Corte di Cassazione Civile Sezione lavoro 11/5/2011 n. 10341

Redazione 11/05/11
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Svolgimento del processo
B.P.E., dipendente della Rai Radiotelevisione Italiana spa con la qualifica di capo redattore, inviato a (omissis) – data di cessazione del rapporto di lavoro – per sostituire un collega di lavoro corrispondente all’estero, ha chiesto il riconoscimento del suo diritto al computo delle somme percepite nello stesso periodo a titolo di rimborso spese dell’albergo, dell’affitto dell’appartamento e di altre spese sostenute all’estero ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto, nonchè il pagamento dell’indennità sostitutiva delle ferie non godute.

Il Tribunale di Roma ha accolto entrambe le domande, mentre la Corte di Appello di Roma, con sentenza del 26.1.2007, ritenuta la prescrizione quinquennale del diritto alla corresponsione del compenso sostitutivo per ferie non godute, ha rigettato la seconda domanda.

Avverso tale sentenza ricorre per cassazione B.P.E. affidandosi a tre motivi cui resiste con controricorso la Rai, che ha proposto anche ricorso incidentale fondato su due motivi.

Il B. ha depositato controricorso al ricorso incidentale e memoria ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione
1.- Preliminarmente, deve essere disposta la riunione del ricorso principale e di quello incidentale, ex art. 335 c.p.c..

2.- Con il primo motivo del ricorso principale si denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., artt. 1218, 2058 e 2109 c.c., con riferimento alla statuizione con cui la Corte territoriale ha ritenuto la natura retribuiva della indennità sostitutiva delle ferie non godute, con conseguente applicabilità del termine di prescrizione quinquennale previsto dall’art. 2948 c.c., anzichè del termine decennale che dovrebbe ritenersi applicabile in virtù della natura risarcitoria di detta indennità. 3.- Con il secondo motivo si denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 2705, 2719 e 2697 c.c., artt. 214 e 215 c.p.c., art. 112 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, relativamente alla statuizione con la quale il giudice d’appello ha negato efficacia interruttiva della prescrizione alla lettera a firma del Consigliere Segretario dell’Associazione Stampa Romana in quanto non sottoscritta nè dal B. nè dal Consigliere Segretario, non essendo stata prodotta, peraltro, neppure la ricevuta della lettera raccomandata in questione.

4.- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2935 e 1193 c.c., nonchè vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nella parte in cui il giudice d’appello non ha considerato che la prescrizione del diritto alla corresponsione dell’indennità sostitutiva delle ferie poteva iniziare a decorrere solo dal momento in cui non poteva più essere fatto valere il diritto al godimento delle ferie, ovvero dalla data della cessazione del rapporto di lavoro, verificatasi il 7.6.1994. 5.- Con il primo motivo di ricorso incidentale la Rai lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2099 c.c. e art. 2120 c.c., comma 2, in relazione all’art. 36 Cost., degli artt. 1362 e ss. c.c., anche in relazione agli artt. 11, 22 e 28 c.c.n.l. 1991-1994, dell’art. 116 c.p.c., nonchè insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento al capo della sentenza impugnata con la quale, confermando la decisione del Tribunale, la Corte d’appello ha ritenuto l’esistenza del diritto del lavoratore alla richiesta integrazione del trattamento di fine rapporto con l’inclusione nella base di calcolo dei compensi percepiti dal B. durante la sua permanenza all’estero.

Secondo la Rai, la Corte territoriale, così giudicando, non avrebbe considerato che il B. era stato inviato a Londra in qualità di "inviato speciale1", con l’applicazione di un trattamento economico riconducibile al regime di "trasferta", che gli aveva garantito la fruizione di rimborsi a pie di lista, sulla base di espresse autorizzazioni di viaggio, con la conseguenza che le somme di cui si discute, aventi tutte funzione restitutoria o risarcitoria della maggiori spese sostenute dal giornalista nell’interesse del datore di lavoro, non potevano essere ricomprese nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto, avuto riguardo anche a quanto previsto dall’art. 28 del contratto collettivo.

6.- Con il secondo motivo di ricorso incidentale la società denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione al capo della decisione con il quale la Corte d’appello ha ritenuto che non fosse affetta da vizio di ultrapetizione la sentenza del Tribunale che, riconoscendo la computabilità ai fini del calcolo del trattamento di fine rapporto dei compensi percepiti dal B. per il lavoro svolto all’estero, aveva di fatto attribuito al lavoratore una posizione professionale – quella di "corrispondente" – non richiesta dal giornalista con il ricorso introduttivo.

7.- Il primo motivo è fondato. Come più volte affermato da questa Corte, "l’indennità sostitutiva delle ferie e dei riposi settimanali non goduti ha natura non retributiva ma risarcitoria e, pertanto, è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale, decorrente anche in pendenza del rapporto di lavoro" (Cass. n. 9999/2009, Cass. n. 3298/2002, Cass. n. 13039/97, Cass. n. 8212/97, Cass. n. 2231/97, Cass. n. 8627/92).

La sentenza impugnata si è adeguata alla giurisprudenza talvolta recepita da questa Corte (cfr. Cass. n. 12554/2003, Cass. n. 12311/2003, Cass. n. 15776/2002 e, più recentemente, Cass. n. 6607/2004, Cass. n. 11262/2010), secondo la quale, essendo l’indennità in parola in rapporto di corrispettività con la prestazione lavorativa che avrebbe dovuto essere effettuata nel periodo dedicato al riposo, essa ha carattere retributivo e sarebbe, dunque, assoggettabile a contribuzione previdenziale, anche perchè un eventuale suo concorrente profilo risarcitorio non escluderebbe la sua riconducibilità all’ampia nozione di retribuzione imponibile delineata dalla L. n. 153 del 1969, art. 12.

Questa Corte ritiene però di adeguarsi al diverso orientamento espresso dalle sentenze sopra citate – cui adde Cass. n. 12580/2003, Cass. n. 13980/2000, Cass. n. 5624/2000 – che riconosce all’indennità sostitutiva delle ferie non godute natura risarcitoria, e ciò in quanto essa è pur sempre correlata ad un inadempimento contrattuale del datore di lavoro, che obbliga quest’ultimo (quando l’adempimento in forma specifica sia divenuto impossibile) al risarcimento del danno, che comprende, in primo luogo, la retribuzione dovuta per il lavoro prestato nei giorni destinati alle ferie o al riposo (nonchè la riparazione di eventuali ulteriori danni subiti dal lavoratore a seguito del mancato ristoro delle energie psicofisiche) e che soggiace alla prescrizione ordinaria decennale prevista dall’art. 2946 c.c., e non già a quella quinquennale ex art. 2947 c.c. (concernente la prescrizione del diritto al risarcimento del danno per responsabilità aquiliana; cfr. anche Cass. n. 12334/97, Cass. n. 5045/97, Cass. n. 5015/92).

Ne segue l’accoglimento del primo motivo di ricorso con la cassazione sul punto della sentenza impugnata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (non vi è, infatti, contestazione sul quantum), la cassazione di tale sentenza per violazione di norme di diritto comporta la decisione nel merito della causa (art. 384 c.p.c., comma 2), con la conferma della statuizione resa dal Tribunale in ordine alla domanda concernente l’indennità sostitutiva delle ferie non godute.

8.- L’accoglimento del primo motivo di ricorso assorbe l’esame delle altre censure proposte con il ricorso principale.

9.- 11 primo motivo di ricorso incidentale è inammissibile, il secondo è in parte inammissibile in parte infondato.

10.- Ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ai ricorsi per cassazione proposti avverso le sentenze e gli altri provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006, e quindi anche al ricorso in esame, nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto, che deve essere idoneo a far comprendere alla S.C., dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico-giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (Cass. n. 8463/2009).

Per la realizzazione di tale finalità, il quesito deve contenere la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito, la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal giudice a qua e la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuto applicare alla fattispecie. Nel suo contenuto, inoltre, il quesito deve essere caratterizzato da un sufficienza dell’esposizione riassuntiva degli elementi di fatto ad apprezzare la sua necessaria specificità e pertinenza e da una enunciazione in termini idonei a consentire che la risposta ad esso comporti univocamente l’accoglimento o il rigetto del motivo al quale attiene (Cass. n. 5779/2010, Cass. n. 5208/2010).

Ne consegue che è inammissibile non solo il ricorso nel quale il suddetto quesito manchi, ma anche quello nel quale sia formulato in modo in conferente rispetto alla illustrazione dei motivi d’impugnazione; ovvero sia formulato in modo implicito o in modo tale da richiedere alla S.C. un inammissibile accertamento di fatto o, infine, sia formulato in modo del tutto generico (Cass, sez. unite n. 20360/2007). Anche nel caso in cui venga dedotto un vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), l’illustrazione del motivo deve contenere, a pena d’inammissibilità, la "chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione". Ciò comporta, in particolare, che la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

Al riguardo, inoltre, non è sufficiente che tale fatto sia esposto nel corpo del motivo o che possa comprendersi dalla lettura di questo, atteso che è indispensabile che sia indicato in una parte del motivo stesso, che si presenti a ciò specificamente e riassuntivamente dedicata (cfr. ex plurimis, Cass. n. 8555/2010, Cass. sez. unite n. 4908/2010, Cass. n. 16528/2008, Cass. n. 8897/2008, Cass. n. 16002/2007).

11.- Nella specie, il quesito formulato dalla Rai a chiusura del primo motivo, oltre a non individuare chiaramente il principio di diritto posto dal giudice a quo alla base del provvedimento impugnato, non specifica le regole di ermeneutica contrattuale che sarebbero state in concreto violate dal giudice d’appello nell’interpretazione delle norme del contratto collettivo che vengono richiamate – e che si assumono rilevanti ai fini del trattamento di fine rapporto nel caso di giornalista inviato all’estero – e fa riferimento ad accertamenti e a valutazioni di fatto (quali sono quelli riguardanti la stabilità o meno dell’incarico svolto dal giornalista all’estero) che non possono trovare ingresso in questa sede di legittimità sotto il profilo della violazione di legge in quanto esterni all’esatta interpretazione della legge ed integranti una tipica valutazione del giudice del merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, esclusivamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (Cass. n. 9908/2010; Cass. n. 8730/2010, Cass. n. 11094/2009); e tutto ciò a prescindere dalla pur di per sè assorbente considerazione che il contratto collettivo cui si fa riferimento nel ricorso per cassazione, e che è stato oggetto di esame da parte del giudice d’appello, non risulta essere stato ritualmente allegato, ovvero allegato in veste integrale, al ricorso per cassazione a norma dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 (sull’onere di produzione del testo integrale dei contratti collettivi sui quali il ricorso si fonda, cfr. ex multis Cass. Sez. unite n. 20075/2010, Cass. n. 4373/2010, Cass. n. 219/2010, Cass. n. 27876/2009, Cass. n. 16619/2009, Cass. n. 15495/2009, Cass. n. 2855/2009, Cass. n. 21080/2008, Cass. n. 6432/2008, cui adde Cass. n. 21366/2010 e Cass. n. 21358/2010).

Va ribadito, al riguardo, che l’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4 pone a carico del ricorrente un vero e proprio onere di produzione, che ha per oggetto il contratto collettivo nel suo testo integrale e non già solo nella parte su cui si è svolto il contraddittorio o che viene invocata nell’impugnazione di legittimità – ciò perchè la Cassazione, nell’esercizio della funzione nomofilattica, ben può cercare all’interno del contratto collettivo ciascuna clausola, anche non oggetto dell’esame delle parti o del giudice di merito, che comunque ritenga utile all’interpretazione – e che l’onere di depositare il testo integrale dei contratti collettivi di diritto privato previsto dalla citata norma non è limitato al procedimento di accertamento pregiudiziale sull’efficacia, validità ed interpretazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di cui all’art. 420 bis c.p.c., ma si estende al ricorso ordinario ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avuto riguardo alla necessità che la S.C. sia messa in condizione di valutare la portata delle singole clausole contrattuali alla luce della complessiva pattuizione, e dovendosi ritenere pregiudicata la funzione nomofilattica della S.C. ove l’interpretazione delle norme collettive dovesse essere limitata alle sole clausole contrattuali esaminate nei gradi di merito (Cass. sez. unite n. 20075/2010 cit, nonchè Cass. n. 27876/2009 cit.).

12.- Anche le dedotte carenze motivazionali (e cioè quelle alle quali si fa cenno nel corso dell’esposizione delle censure espresse con il primo motivo del ricorso incidentale), del resto, non appaiono sufficientemente individuate e precisate nel senso che si è sopra indicato, ovvero mediante la necessaria indicazione del fatto controverso in una parte del motivo che costituisca un momento di sintesi del complesso degli argomenti critici sviluppati nell’illustrazione dello stesso motivo e delle ragioni per le quali tali carenze dovrebbero rendere la motivazione inidonea a giustificare la decisione; dovendo rimarcarsi, peraltro, che, come questa Corte ha costantemente ribadito, il controllo sulla motivazione non può risolversi in una duplicazione del giudizio di merito e che alla cassazione della sentenza impugnata può giungersi non per un semplice dissenso dalle conclusioni del giudice di merito – poichè in questo caso il motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento dello stesso giudice di merito, che tenderebbe all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione – ma solo in caso di motivazione contraddittoria o talmente lacunosa da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto alla base della decisione (cfr. ex plurimis Cass. n. 10657/2010, Cass. n. 9908/2010, Cass. n. 27162/2009, Cass. n. 13157/2009, Cass. n. 6694/2009, Cass. n. 18885/2008, Cass. n. 6064/2008).

Di qui l’inammissibilità del primo motivo del ricorso incidentale.

13.- Il secondo motivo del ricorso incidentale è inammissibile nella parte in cui attribuisce al giudice d’appello una violazione dell’art. 112 c.p.c., che avrebbe dovuto essere fatta valere esclusivamente ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e non sotto il profilo della violazione di norme di diritto, riconducibile al citato art. 360 c.p.c., n. 3 (cfr. Cass. n. 1196/2007). In ogni caso, la violazione è insussistente giacchè, come correttamente rilevato dai giudici d’appello, il giudice di primo grado, nella valutazione della stabilità o meno dell’incarico svolto dal giornalista all’estero (nel che consiste, in definitiva, la differenza tra la qualifica di corrispondente e di inviato speciale, alla quale ha fatto più volte riferimento la Rai nei propri scritti difensivi), ha legittimamente esercitato il potere-dovere di accertare e valutare il contenuto sostanziale della pretesa, quale desumibile non solo dal tenore letterale degli atti, ma anche dalla situazione dedotta in giudizio e dalle eventuali precisazioni formulate dalle parti in corso di causa, attenendosi, dunque, nel pronunciare su di essa, ai limiti della domanda come interpretata (cfr. ex plurimis Cass. n. 19331/2007, Cass. n. 27285/2006, Cass. n. 27428/2005).

14.- Il ricorso incidentale deve essere pertanto respinto.

Le spese dell’intero giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri, rigetta il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, conferma la statuizione di primo grado relativa all’indennità ferie non godute nonchè quella relativa alle spese;

condanna la controricorrente alla rifusione in favore di controparte delle spese del secondo grado, liquidate in complessivi Euro 2.000,00, di cui Euro 1.200,00 per onorari, nonchè alle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 86,00, oltre Euro 3.000,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali.

Redazione