Corte di Cassazione Civile sez. V 27/3/2009 n. 7460; Pres. Papa E.

Redazione 27/03/09
Scarica PDF Stampa
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’avv. M.P. si opponeva all’avviso di accertamento (e relativa iscrizione provvisoria), con il quale l’Ufficio II.DD. di Roma, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, commi 2 e 3 rettificava il reddito di lavoro autonomo (attività forense) elevando il reddito dichiarato da L. 12.700.000 a L. 351.952.000.

L’atto impositivo conseguiva ad una verifica eseguita dalla G.d.F. per l’anno d’imposta 1992, da cui era emerso che il ricorrente aveva presentato ricorsi civili ed amministrativi per oltre 200 clienti emettendo soltanto 25 fatture. Il contribuente eccepiva la carenza di motivazione dell’atto impositivo impugnato, motivato solo per relationem e lamentava che in sede d’accertamento erano state recepite presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Precisava inoltre di aver patrocinato soprattutto giudizi amministrativi nell’interesse di iscritti al sindacato UIL – Scuola, del cui ufficio legale faceva parte, percependo compensi assai ridotti, per di più solo a conclusione delle relative vertenze e solo nel caso di esisto positivo; rilevava poi che il procedimento penale a proprio carico, innescato a seguito del controllo fiscale de quo, era stato archiviato dal giudice penale.

L’adita C.T.P. di Roma con sentenza n. 573/32/00, disattesa la pregiudiziale eccezione relativa alla carenza di motivazione dell’avviso; accoglieva il ricorso ritenendo inattendibili i presupposti dell’accertamento impugnato, valutate le ragioni del contribuente e considerata non provata l’effettiva percezione dei compensi da parte dell’Ufficio con riferimento alle cause da lui patrocinate.

La decisione era appellata dall’Ufficio, il quale sottolineava come la Commissione Provinciale non avesse tenuto nella debita considerazione l’entità davvero minima ed incongruente delle fatture emesse rispetto all’elevato numero delle cause trattate e cioè anche a voler considerare tariffe di favore asseritamente applicate ai clienti appartenenti al sindacato, per cui non appariva corretto disporre l’annullamento dell’intero atto impositivo impugnato.

Controdeduceva l’appellato eccependo preliminarmente la tardività della notifica del ricorso d’appello che dunque era inammissibile.

La C.T.R. adita, con la sentenza rubricata, rigettata la pregiudiziale d’inammissibilità, riteneva legittimo l’accertamento, ma riduceva l’entità del reddito imponibile a L. 52 milioni, osservando che l’Ufficio fiscale non aveva potuto precisare quante delle cause iscritte dall’avv. M. erano state portate a compimento nel corso dell’annualità in esame.

Avverso la predetta sentenza il contribuente ricorre per cassazione sulla base di 2 motivi; resistono con controricorso il Ministero delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, proponendo altresì ricorso incidentale. L’avv. M., infine ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente occorre procedere alla riunione dei ricorsi.

Passando all’esame di ricorso principale, si rileva che l’avv. M., con il primo motivo, denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c. e la carenza di motivazione della sentenza impugnata, riproponendo l’eccezione d’inammissibilità dell’appello per tardiva notifica del relativo ricorso. Sostiene che tale atto – notificato ai sensi dell’art. 140 c.p.c. – risultava effettivamente depositato in terminis presso la Casa comunale (in data 2.11.2001), ma il relativo avviso era stato spedito per raccomandata in data successiva (il 6.11.2001), ossia oltre il termine utile per la proposizione dell’appello.

La doglianza non è fondata.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, qualora l’atto d’impugnazione sia stato notificato ai sensi dell’art. 140 cod. proc. civ., al fine del rispetto del termine di impugnazione, è sufficiente che il ricorso stesso sia stato consegnato all’ufficiale giudiziario entro il predetto termine (Cass. Sez. U. Ordinanza n. 458 dei 13/01/2005). Nella fattispecie è pacifico che tale circostanza si sia verificata (il ricorso è stato depositato presso la Casa comunale in data 2.11.2001) per cui la censura de qua è del tutto.

Passando all’esame del 2 motivo, con esso il ricorrente eccepisce testualmente, la "carenza e incongruità della motivazione della sentenza impugnata – sotto diversi profili – su altri punti decisivi della controversia. Violazione e/o erronea e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 37, 39, 41 bis e 42. Omesso esame su altri punti decisivi della controversia, travisamento di fatti sotto altri profili e contraddittorietà della motivazione".

Sostiene che la Commissione regionale non ha esaminato alcuni documenti da lui prodotti da cui emergerebbe la prova della gratuità della prestazioni professionali per gli iscritti del sindacato;

contesta l’affermazione del giudice a quo secondo cui il reddito dichiarato derivante dalla sua attività professionale, sarebbe certamente .. "inadeguato sia come fonte di sostentamento conforme al decoro richiesto dalla professione esercitata, sia per il pagamento delle spese generali per lo studio e delle spese di mantenimento di una Lancia Thema T.D.".

Sostiene che la CTR non ha valutato correttamente alcuni documenti da cui avrebbe potuto desumere il suo tenore di vita effettivo quali: la propria abitazione, il suo studio professionale e gli stessi accertamenti bancari eseguiti dalla G.D.F.; trattasi in definitiva di elementi obiettivi che dimostrerebbero l’adeguatezza e congruità del reddito dichiarato per l’annualità in esame. Precisa che sono state emesse, con riferimento allo stesso verbale di constatazione e successivi accertamenti, alcune sentenze a lui favorevoli, come la n. 156.16.98 della stessa CTR del Lazio (accertamento IVA 1992), sottolineando che era stata disposta l’archiviazione del procedimento penale promosso nei suoi confronti, sempre sulla base del p.v.c. della G.d.F. Quanto alle denunciate violazioni di norme di legge, il giudice di merito avrebbe violato i principi giuridici tributari in tema di presunzioni, non osservando, in specie, il divieto di praesumptum de praesumpto.

Ritiene il Collegio – tanto premesso – che intanto tali doglianze non sono autosufficienti atteso che i documenti richiamati come gli stessi provvedimenti giudiziali che il contribuente assume riferibili allo stesso processo verbale d’imposta, non sono idonei ad avvalorare l’identità di giudicati fra e numerose controversie enumerate dal contribuente e quella di cui trattasi. Invero nel ricorso non è riportato il contenuto dei documenti e delle sentenze a cui il ricorrente fa riferimento ciò che impedisce al giudice di procedere al loro esame e valutarne la rilevanza ai fini di questo giudizio di legittimità.

Si rileva a questo riguardo, che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini della sussistenza del requisito della "esposizione sommaria dei fatti di causa", prescritto, a pena di inammissibilità, per il ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, è necessario, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, che in esso vengano indicati, in maniera specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perchè il giudice di legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, così da acquisire un quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione censurata e i motivi delle doglianze prospettate (Cass. N. 15808 del 12/06/2008; Cass. n. 7392 del 19/04/2004).

Per altro verso si rileva che i denunziati vizi di violazione di norme di legge, nonchè l’eccepito difetto o contraddittorietà della motivazione sono finalizzate unicamente ad una rivalutazione del merito, e sono come tali inammissibili in questo giudizio di legittimità. E’ noto invero che l’unico sindacato riservato al giudice di legittimità è quello sulla congruenza della motivazione, che, però nella fattispecie appare corretta ed immune da vizi logici, avendo il giudice d’appello esaminato in modo appropriato e diffuso tutte le contestazioni mosse dal ricorrente all’impugnata decisione del primo giudice (Cass. n. 02869 del 26.02.2003; Cass. 11.06.1998 n. 5802). Non appare inutile rilevare al riguardo che, secondo l’insegnamento di questa Suprema Corte, il vizio logico di motivazione, come causa di annullamento della sentenza, può consistere o nella mancanza di un nesso di coerenza tra le varie ragioni di cui si compone la motivazione, o nell’attribuzione, a taluno degli elementi emersi in corso di causa, di un significato fuori del senso comune o del tutto inconciliabile con ti suo effettivo contenuto, o nell’assoluta incompatibilità razionale dei vari elementi di causa. Ne consegue che non può essere considerato vizio logico della motivazione la maggiore o minore rispondenza in fatto della ricostruzione operata dal giudice di merito alle circostanze effettivamente emerse nel corso del processo, od una esposizione dei dati che non instauri tra di essi il collegamento più opportuno e più appagante, in quanto tutto ciò rimane all’interno della possibilità di apprezzamento dei fatti, e, non contrastando con la logica e con le leggi della razionalità, appartiene al convincimento del giudice senza renderlo viziato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, (Cass. n. 02869 del 26.02.2003).

Conclusivamente l’infondatezza delle censure in parola, comporta il rigetto del ricorso principale.

Passando all’esame del ricorso incidentale, con esso l’amministrazione denunzia la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 37, 39, 41 bis e 42, nonchè il difetto e la congruità della motivazione, rilevando che la Commissione regionale non avrebbe dovuto ridurre l’imponibile stabilito dall’ufficio, atteso che il reddito era stato determinato con il metodo induttivo, prendendo come discusso parametro soltanto le tariffe minime professionali calcolate per la sola voce "redazione del ricorso".

Anche tali censure non hanno pregio, perchè, come si è sopra precisato, postulano una diversa valutazione degli accertamenti tributari di cui trattasi, come tale inammissibile ne presente giudizio di legittimità. Ne consegue il rigetto anche del ricorso incidentale. In considerazione dei profili processuali della fattispecie, si ritiene di dover compensare le spese processuali.

P.Q.M.

la Corte riunisce i ricorsi e li rigetta, compensando le spese processuali.

Redazione