Corte di Cassazione Civile sez. III 7/2/2011 n. 2962

Redazione 07/02/11
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Svolgimento del processo
Con la sentenza ora impugnata per cassazione la Corte d’appello di Milano ha respinto la domanda diretta dalla soc. Adria Polistirolo contro il P. per il risarcimento del danno subito dall’attrice a causa di un incendio che questa assumeva essersi propagato dal fondo limitrofo, laddove il convenuto esercitava attività di costruzione e riparazione di pallets di legno.

Propone ricorso per cassazione la società a mezzo di un solo motivo.

Risponde con controricorso il P.. La ricorrente ha depositato memoria per l’udienza.

Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.

Nel riformare la prima sentenza, la Corte milanese ha sostenuto che la società non aveva assolto all’onere probatorio impostogli, in quanto non v’erano elementi per affermare che l’incendio si fosse originato nei bancali di legno accatastati sul terreno del P.; piuttosto, nè i VV.FF., nè il consulente erano stati in grado di stabilire in quale dei terreni compresi nell’area interessata l’incendio abbia avuto inizio. Sulla base di questa argomentazione i giudici d’appello hanno assolto il P. dalla responsabilità dell’art. 2051 c.c..

Siffatta argomentazione viola la menzionata disposizione e trasgredisce ai principi dettati in tema dalla giurisprudenza di legittimità (che, pure, la sentenza dichiara di voler seguire).

La giurisprudenza di questa stessa Corte, difattì, chiamata a pronunciarsi in casi del tutto analoghi rispetto a quello di specie, ha avuto modo di affermare (Cass. n. 6121/99, nonchè n. 17471/07) che, per aversi imputazione degli effetti dannosi a norma dell’art. 2051 c.c., è necessario che il danno si sia verificato per lo sviluppo di un agente insito nella cosa e che il soggetto convenuto abbia, per il rapporto con la cosa stessa, l’obbligo di vigilare e di tenerla sotto controllo, onde impedire danni ai terzi (Cass. 4196/97).

Invece, in maniera affatto non pertinente, il giudice d’appello, come s’è visto, concentra la sua indagine intorno al punto in cui s’era originato l’incendio ed, accertata la mancanza di prova in ordine al fatto che ciò fosse avvenuto nel fondo del P., esclude la responsabilità di quest’ultimo per responsabilità da cosa in custodia.

Al contrario, per rispettare il precetto normativo, essendo indiscusso che le fiamme s’erano propagate proprio da quel fondo (verso il fondo della società), il giudice avrebbe dovuto accertare se, pur essendosi l’incendio sviluppato in altro fondo, il fondo del P. si trovava in una situazione obiettivamente idonea a determinare, di fatto, un processo dannoso che, alimentando con accentuato dinamismo la propagazione dell’incendio medesimo (per la presenza di materiale altamente infiammabile), avesse indiscutibilmente contribuito, sotto il profilo eziologico, alla produzione del danno.

Per queste ragioni, la sentenza impugnata deve essere cassata ed il giudice del rinvio si adeguerà al principio secondo cui: "In tema di responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia ex art. 2051 c.c., il proprietario di un fondo dal quale si propaga un incendio che si diffonde nel fondo limitrofo, invadendolo, è responsabile dei danni cagionati a quest’ultimo, qualora non dimostri il caso fortuito; assumendo rilievo, a riguardo, non la circostanza che in quel fondo si sia originato l’incendio, bensì la sua situazione obiettivamente idonea ad alimentare, con accentuato dinamismo, la propagazione delle fiamme".

Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Redazione