Corte di Cassazione Civile Sezione lavoro 12/10/2007 n. 21447; Pres. Senese S.

Redazione 12/10/07
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 19 gennaio 1998, la Casa di Cura Villa Chiarugi s.r.l. proponeva appello avverso la sentenza del Pretore di Nocera Inferiore con cui veniva dichiarata l’inammissibilità dell’opposizione al decreto ingiuntivo reso in proprio danno, per il pagamento di contributi previdenziali omessi e relative sanzioni civili (relativamente al periodo dal 1 gennaio 1980 al 31 dicembre 1990). Chiedeva la riforma della decisione, con accoglimento dell’opposizione e la revoca del decreto ingiuntivo.

Si costituiva l’INPS, insistendo per la conferma della sentenza, ribadendo l’inammissibilità dell’opposizione, in quanto proposta oltre il termine perentorio di legge.

Con sentenza del 23 giugno 2000 il Tribunale di Nocera Inferiore rigettava l’appello, confermando la decisione impugnata, sul rilievo che la spedizione del ricorso a mezzo del servizio postale non costituiva valida modalità di deposito dell’atto stesso, dovendo questo avvenire mediante consegna materiale dell’atto nelle mani del cancelliere, sicchè la prescelta modalità di proposizione dell’opposizione al decreto era da ritenersi affetta da nullità ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2, nullità non sanata dalla pur avvenuta iscrizione a ruolo della causa.

Avverso tale pronuncia la società soccombente proponeva ricorso per cassazione con un unico motivo, sollevando, in memoria, questione di legittimità costituzionale dell’art. 415 c.p.c., (concernente le controversie di lavoro e previdenziali), per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui detta norma non consente l’utilizzo del mezzo postale per la proposizione del ricorso, sostenendo l’eccezione di incostituzionalità con il richiamo alla sentenza della Corte costituzionale 18 marzo 2004 n. 98, dichiarativa della illegittimità costituzionale della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22, ("Modifiche al sistema penale") nella parte in cui tale norma non consentiva l’utilizzo del mezzo postale per la proposizione dell’opposizione alla ordinanza ingiunzione ivi prevista. Questa corte, ritenuta la questione rilevante e con manifestamente infondata, sospendere il giudizio rimettendo gli atti alla Corte costituzionale ordinanza depositata il 6 12 2004.

Con ordinanza n. 34 del 9 febbraio 2007, la Corte costituzionale ha dichiarato la manifesta infondatezza della sollevata questione, con conseguente riattivazione del giudizio sospeso ed esame dell’unico motivo di ricorso proposto dalla Casa di Cura Chiarugi, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste l’INPS con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso, la società Casa di Cura Villa Chiarugi, denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 156, c.p.c., comma 2, lamenta che l’orientamento restrittivo,che fa discendere la nullità del deposito del ricorso, spedito a mezzo posta, del richiamato art. 156, comma 2, seguito dal Tribunale di Nocera Inferiore, non appare corretto, pur in presenza della pronuncia della Corte Cost. n. 34 del 2007, poichè non tiene conto del comma terzo dello stesso articolo, che prevede la sanatoria della nullità qualora l’atto abbia raggiunto lo scopo a cui è destinato.

Il motivo è infondato.

Va preliminarmente puntualizzato che, ai sensi dell’art. 645 c.p.c., l’opposizione a decreto ingiuntivo da luogo ad un ordinario, autonomo giudizio di cognizione, che, sovrapponendosi allo speciale e sommario procedimento monitorio (artt. 633, 644 c.p.c., e segg.), si svolge nel contraddittorio delle parti secondo le norme del procedimento ordinario (ex plurimis Cass. 4 dicembre 1997 n. 12311). Con riguardo, poi, al procedimento di ingiunzione per i crediti previdenziali – finalizzato ad ottenere il decreto ingiuntivo per il pagamento degli stessi, emesso dal giudice del lavoro ai sensi dell’art. 637 c.p.c., al quale può seguire l’opposizione proposta davanti allo stesso giudice con le forme del rito del lavoro ex artt. 413 e 415 c.p.c., vi è nella prima fase un procedimento speciale a cognizione sommaria, retto dalle disposizioni sue proprie; mentre solo la seconda, quella dell’opposizione, è regolata dalle norme sul processo del lavoro (ex plurimis, Cass. 20 marzo 1999 n. 2630), con l’ulteriore conseguenza che il ricorso in opposizione contro l’ingiunzione di pagamento non può essere proposto a mezzo del servizio postale, ma deve essere depositato presso la cancelleria di detto giudice con consegna "a mani" del cancelliere.

Invero, il deposito dell’atto costituisce il necessario strumento per portare all’esame del giudice adito l’atto introduttivo del giudizio, ed, inoltre, il deposito medesimo è effettuabile a mezzo del servizio postale solo in presenza di una specifica norma che preveda le relative modalità di introduzione del giudizio (quale l’art. 134 disp. att. c.p.c., inerente al deposito del ricorso e del controricorso nel giudizio di legittimità a mezzo della posta, che, in quanto norma eccezionale, non può essere suscettibile di interpretazione analogica) (cfr. Cass. 6 febbraio 2003 n. 1813).

Nè può condividersi l’orientamento espresso con la sentenza n. 6968 del 1997 (richiamata dalla ricorrente e rimasta isolata), secondo cui, qualora risulti incontrovertibilmente dagli atti la data del deposito e possa, dunque, ritenersi raggiunto lo scopo, essendo possibile in tal caso la verifica della tempestività dell’opposizione, il giudice non potrebbe dichiarare inammissibile il ricorso, ostandovi l’art. 156 c.p.c., comma 3, essendo, stata questa decisione superata dal più recente orientamento giurisprudenziale espresso da questa Corte ed in particolare dalle sentenze n. 1262 e 2450 del 1999, che, in motivato dissenso dalla citata sentenza n. 6968 del 1997, hanno ritenuto l’impossibilità di configurare qualsiasi tipo di sanatoria in relazione ad un’attività inidonea a realizzare la corrispondente fattispecie legale determinativa della proposizione del ricorso (cfr. più di recente, Cass. n. 1813 del 2003 cit.). Come anche rilevato nella sentenza n. 4130 del 1988, resa a sezioni unite, ad evitare la pronuncia di inammissibilità dell’opposizione non proposta nel termine di legge non basta, infatti, la volontà di proporre opposizione in qualsiasi modo manifestata, atteso che la perentorietà del termine e la decadenza determinata dalla sua inosservanza esigono che il comportamento imposto alla parte al fine di evitare conseguenze ad essa sfavorevoli sia precisamente individuato in astratto e sia compiutamente tenuto in concreto secondo le modalità prescritte dalla legge.

L’esame delle disposizioni processuali attinenti al rito delle controversie di lavoro induce, dunque, a concludere che l’atto introduttivo del giudizio davanti al giudice del lavoro deve essere depositato nella cancelleria del relativo ufficio giudiziario: tanto dispone espressamente l’art. 415 c.p.c., per il processo del lavoro ed analogo principio di desume dal complesso delle disposizioni processuali attinenti alla costituzione della parte anche nel giudizio ordinario.

Per converso la spedizione a mezzo del servizio postale alla cancelleria integra una modalità non prevista in via generale (salva l’espressa eccezione rappresentata dall’art. 134 disp. att. c.p.c.), e non può condurre alla valida costituzione in giudizio dell’attore e alla regolare iscrizione della relativa causa nel ruolo generale civile, per cui la stessa risulta radicalmente inidonea ad investire validamente il giudice della cognizione e della decisione. In altre parole la spedizione dell’atto introduttivo a mezzo della posta è carente del requisito formale indispensabile (il deposito in cancelleria, appunto) per il raggiungimento dello scopo, cui questo è destinato dalla legge, dovendo perciò concludersi che la prescelta modalità di proposizione dell’opposizione è nulla ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2, e tale vizio è assoluto, rilevabile d’ufficio ed insanabile, anche se il cancelliere abbia erroneamente proceduto all’iscrizione a ruolo della causa relativa.

Ne discende allora che proprio l’insanabilità della dedotta patologia priva di ogni rilievo processuale la circostanza che – come nella specie. Tatto sia pervenuto in cancelleria entro il termine perentorio, non essendo configurabile la sanatoria per raggiungimento dello scopo, atteso che la spedizione non lascia configurare nel ricorso spedito a mezzo posta, un atto equipollente al deposito, pur se compiuto nei termini di legge.

La correttezza di tali considerazioni, fatte proprie dal Giudice a quo ha trovato, del resto, pieno riscontro nella richiamata pronuncia n. 34 del 2007 della Corte cost., la quale, nell’evidenziare le diversità riscontrabili dal raffronto tra l’opposizione ad ordinanza – ingiunzione e l’opposizione a decreto ingiuntivo, ha osservato, tra l’altro, che è da escludere che la procedura per la opposizione a sanzione amministrativa della L. n. 689 del 1981, art. 22. e quella di opposizione a decreto ingiuntivo in relazione alle somme dovute per violazioni delle disposizioni in materia di previdenza ed assistenza obbligatoria siano assimilabili, se non quanto alle violazioni che vi danno rispettivamente luogo, sì da rendere irragionevole il diverso regime relativo alle modalità di deposito dell’atto introduttivo delle rispettive controversie, che esclude, per la seconda, la deroga alla regola generale prevista per la prima;

e che l’introduzione della possibilità dell’utilizzo del servizio postale nel processo del lavoro, caratterizzato da una struttura processuale piuttosto complessa, sarebbe destinata, da un lato, a ripercuotersi negativamente sul funzionamento del sistema processualistico dello stesso rito del lavoro nel suo complesso e, dall’altro, determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento, costituzionalmente rilevante, fra controversie soggette a tale rito, nella insussistenza di condizioni particolari che la giustifichino.

Tali considerazioni costituiscono ulteriori ragioni per escludere la correttezza di una interpretazione – quale quella propugnata dalla ricorrente anche successivamente alla pronuncia della Corte cost. n. 34 del 2007, con conseguente rigetto del ricorso, essendo stata l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta con modalità non consentite dalla legge, così come ritenuto dalla impugnata sentenza.

La complessità della questione, che ha richiesto l’intervento della Corte costituzionale, induce a compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Redazione