Corte di Cassazione Civile sez. III 28/5/2009 n. 12547

Redazione 28/05/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.1. Con citazione del novembre 1994 D.P.C. e N. P. convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli C.A. e la UNIVERSO Ass.ni s.p.a. (successivamente fusa per incorporazione nella ITALIANA Ass.ni. s.p.a.), per sentirli condannare al risarcimento dei danni materiali e fisici, rispettivamente subiti nell’incidente stradale verificatosi in (omissis), allorchè la Fiat Uno, di proprietà e condotta dal D.P., su cui era trasportata la D. P., era stata tamponata dalla Fiat 126 della C..

Precisavano che, per effetto dell’urto, la Fiat Uno era rimasta fortemente danneggiata, mentre la N. aveva subito lesioni personali gravi, tali da dovere ricorrere a prestazioni di pronto soccorso presso l’ospedale di (omissis) e, quindi, presso l’ospedale (omissis).

Resisteva la compagnia di assicurazioni, che contestava il quantum delle pretese risarcitorie e, in un secondo momento, anche l’an debeatur.

La causa, istruita con una c.t.u. medico – legale, prova orale e documentale era decisa con sentenza in data (omissis), con cui il G.O.A. dichiarava l’esclusiva responsabilità della C. nell’incidente e la condannava, in solido con la UNIVERSO Ass.ni s.p.a., al pagamento della somma di L. 800.000 oltre interessi e rivalutazione in favore di D.P.C., nonchè della somma omnicomprensiva di L. 516.800.000 in favore di N.P., oltre al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in L. 20.000.000 oltre IVA e CPA e spese generali, in favore dell’avv. DI FOGGIA ****** distrattario.

1.2. La sentenza era gravata da appello dalla ITALIANA Ass.ni, la quale lamentava che il G.O.A. avesse ritenuto sussistente il nesso causale tra l’incidente e l’aborto gemellare, subito dalla N. a distanza di quarantacinque giorni da detto incidente e avesse, invece, negato il concorso di colpa della trasportata; l’appellante contestava, altresì, la determinazione quantitativa del danno morale e psico-fisico della donna, nonchè la liquidazione delle spese.

Si costituivano in giudizio D.P.C., N.P. e, per quanto riguardava le spese di lite, anche il difensore avv. DI FOGGIA ******. In via di appello incidentale i coniugi D.P. chiedevano liquidarsi alla N., a titolo di danno morale, la somma di L. 1.500.000.000.

La Corte di appello di Napoli – previa sospensione dell’esecutorietà della sentenza per le somme eccedenti l’importo di L. 25.000.000 – con sentenza in data 2/11 – 2/12/2003, accoglieva l’appello principale e dichiarava non dimostrato il nesso di causalità tra il sinistro de quo e l’interruzione della gravidanza subita da N. P.; dichiarava, altresì, il concorso di colpa della N., nella misura del 25% nella causazione delle lesioni sicuramente riconducibili al sinistro e, per l’effetto, condannava la C., in solido con l’ITALIANA Ass.ni s.p.a. al pagamento in favore della N. della somma complessiva di Euro 8.559,75, (in esso incluso il danno morale di cui al motivo di appello incidentale), oltre interessi come in motivazione; rideterminava in Euro 1.962,53 gli onorari e in Euro 800,00, i diritti relativi alle spese del giudizio di primo grado; condannava gli appellati alla restituzione delle somme eventualmente percepite in eccedenza;

condannava gli appellati D.P. e N. alla rifusione delle spese del grado.

1.3. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione D.P.C., N.P. e l’avv. ****************, svolgendo tre motivi, illustrati anche da memoria.

Ha resistito la ITALIANA Ass.ni, depositando controricorso con ricorso incidentale condizionato, nonchè memoria.

Nessuna attività difensiva è stata svolta dall’altra parte intimata, C.A..

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Ex art. 335 c.p.c., occorre provvedere alla riunione del ricorso principale e di quello incidentale condizionato.

1.1. La Corte di appello – andando di contrario avviso rispetto al G.O.A. – ha condiviso le conclusioni del c.t.u., secondo cui il nesso causale tra il sinistro del (omissis) e l’aborto gemellare subito dalla N. in data (omissis) si presentava ammissibile solo in via di mera possibilità e a titolo di fattore concausale, ma non poteva essere affermato con certezza: ciò in quanto – come evidenziato dal consulente – il criterio di continuità fenomenologia non risultava adeguatamente verificato in rapporto all’esperienza e, comunque, non era sostenuto da documentazione coeva all’avvenimento;

peraltro il criterio fenomenologico – specie perchè non sostenuto da chiara e continuativa sindrome a ponte risultava insoddisfacente per eccesso di intervallo temporale tra l’epoca del sinistro e la manifestazione dell’aborto, nonchè in considerazione della condizione della gravidanza (gemellare e con polidramios) che poteva costituire di per sè causa o concausa dell’interruzione della gravidanza.

La Corte territoriale ha, in particolare, osservato che – contrariamente a quanto riferito dalla teste R. addotta dagli originari attori – l’urto non fu violento, attesa la lieve entità dei danni subiti dalla Fiat Uno e ha, altresì, evidenziato che nei referti del P.S. dei due ospedali, visitati nell’immediatezza dell’incidente dalla N., non vi era traccia della sintomatologia riferita dalla testimone (vomito e tracce ematiche); ha, quindi, ritenuto singolare che, in presenza di sintomi di tal fatta, non fosse stato disposto o richiesto il ricovero ospedaliero e che, anzi, la donna avesse atteso diversi giorni, prima di sottoporsi a visita ginecologica in data (omissis), tanto più che delle perdite ematiche non vi era traccia neppure nei certificati del ginecologo curante, dott. ******* (che le aveva menzionate solo nella dichiarazione rilasciata il (omissis), mentre in una precedente dichiarazione, rilasciata sempre a distanza di anni dall’incidente, in data (omissis), si era limitato a riferire del contatto telefonico avuto con la N. il giorno dopo il sinistro e a dare atto anche della visita avvenuta il (omissis), in cui verificava "collo raccorciato, svasato e borsa integra", a fronte di controlli precedenti che evidenziavano una gravidanza gemellare in regolare evoluzione).

Sulla base delle considerazioni che precedono la Corte territoriale è pervenuta al convincimento che le dichiarazioni della R. e quelle del medico curante non fornissero elementi probatori tranquillizzanti sui quali affermare la sicura riconducibilità al sinistro dell’aborto, avuto riguardo al lasso di tempo trascorso tra il fatto e l’evento (45 gg), alla delicatezza della gravidanza di natura gemellare e con polidramios, nonchè al fatto che i feti furono estratti con il cordone ombelicale stretto intorno al collo, non essendo neppure corretto ipotizzare la violenza dell’urto.

1.2. Quanto al concorso di colpa della N. la Corte di appello lo ha motivato con la considerazione che la trasportata non indossava la cintura di sicurezza, pur non essendo in possesso della certificazione del ginecologo, comprovante condizioni di rischio particolari conseguenti all’uso delle cinture; ha, quindi, confermato anche sotto questo aspetto, la correttezza delle conclusioni del c.t.u., che aveva sottolineato l’influenza del mancato uso della cintura nella produzione delle lesioni sicuramente accertate.

2.1. Con il primo motivo parte ricorrente impugna la decisione in parte qua, denunciando errore, insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. In particolare deduce l’esistenza di un errore in cui sarebbe incorsa la Corte nell’escludere la gravità delle conseguenze subite dalla trasportata sulla base delle lievità dei danni materiali subiti dall’autovettura, osservando che non è ipotizzabile un rapporto di proporzionalità tra i danni alla vettura e quelli patiti dalla trasportata e rilevando una contraddizione nel fatto che sia stata contemporaneamente accertato, in relazione alle altre lesioni, un danno biologico nella percentuale del 5%; contesta, inoltre, la sussistenza di un contrasto tra la documentazione ospedaliera e la deposizione testimoniale, osservando che le perdite ematiche erano state rilevate dalla testimone successivamente al trasporto nei due P.S. ospedalieri; lamenta, quindi, l’insufficienza della motivazione in ordine alla valutazione negativa espressa dai giudici di appello con riguardo alla certificazione rilasciata dal medico curante, nonchè l’omessa considerazione dell’incidenza del trauma cranico subito dalla gestante sul decorso della gravidanza;

infine assume che, in base a statistiche mediche, la rilevanza attribuita alla gravidanza gemellare con polidramios come causa di aborto è assolutamente modesta, incidendo sul fenomeno nella misura del 6%. 2.2. Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia violazione di legge, nonchè errore e insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia; in particolare deduce, che – non essendosi proceduto ad una nuova c.t.u. ovvero ad un supplemento di indagine – la Corte di appello avrebbe dovuto fare ricorso al criterio di causalità di cui agli artt. 40 e 41 c.p., e a quello presuntivo ex art. 2727 c.c., pervenendo all’accertamento del nesso causale, sulla base del parere espresso dal consulente in termini di "possibilità – probabilità"; censura, infine, la carenza di motivazione sul punto del ritenuto concorso di colpa, per non avere la Corte di appello spiegato quali sarebbero gli eventi traumatici prodotti dalla N. in conseguenza del mancato uso delle cinture, nè chiarito in qual modo il loro uso avrebbe ridotto o addirittura eliso il danno.

2.3. I suesposti motivi, che si esaminano congiuntamente, perchè tra loro interconnessi, non meritano accoglimento. Infatti la decisione si sottrae al sindacato di legittimità in quanto si fonda su una motivazione congrua (avendo esplicitamente od implicitamente valutato tutte le risultanze rilevanti), logica, non contraddittoria e rispettosa della normativa rilevante in materia.

E’ orientamento pacifico che l’accertamento del nesso di causalità tra l’illecito e l’evento dannoso si sostanzia in una valutazione di merito che, in quanto congruamente motivata, non è censurabile in sede di legittimità (ex plurimis, Cass. n. 10741 del 2002).

D’altra parte – quando le nozioni medico – legali non forniscono, come nel caso all’esame, una risposta in termini di certezza assoluta – la prova del nesso causale può essere ravvisato solo in presenza di un serio e ragionevole criterio di probabilità (cfr. in materia di responsabilità professionale, Cass. n. 632 del 2000) e, cioè, di un elevato grado di probabilità, dovendosi escludere la rilevanza della mera possibilità della riconducibilità dell’evento traumatico al fatto illecito altrui.

A tali criteri si è correttamente adeguata la Corte di appello, allorchè ha evidenziato come il c.t.u. avesse espresso una valutazione in termini di mera possibilità e a titolo di fattore concausale ed ha, quindi, escluso che fosse stata acquisita la prova del nesso eziologico tra l’incidente di cui trattasi e l’aborto subito dalla N., avuto riguardo sia all’apprezzabile distanza temporale tra lo stesso incidente e l’evento di cui trattasi, sia all’assenza di una documentazione sanitaria, coeva ai fatti che attestasse una tale evoluzione (essendo inattendibile la ®ricostruzione¯ della vicenda effettuata a distanza di anni e, in termini nient’affatto lineari, dal medico curante), sia ancora alla presenza di altri fattori di rischio preesistenti all’incidente e ritenuti determinanti (gravidanza gemellare con polidramios).

Merita puntualizzare che – come emerge dalla sintesi sopra riportata – la Corte territoriale ha proceduto a un’accurata disamina critica di tutto l’insieme probatorio acquisito alla causa, rivisto alla luce di motivi di impugnazione, senza incorrere in errori di logica o di diritto e quindi con un ragionamento incensurabile in questa sede, al quale parte ricorrente, sotto l’apparenza di denunciare vizi di motivazione o violazione di legge, contrappone in sostanza una propria valutazione delle prove e il proprio diverso convincimento, introducendo nel giudizio di legittimità un’inammissibile istanza di riesame del merito.

In particolare, quanto agli asseriti vizi logici, sembra utile rammentare che il vizio di omessa o insufficiente motivazione, deducibile in sede di legittimità ex art. 360 c.p.c., n. 5, sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove in senso difforme da quello preteso dalla parte, perchè la citata norma non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, all’uopo, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. ***** 11/06/1998 n. 5802).

Nel caso all’esame il tessuto motivazionale della sentenza impugnata non presenta aporie di ragionamento che, sole, possono indurre a ritenere sussistente il vizio di assenza, contraddittorietà o illogicità di motivazione; mentre gli argomenti di segno contrario, svolti da parte ricorrente costituiscono, con tutta evidenza, reiterazione di difese di merito, già esposte nella c.t. di parte e adeguatamente disattese dai giudici di appello ovvero censure in fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione.

In particolare questo Collegio non ravvisa alcuna contraddizione, tra il punto della decisione in cui viene esclusa la violenza del tamponamento e quello in cui viene affermata la riconducibilità al sinistro delle lesioni accertate (trauma cranico commotivo e trauma distorsivo cervicale), quantificate in termini di danno biologico permanente nella misura di cinque punti percentuali; e ciò vuoi perchè si tratta di una micropermanente, compatibile con la tesi dei giudici a quibus circa la modestia del tamponamento, vuoi, anche, perchè – come chiarito dagli stessi giudici, in sintonia con le valutazioni espresse dal c.t.u. – nella produzione di tale danno ha concorso il comportamento colpevole della odierna ricorrente, per non avere indossato la cintura di sicurezza, pur non essendo in possesso della certificazione del ginecologo che, ai sensi dell’art. 172 C.d.S., ne consentisse l’esenzione.

Trattasi di valutazioni di stretto merito, immunì da censure rilevabili in questa sede, atteso che – anche sul punto del ritenuto concorso di colpa – parte ricorrente tende in modo evidente ad una ricostruzione delle risultanze processuali diversa da quella operata dai giudici di appello, con motivazione adeguata e qui non sindacabile.

3. L’ultimo motivo di ricorso riguarda la liquidazione delle spese processuali. Invero i giudici di appello hanno provveduto a ridurre le spese liquidate in primo grado e hanno, quindi, posto a carico degli appellati D.P. e N. le spese del grado di appello.

3.1. Parte ricorrente denuncia erronea, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la riduzione delle spese diritti e onorari liquidati in primo grado dal Tribunale e alla condanna delle spese del secondo grado. Lamenta in particolare che la Corte territoriale, in applicazione del principio di soccombenza, abbia operato una drastica riduzione degli onorari dell’avv. DI FOGGIA e abbia poi proceduto ad una condanna sproporzionata delle spese del grado di appello anche nei confronti del D.P.; a questi ultimi effetti i giudici di appello sarebbero incorsi in un errore di diritto, dal momento che la posizione del D.P. non era oggetto nè dell’impugnazione principale della c.ia di assicurazione, nè dell’appello incidentale.

3.2. Anche il suddetto motivo è infondato.

Va innanzitutto chiarito che la riduzione delle spese del primo grado non è conseguente all’applicazione del principio di soccombenza, come sembra supporre parte ricorrente. La Corte di appello ha, infatti, adeguatamente chiarito, con motivazione che risulta immune da censura, che la (ri)liquidazione veniva effettuata, in considerazione dello specifico motivo di censura dell’appellante compagnia di assicurazione, "tenuto conto della somma in definitiva riconosciuta dell’attività difensiva espletata nonchè delle tariffe vigenti", reputando in tal modo eccessivi i criteri di liquidazione seguiti in primo grado e provvedendo alla diversa quantificazione, solo genericamente contestata in questa sede.

Va poi osservato che non vi è violazione del principio di soccombenza nei riguardi del D.P., vuoi perchè il motivo di appello che denunciava l’eccessività della liquidazione delle spese del primo grado riguardava anche la posizione di detto ricorrente (trattandosi di una liquidazione unitaria, in favore di entrambi gli appellati, ancorchè con distrazione in favore del legale, dichiaratosi antistatario), vuoi perchè – come emerge dal testo della decisione impugnata – i coniugi D.P. – N. assunsero una comune posizione difensiva anche in appello.

In definitiva il ricorso principale va rigettato, risultando assorbito quello incidentale condizionato.

Tenuto conto della natura delle questioni trattate, oggetto di diverse valutazioni nei due gradi del giudizio, le spese di questo grado vanno interamente compensate.

P.Q.M.

La Corte:

Riunisce i ricorsi; rigetta il ricorso principale, assorbito quello incidentale condizionato; compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Redazione