Corte di Cassazione Civile sez. III 30/9/2008 n. 24334; Pres. Vittoria P.

Redazione 30/09/08
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come segue.

"Con atto di citazione notificato il 30 ottobre 2003, la ************** conveniva avanti questo Giudice di pace la Wind Telecomuicazioni Spa – in persona del legale rappresentante p.t. per sentirla condannare al pagamento della somma di Euro 256,61, oltre interessi legali, spese e competenze di giudizio.

A sostegno della domanda L.S.A. esponeva che nell’anno 2000 si era rivolta all’avv. *************** del Foro di Reggio Calabria, chiedendo la sua opera professionale al fine di resistere ad alcune arbitrarie richieste di pagamento provenienti dalla Wind Telecomunicazioni, prima, e dalla Ge.Ri Gestione Rischi su incarico della ******à Infostrada, successivamente.

Precisava poi l’attrice che, all’esito favorevole della controversia aveva corrisposto all’avv. Romano per l’attività professionale svolta la somma di Euro 256,51.

Sulla base di queste premesse, la Sig.ra L.S. chiedeva che le venisse riconosciuto il diritto di ottenere dall’odierna convenuta il rimborso delle somme corrisposte a titolo di compenso al proprio legale di fiducia. Si costituiva in giudizio la Wind Telecomunicazioni Spa eccependo in via Preliminare la improponibilità della domanda, non essendo stato esperito dall’attrice il tentativo obbligatorio di conciliazione dinanzi al Corecom L. 31 luglio 1997, n. 249, ex art. 1.

Nel merito deduceva di avere attivato il servizio telefonico a seguito di apposito contratto trasmesso dalla I & T Spa, che lo aveva concluso con l’attrice, raccogliendone la firma.

Chiedeva, pertanto, la declaratoria di improcedibilità della domanda ed in via gradata l’autorizzazione a chiamare in causa la I & T Spa a titolo di manleva, nonchè il risarcimento dei danni subiti. Il tutto con vittoria di spese e competenze di lite.

A seguito di autorizzazione, la Wind Telecomunicazioni conveniva in giudizio in garanzia la I & T Spa, la quale, benchè ritualmente citata, non si costituiva e ne veniva, pertanto, dichiarata la contumacia.

Prodotta ed acquisita idonea documentazione, in corso di causa con ordinanza del 13 ottobre 2004 veniva dichiarata autentica la copia fotostatica del contratto servizio pronto 1055, prodotta dalla Wind.

Esaurita l’istruzione e precisate le conclusioni, la causa era assunta in decisione all’udienza del 24 maggio 2005, previo deposito di note difensive.".

Con sentenza decisa e depositata il 27 maggio 2005 il Giudice di Pace dichiarava improcedibile la domanda, compensando le spese del giudizio.

Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione L. S.A.M..

La Wind Telecomunicazioni s.p.a. non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia "Violazione e falsa applicazione della L. n. 249 del 1997, art. 1, comma 11 e della Delib. n. 187 del 2007, art. 3, comma 4 e art. 12" esponendo doglianze che vanno riassunte come segue. Il Giudice di prime cure ha formato il suo convincimento basandosi esclusivamente sull’omissione del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto dalla L. n. 249 del 1997 e dalla successiva Delib. n. 182 del 2002, supponendo dunque provata la sussistenza del rapporto tra utente telefonico e gestore del servizio poichè dagli atti di causa "emerge che in data 25.07.2001 l’attrice ha sottoscritto una proposta di contratto per il servizio 1055 con la società Infostrada". Ma questo è proprio il punto che il Giudice di Pace avrebbe dovuto accertare prima di tutto.

Manca la prova che quella copia fotostatica del presunto contratto prodotta in giudizio (l’originale non è mai stato prodotto nonostante le ripetute richieste) sia da considerarsi autentica. Va richiamato l’art. 3 del Regolamento di procedura relativo alle controversie fra organismi di telecomunicazioni ed utenti adottato con delibera n. 182/02/CONS. La domanda ha per oggetto la ripetizione di un esborso non dovuto e che non rientra tra le materie di competenza del Co.Re.Com. La previsione di una conciliazione obbligatoria pregiudiziale al settore delle controversie in materia di telecomunicazioni, non trova alcuna ratio adeguata nel caso di specie: l’articolo richiamato parla di "utenti" presupponendo ovviamente che vi sia un tipo di rapporto già definito, qui però del tutto inesistente, quindi la norma non è applicabile al suddetto caso. In altre parole, non esiste alcun contratto di utenza telefonica sottoscritto dalla Sig. L.S.A.M. e pertanto risulta errata l’applicazione delle norme relative all’obbligatorietà del tentativo di conciliazione.

Il ricorso va respinto.

Esso si basa infatti essenzialmente sulla tesi in diritto ora citata.

Questa però deve ritenersi errata.

Nell’interpretare la normativa in questione (innanzi tutto la legge;

nonchè il predetto regolamento) non può prescindersi da una considerazione di carattere generale: il legislatore ha palesemente voluto attribuire alla istituita "Autorità per le garanzie nelle comunicazioni" una competenza talmente vasta da poter essere considerata sostanzialmente omnicomprensiva in tema (appunto) di "garanzie nelle comunicazioni".

Per rendersi pienamente conto di ciò è sufficiente leggere (al comma 6 dell’art. 1) l’elenco delle competenze dell’Autorità (elencate per ciascuno degli organi dell’Autorità medesima: il presidente, la commissione per le infrastrutture e le reti, la commissione per i servizi e i prodotti e il consiglio).

L’ulteriore contenuto della legge e del regolamento suffraga ulteriormente tale conclusione.

In particolare appare estremamente significativo il contenuto dell’art. 1 citato, comma 11:

"11. L’Autorità disciplina con propri provvedimenti le modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie che possono insorgere fra utenti o categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze oppure tra soggetti autorizzati o destinatari di licenze tra loro. Per le predette controversie, individuate con provvedimenti dell’Autorità, non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione da ultimare entro tenta giorni dalla proposizione dell’istanza all’Autorità. A tal fine, i termini per agire in sede giurisdizionale sono sospesi fino alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione".

Pienamente conforme alla ratio ed alla lettera della legge appare il "Regolamento concernente la risoluzione delle controversie tra organismi di telecomunicazioni e utenti" approvato da detta Autorità (v. l’Allegato A, Delib. n. 182/02/CONS); ed il particolare il contenuto degli artt. 3 e 4:

"art. 3.

Richiesta di svolgimento del tentativo obbligatorio di conciliazioni.

Gli utenti, singoli o associati, ovvero gli organismi di telecomunicazioni, che lamentino la violazione di un proprio diritto o interesse protetti da un accordo di diritto privato o dalle norme in materia di telecomunicazioni attribuite alla competenza dell’Autorità e che intendano agire in giudizio, sono tenuti a promuovere preventivamente un tentativo di conciliazione dinanzi al Corecom competente per territorio.

Per determinare la competenza territoriale di cui al comma 1, si ha riguardo, in caso di reti telefoniche fisse, al luogo in cui è ubicata l’utenza telefonica e, in caso di reti telefoniche mobili, al luogo in cui l’utente ha la residenza o il domicilio.

Art. 4.

Effetti della proposizione del tentativo obbligatorio di conciliazione.

La proposizione del tentativo obbligatorio di conciliazione, ai sensi della L. 31 luglio 1997, n. 249, art. 1, comma 11, sospende i termini per agire in sede giurisdizionale, che riprendono a decorrere dalla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione.

Il ricorso giurisdizionale non può essere proposto sino a quando non sia stato espletato il tentativo di conciliazione da ultimare entro trenta giorni dalla proposizione dell’istanza.

E’ palese a questo punto (si consideri tra l’altro il riferimento non solo ai diritti ma anche agli interessi protetti da un accordo di diritto privato o dalle norme suddette, all’inizio dell’art. 3) che il legislatore ha voluto comprendere nella competenza in questione pure tutte le controversie aventi ad oggetto la sussistenza o meno di un contratto in materia di telecomunicazioni tra utente e soggetto autorizzato o destinatario di licenze.

Del resto l’adozione di una diversa tesi interpretativa comporterebbe che dapprima l’A.G.O. dovrebbe pronunciarsi sulla sussistenza o meno del contratto; e che solo nel caso di pronuncia positiva e cioè di accertamento di tale sussistenza (è ovvio che tale primo processo potrebbe avere ad oggetto solo una mera pronuncia di accertamento; con esclusione di qualsiasi altro oggetto) l’attore potrebbe promuovere (dapprima) il preventivo tentativo di conciliazione dinanzi al Corecom competente per territorio; e successivamente l’azione ordinaria (senza limiti quanto all’oggetto) innanzi all’A.G.O.. Ma ciò sarebbe in palese contrasto (oltre che con la ratio della normativa speciale sopra citata) con le esigenze tutelate dall’art. 111 Cost., in ordine al giusto processo ed alla Cagionevole durata" del medesimo.

Va dunque affermato il seguente principio di diritto: In tema di contratti in materia di telecomunicazioni tra utente e soggetto autorizzato o destinatario di licenze rientranti tra le fattispecie disciplinate dalla L. 31 luglio 1997, n. 249 ("Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo") e dal "- regolamento concernente la risoluzione delle controversie tra organismi di telecomunicazioni e utenti" approvato da detta Autorità (v. l’Allegato A, Delib. n. 182/02/CONS), anche le controversie volte a stabilire se sia stato o meno stipulato uno dei predetti contratti, sono assoggettate alla disciplina prevista in detta normativa nel dell’art. 1 citato, comma 11 e negli artt. 3 e 4 del regolamento; e quindi l’attore, prima di agire in giudizio, è tenuto a promuovere preventivamente un tentativo di conciliazione dinanzi al Corecom competente per territorio.

Il ricorso va dunque respinto.

Non si deve provvedere sulle spese in quanto la parte intimata non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Redazione