
Con il quinto motivo, denunciando violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. e difetto di motivazione, i ricorrenti si dolgono del fatto che il giudice di appello abbia compensato per metà le spese del giudizio di secondo grado senza adeguata motivazione e non tenendo conto dell’esito finale della lite, favorevole ai lavoratori.
Con il sesto motivo di ricorso, denunciando violazione dell’art. 24 legge 13 giugno 1942 n. 794 in combinato disposto con l’art. 4 del DM_127_2004, e difetto di motivazione, i lavoratori censurano la sentenza impugnata per avere il giudice di appello liquidato le spese del giudizio di secondo grado in misura inferiore ai minimi tariffari inderogabili, tenuto conto del fatto che il valore della causa ottenuto sommando le domande dei cinque lavoratori, ammonta ad € 929,36 e che erano quindi applicabili le tariffe previste per lo scagliome fino ad € 5.200,00. Rilevano altresì i ricorrenti che la Corte territoriale ha ignorato il fatto che avverso la stessa sentenza di primo grado sono state proposte distinte impugnazioni che hanno dato luogo a due giudizi separati fino all’udienza di discussione del 19.6.2007 in cui i ricorsi sono stati riuniti ex art. 335 c.p.c. pertanto, ai sensi dell’art. 5 del DM, n. 127/2004 la liquidazione dei diritti e degli onorari doveva avvenire separatamente per ogni singola causa fino al momento della loro riunione e che solo per le prestazioni successive poteva essere liquidato un unico compenso.
i primi quattro motivi, che è opportuno esaminare congiuntamente perché relativi alla liquidazione delle spese del giudizio di primo grado, sono fondati nei limiti delle seguenti considerazioni.
La regola posta dall’art. 60 del RDL n. 1578 del 1933, invocata dal giudice di appello – che al quinto comma stabilisce che quando la causa risulta di "facile trattazione" il giudice può attribuire l’onorario in misura inferiore al minimo con decisione motivata – non è venuta meno per effetto della disposizione di cui all’art. 4 della legge 13 giugno 1942 n. 794 – che nel prevedere la riduzione dei minimi tariffari per le controversie di "particolare semplicità" dispone che la riduzione degli onorari non possa superare il limite della metà – ma è stata integrata dalla norma successiva, che ha fissato il limite massimo della riduzione degli onorari (vedi sul punto Cass. 28804/2008, Cass. 17920/2009).
L’esame della norma, così ricostruita, consente alla Corte di rilevare il duplice errore in cui è incorso il giudice del gravame.
In primo luogo va rilevato che la regola posta dalla disposizione in esame, essendo limitativa del diritto della parte al rimborso delle spese processuali sostenute per l’affermazione del proprio diritto, comporta, da un lato, che la facoltà di scendere al di sotto dei minimi sia limitata alla sola voce, espressamente menzionata, degli "onorari" e non può essere estesa ai "diritti" di procuratore ed alle spese, come erroneamente fatto dal giudice di merito; dall’altro lato che la riduzione degli onorari non può superare il limite della metà dei minimi tariffari previsti per gli onorari (cfr. da ultimo Cass. n. 1790/2009).
in secondo luogo la sentenza impugnata è erronea anche perché ha proceduto alla liquidazione delle spese del giudizio di primo grado una volta operata la riduzione in modo forfettario e globale, senza procedere alla necessaria determinazione del valore di ciascuna delle controversie separatamente proposte e successivamente riunite, al fine di verificare che non fosse superato il divieto di riduzione degli onorari al di sotto della metà del minimo (cfr. ancora da ultimo Cass. n. 1790/2009).
In relazione ai profili sopra evidenziati, la sentenza impugnata merita dunque di essere censurata, con il conseguente accoglimento del ricorso nei limiti sopra esposti e con l’assorbimento del quinto e sesto motivo, relativi alla liquidazione delle spese del giudizio di appello.
La sentenza impugnata va quindi cassata con rinvio alla Corte di Appello di Messina che procederà, alla stregua dei principi sopra enunciati, a rideterminare le spese del giudizio di primo grado nonché a liquidare quelle di secondo grado.

P. Q. M.

cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Messina che procederà, alla stregua dei principi sopra enunciati, a rideterminare le spese del giudizio di primo grado nonché a liquidare quelle di secondo grado.

Redazione