Corte di Cassazione Civile sez. III 25/2/2009 n. 4491; Pres. Fantacchiotti M.

Redazione 25/02/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

F.R. ha adito il Tribunale di Roma per la condanna di P.M. e ****************** s.p.a. al risarcimento dei danni riportati nello scontro tra la moto da lui condotta e l’autovettura del P., assicurata per la r.c. con ******************.

Il tribunale ha ritenuto il pari concorso di colpa dei conducenti coinvolti nel sinistro, ex art. 2054 c.c., e la Corte d’appello di Roma ha ritenuto il concorso nella diversa misura del 30 per cento a carico dell’appellante F. e del 70 per cento a carico del P., condannando quest’ultimo in solido con la propria società di assicurazioni al risarcimento del 70% dei danni.

Avverso la decisione della Corte di merito il F. ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a due motivi.

La Sara ha resistito con controricorso.

Il P. non ha svolto attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo (violazione degli artt. 102 e 105 C.d.S., art. 2054 c.c., nonchè omessa e/o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia) il ricorrente ha dedotto che la Corte d’appello ha errato nel ricostruire l’incidente, nel valutare le risultanze probatorie, nel ritenere un concorso di colpa dei conducenti e nel determinare il grado delle rispettive colpe.

La censura è inammissibile.

La ricostruzione delle modalità di un sinistro stradale, la ricerca e la valutazione degli elementi di prova, anche solo indiziari e presuntivi, l’attribuzione di colpe concorrenti e la determinazione del relativo grado si risolvono in un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato (nel caso, con riferimento al rapporto della Polstrada e alle risultanze della prova testimoniale), ovvero mancano, come pure nella specie, specifiche doglianze di incongruità e illogicità della motivazione (traducendosi il denunciato vizio di motivazione in una mera contestazione della valutazione del giudice).

Col secondo motivo (erronea valutazione e determinazione del danno, carente motivazione su un punto decisivo della controversia) il ricorrente ha dedotto: a) che le "tabelle in uso presso il Tribunale di Roma", cui la sentenza impugnata ha fatto riferimento per la liquidazione del danno biologico, non sono quelle applicate, in quanto superate da altre, più favorevoli, che avrebbero comportato una liquidazione diversa e maggiore; b) che la Corte di merito ha altresì errato nel non riconoscere e liquidare il danno patrimoniale futuro per mancanza di prova.

La prima censura è inammissibile per mancanza di autosufficienza, non avendo il ricorrente riportato le tabelle ritenute applicabili, e per conseguente genericità.

La seconda è fondata, avendo la sentenza impugnata l’affermato genericamente che "nessun ulteriore danno di natura patrimoniale può essere riconosciuto, mancando qualsiasi prova di esso" senza tenere conto, ai fini del richiesto risarcimento del danno patrimoniale futuro, ossìa del danno concernente la capacità di produrre reddito, del grado di inabilità permanente residuata dalle lesioni, risultante dalla relazione del c.t.u. (30%), della natura (limitazione della funzione deambulatoria) e dell’incidenza di tale invalidità, pure evidenziata dal c.t.u., sulla capacità di lavoro e di guadagno del F. in relazione alla specifica attività che il medesimo avrebbe esercitato, per la quale aveva conseguito il diploma di laurea, e in concreto esercitata (ingegnere meccanico).

Non ha considerato, infine, che il danno patrimoniale futuro, nel caso di fatto illecito lesivo della persona, va valutato su base prognostica, anche solo di presunzioni semplici.

Va dunque accolto il secondo motivo nei limiti di cui in motivazione, va rigettato il primo, va cassata in relazione la sentenza impugnata e la causa va rinviata, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte:

Accoglie il secondo motivo nei limiti di cui in motivazione, rigetta il primo, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Roma in diversa composizione.

Redazione