Corte di Cassazione Civile sez. III 24/3/2011 n. 6737

Redazione 24/03/11
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Svolgimento del processo
1.1. L.P., professionista incaricato della consulenza nei lavori di ristrutturazione di un immobile da poco acquistato da tale D.L.S. in Perugia, rimase gravemente ferito, perdendo un occhio, nello scoppio di un contatore di gas, occorso il (omissis) durante i lavori all’impianto di riscaldamento a metano, eseguiti in sua presenza da P.A., incaricato dalla D.L. dell’esecuzione delle opere agli impianti idraulici. In particolare quest’ultimo si era avveduto dell’esistenza di un tubo libero nell’appartamento e di altro in prossimità dei contatori già esistenti, sicchè li aveva ritenuti in connessione ed aveva invitato la D.L. a chiedere alla società distributrice Sogegas spa l’installazione di un (nuovo) contatore; all’esito di tale installazione, operata senza avvedersi che invece per quell’appartamento già era operante un precedente contatore, intestato al precedente inquilino, aveva ritenuto di pompare dell’aria nel tubo del metano. Ritenuta la colpa sia dell’esecutore (per l’intrinseca pericolosità della manovra di pompaggio dell’aria dalla caldaia verso il contatore anzichè in senso opposto) che della distributrice (che aveva installato il secondo contatore senza accorgersi che ne era stato installato un altro), il L. li convenne quindi in giudizio con atto di citazione notificato tra il 2 ed il 4 luglio 1991. 1.2. I convenuti si opposero alla domanda, deducendo il P. di avere agito sotto le direttive ed in presenza del L. e la Sogegas di non avere alcuna colpa nella (corretta) installazione del secondo contatore, oltretutto all’esito della richiesta della D. L. e della prescritta certificazione di conformità; intervenuta in causa la ********************* spa – e poi, ad essa subentrata, la Zurigo Assicurazioni s.a. – a sostegno delle ragioni della "Termoimpianti" dei fratelli P. e con offerta dell’intero massimale di polizza, la causa – istruita con prove orali e consulenze tecniche – era interrotta e poi riassunta nei confronti della succeditrice della Sogegas, vale a dire di Enel Distribuzione spa.

1.3. La causa di primo grado fu poi decisa, con sentenza di reiezione delle domande attoree, dal Tribunale di Perugia, che ritenne l’esclusiva responsabilità del danneggiato nella causazione del sinistro, riducendo il P. a nudus minister ed escludendo la rilevanza dell’irregolare collocazione del precedente contatore.

1.4. A tale pronuncia interpose appello il L., cui resistettero le controparti; ed all’esito del giudizio di gravame, con sentenza n. 488/07, pubblicata il 21.12.07, la Corte di Appello di Perugia:

– una volta ricondotta la fattispecie all’art. 2050 c.c., confermando l’esclusione della responsabilità della distributrice, ha ritenuto invece quella dell’esecutore, siccome dotato della competenza ed autonomia necessarie ad opporsi ad eventuali istruzioni scorrette dello stesso L., temperandola però – in ragione del 50% – proprio con il fatto colposo del danneggiato (che non aveva preventivamente verificato il percorso della tubazione libera ed al contrario adottato una manovra imprudente, oltretutto posizionandosi nei pressi del punto di sbocco delle eventuali occlusioni);

– ha riconosciuto al L. un’invalidità permanente del 40% ed un’inabilità temporanea totale di 60 gg. ed una parziale di 30 gg., liquidando il relativo danno in rispettivi Euro 117.294,09, Euro 6.197,40 e 1.549,50, oltre al danno morale in ragione della metà di quello biologico e così in Euro 61.312,82;

– quanto al danno patrimoniale, però, ha escluso il mancato guadagno per un incarico in corso al momento della malattia e, in punto di riduzione della capacità lavorativa, la ha riconosciuta in ragione del 30% sul reddito annuo – al netto delle imposte – di Euro 16.901,95 ed in finali ulteriori Euro 126.468,49, applicando al reddito netto il coefficiente di riduzione e quello dell’età in ragione di 16,318 e con una riduzione del 10% per lo scarto tra vita fisica e vita lavorativa probabili;

– ha poi calcolato il totale a carico del P. in Euro 156.411,15 e, detratto quanto già corrisposto dall’assicuratrice di questi il 19.9.97 (Euro 89.992,61), ha infine pronunciato la condanna del solo P. al pagamento della somma di Euro 66.418,54 "oltre agli interessi legali fino al settembre 1997 calcolati sulla somma di Euro 92.098,66 devalutata al gennaio 1990 e rivalutata anno per anno, detratta la quota già compresa nell’anticipo percepito, nonchè gli interessi legali fino al saldo sulla somma di Euro 54.441,13, devalutata al settembre 1997 e rivalutata anno per anno;

ha estromesso la Zurich Insurance Company, subentrata alla Zurigo Assicurazioni;

– ha condannato il P. alle spese di lite di entrambi i gradi in favore del L., ma le ha compensate nei rapporti tra questi, la Enel Distribuzione Gas spa e la Zurich Insurance Company.

2. Avverso tale sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione, notificandolo in data 5.2.09, il L., affidandosi ad otto motivi; cui resiste la sola Enel Rete Gas spa, quale incorporante Enel Distribuzione Gas spa, dispiegando a sua volta ricorso incidentale basato su di un unico motivo; e, per la pubblica udienza del 3.2.11, entrambe le parti presentano memorie e discutono oralmente la causa.

Motivi della decisione
3. L.P. propone otto quesiti:

3.1. un primo, di violazione e falsa applicazione di legge, riferito alle norme sulla responsabilità per fatto illecito per le imprese esercenti gli impianti di distribuzione del gas, per avere la società distributrice ******* creato una situazione di pericolo (omettendo di creare un archivio delle utenze – e dei contatori – in rapporto alle singole unità abitative, da identificarsi anche in rapporto al proprietario; omettendo di rimuovere il precedente contatore una volta cessato il contratto) e dato corso all’installazione di un nuovo contatore dove invece era già presente, in una situazione di obiettiva incertezza, altro impianto;

sul punto, il ricorrente individua i vizi giuridici della gravata pronuncia nell’omesso rilievo della violazione del D.M. 16 febbraio 1987, e della mancata ottemperanza ad esso da parte della So.Ge.Gas (perchè il rispetto di tale normativa, imponendo lo spostamento del nuovo contatore all’esterno, avrebbe determinato il rilievo dell’inutilità della installazione e, di conseguenza, tutta la concatenazione di eventi sfociata nello scoppio), come pure nell’erronea qualificazione di esclusività dell’efficacia causale della condotta del P. (perchè la situazione di pericolo non si sarebbe neppure verificata, così elidendo la necessità di un qualsiasi intervento di quest’ultimo) e nell’omissione del rilievo della carenza di targhette identificative sul contatore (la cui presenza avrebbe evitato l’evento); e conclude con un lungo e complesso quesito in diritto (v. pagg. 34 a 36 del ricorso);

3.2. un secondo, prospettato come subordinato al primo, per vizio di motivazione sui comportamenti colposi della società di distribuzione del gas, idonei di per sè ad indurre la situazione di errore poi evoluta in situazione di pericolo, con mancato riscontro di indiscutibili nessi dello sviluppo degli eventi; ed a tal fine formula il riepilogo previsto dall’art. 366 bis cpv. c.p.c.;

3.3. un terzo motivo, di "violazione e falsa applicazione degli artt. 2050, 2222, 1226, 1227 e 2056 c.c., e art. 40, 41 e 42 c.p.", relativamente al riscontrato concorso di colpa di esso danneggiato, invece del tutto insussistente, dovendo riconoscersi al P. l’obbligo di controllare e correggere eventuali idee o proposte erronee, formulategli da qualunque altro soggetto e di eseguire ogni manovra solo nel rispetto delle regole tecniche e di comune diligenza;

3.4. un quarto, prospettato come subordinato al terzo, per vizio di motivazione sul carattere di rigide ed inderogabili direttive date dal L. al P.;

3.5. un quinto motivo, di "violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226 e 2056 c.c.", per l’omessa applicazione delle tabelle di liquidazione del danno – anche nella quantificazione del risarcimento per inabilità temporanea – nella versione più recente disponibile (che era quella del 2007 o comunque almeno quella del 2006), con una penalizzazione, nella liquidazione, di almeno il 20%;

3.6. un sesto motivo, prospettato come subordinato al quinto, per vizio di motivazione sulle medesime circostanze, operando un rinvio a tabelle di epoca ormai risalente e comunque non corrispondenti a quelle temporalmente più prossime;

3.7. un settimo motivo, di "violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226, 2056 e 2059 c.c., e degli artt. 112, 163 e 189 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4", con il quale egli lamenta l’erroneità della liquidazione del danno morale in misura pari alla metà di quello biologico, in quanto nessuna limitazione era stata formulata nelle conclusioni ed anzi egli si era rimesso al giudice per la determinazione delle somme, eventualmente anche maggiori, ritenute dovute;

3.8. un ottavo motivo, di "violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 1226 e 2056 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3", appuntandosi contro il criterio del calcolo del danno patrimoniale permanente, che ha tralasciato il danno già verificatosi dalla data del sinistro al 12.10.07 e malamente tralasciato una durata media dell’attività professionale maggiore di almeno diciassette anni, oltretutto applicando uno scarto del 10% tra vita media probabile e vita lavorativa, senza tenere conto, in luogo delle ormai obsolete tabelle di capitalizzazione di cui al R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403, di quelle ISTAT di vita media futura più recente.

4. A tale ricorso resiste Enel Rete Gas spa (postulando la sua successione a Enel Distribuzione spa), a mezzo di controricorso con il quale:

4.1. in primo luogo, evidenzia l’inammissibilità o l’infondatezza:

4.1.1. del primo motivo, non solo perchè concluso con quesiti multipli, ma pure perchè la gravata sentenza si è fatta carico, con valutazione incensurabile in sede di legittimità, di disattendere tutte le tesi del L. in ordine alle lamentate condotte colpose della distributrice;

4.1.2. del secondo motivo, perchè coinvolgerebbe il riesame nel merito della gravata decisione;

4.1.3. del terso motivo, in quanto concluso con quesiti multipli e relativo alla rivalutazione della prova testimoniale sul ruolo attivo del danneggiato nell’impartire direttive al danneggiante;

4.1.4. del quarto motivo, per la sussistenza di adeguata motivazione della Corte di merito, con puntuale richiamo alle risultanze istruttorie, sull’attiva collaborazione del danneggiato;

4.1.5. del quinto motivo, perchè non è censurabile il potere di liquidazione equitativa del danno, tutte le volte che – come nella fattispecie – dell’iter logico seguito sia stato dato conto;

4.1.6. del sesto motivo, non sussistendo un obbligo di applicare una tabella di liquidazione piuttosto che un’ altra e di dare analitico conto dei motivi della scelta di questa;

4.1.7. del settimo motivo, in quanto concluso con quesiti multipli e perchè rispondente non solo alle conclusioni principali del danneggiato, ma pure alla prassi interpretativa sulla quantificazione del rapporto tra danno morale e biologico;

4.1.8. dell’ultimo motivo, perchè incompatibile con il carattere equitativo della valutazione operata;

4.2. dispiega poi ricorso incidentale, lamentando l’erroneità della compensazione delle spese disposta dal giudice di merito, dinanzi alla totale soccombenza di controparte.

5. Quanto ai motivi di ricorso principale, una volta puntualizzato che l’articolazione di quesiti multipli non può comportare, di per sè considerata (Cass. 9 giugno 2010 n. 13868, Cass. 6 novembre 2008 n. 26737), l’inammissibilità del motivo quando comunque la censura in cui esso si traduce sia chiaramente desumibile dal tenore testuale, si osserva che:

5.1. è infondato quello di cui al punto 3.1.: qualunque potesse essere la situazione di pericolo anche solo potenziale causata dalla condotta della Sogegas, soltanto l’avventata manovra del P. – di pompaggio di aria nella tubazione ad una pressione doppia di quella resistibile ed in assenza di adeguate verifiche preventive dell’effettivo collegamento dell’utenza al nuovo contatore installato – con il concorso del L. ha trasformato una situazione di incertezza od ambiguità insidiose in un evento dannoso; tale condotta, del tutto contraria ai canoni di perizia professionale ed assolutamente fuori dagli schemi di un’ordinaria prudenza, è di per sè considerata idonea ad interrompere qualunque nesso causale con i contatori ed il loro ordinario funzionamento, a prescindere dalla regolarità o meno del loro posizionamento o dell’assenza di chiari segni identificativi dell’utenza;

5.2. è infondato quello di cui al punto 3.2.: la Corte territoriale ha adeguatamente e lungamente motivato – con argomentazioni congrue e logiche e pertanto incensurabili in questa sede – proprio sull’inidoneità delle eventuali condotte o situazione pregresse a causare il danno, riconducibile esclusivamente all’avventata azione successiva del P. (v. pagg. 17 a 23 della sentenza);

5.3. è infondato quello di cui al punto 3.3.: il ruolo attivo e concorrente del L. nella decisione e nell’attuazione dell’imprudente manovra di pompaggio dell’aria – e, di conseguenza, nella causazione del sinistro – è ricavato dalle deposizioni testimoniali della D.L. e di P.E., richiamate e valorizzate dalla Corte territoriale a pag. 25 della sentenza;

5.4. è pertanto infondato quello di cui al punto 3.4., visto che si da adeguata indicazione del ruolo appunto concorrente della condotta del danneggiato;e non rileva, ai fini dell’applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 1, in una fattispecie in cui è stato chiaramente individuato il danneggiante, alcun ulteriore approfondimento della qualificabilità dell’intervento del danneggiato come erogazione di direttiva, vincolante o meno: non dovendosi dimenticare che comunque il danneggiato dirigeva i lavori e si poteva presumere, soprattutto da parte dell’artigiano esecutore dei medesimi, che egli fosse allora un professionista dotato di particolare competenza, tanto che la sua partecipazione – quand’anche paritaria – alla decisione di far corso alla manovra e la sua totale condivisione di questa, tradottasi nell’attiva e decisiva partecipazione alla medesima, abbia appunto concorso nell’indicata misura a determinare il materiale esecutore a procedervi e con le modalità descritte, rivelatesi poi disastrose;. 5.5. è infondato quello di cui al punto 3.5.: non sussistendo alcun valore vincolante delle cosiddette tabelle, le quali restano un parametro meramente orientativo ed indicativo della liquidazione equitativa da operare nella singola fattispecie e necessitando comunque di un’attività di compiuta ed adeguata personalizzazione, al fine di renderle aderenti alle peculiarità del caso; pertanto, a maggior ragione in materia di liquidazione del danno non patrimoniale non vi è obbligo di conformarsi ad una particolare tabella e, tanto meno, di ricercare quella correntemente applicata al tempo della liquidazione nell’ufficio giudiziario procedente o in altri uffici:

soprattutto allorchè – come è avvenuto nella specie – le tabelle indicate come prese in considerazione sono state ulteriormente aggiornate, sia pure con una percentuale forfetaria del 10% (v. pag. 28 della sentenza);

5.6. è infondato quello di cui al punto 3.6.: non sussistendo, in caso di valutazione equitativa, altro obbligo motivazionale diverso dall’indicazione dell’iter logico seguito – salvo il solo caso, che qui non ricorre, del riferimento a parametri o a ragioni incongrui o illogici – e questo evincendosi del tutto chiaramente nel caso di specie con il richiamo alle tabelle suddette (pagg. 28 e seg. della sentenza oggi gravata);

5.7. è peraltro fondato quello di cui al punto 3.7., in quanto:

5.7.1. la determinazione della liquidazione finale appare, nella qui gravata sentenza, causata dalla richiesta espressamente quantificata dal danneggiato, pari ad Euro 61.312,82, nonostante la metà del danno biologico potesse ascendere ad Euro 62.520,50;

5.7.2. al contrario effettivamente egli, formulando le sue conclusive richieste, si era comunque rimesso alla valutazione del giudice anche per il riconoscimento di somme eventualmente maggiori che potessero risultare dovute ("condannarli… comunque al pagamento degli importi maggiori o minori di giustizia", secondo le conclusioni riportate a pag. 3 della qui gravata sentenza);

5.7.3. è evidente quindi il dispiegamento di due distinte ed alternative domande, una prima compiutamente determinata nel quantum invocato ed una seconda invece in cui questo è lasciato indeterminato con quantificazione rimessa al giudicante; e l’assenza di una subordinazione gerarchica tra le due impedisce al giudicante di ritenere – in ordine alla quantificazione del dovuto – limitata la seconda dalla prima;

5.7.4. pertanto, non è legittima la limitazione dell’accoglimento della domanda di quantificazione del danno in misura corrispondente a quella indicata in un ben determinato ammontare pecuniario, quando sia stata formulata una alternativa o subordinata domanda, con cui la determinazione della somma liquidata sia stata rimessa alla concreta decisione del giudice, per quelle somme anche maggiori ritenute dovute o di giustizia;

5.7.5. tanto impone la cassazione della gravata sentenza sul punto, ma con la possibilità, risolvendosi in meri calcoli aritmetici le conseguenze della sostituzione della componente per danno morale, di pronunciare nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., e riconoscere appunto al danneggiato, a titolo di importo lordo per danno morale, quello di Euro 62.520,50, anzichè di soli 61.312,82;

5.8. è infondato anche l’ottavo motivo, visto che:

5.8.1. è vero che la liquidazione, per quanto equitativa, dei danni patrimoniali derivanti dalla riduzione della capacità lavorativa specifica non da espressamente conto del danno patrimoniale già verificatosi nell’intervallo tra il sinistro (nel caso di specie, 12.1.90) e la liquidazione (nella fattispecie, 21.12.07, data della pubblicazione della sentenza);

5.8.2. ed è altrettanto vero che non è comprensibile in via immediata, dalla lettura della motivazione (v. pie di pag. 31) se lo scarto tra vita fisica e vita lavorativa probabili abbia tenuto conto dell’intervallo temporale già trascorso fino al momento della decisione;

5.8.3. e tuttavia la censura non è formulata in modo sufficientemente specifico ed in particolare nel caso concreto non fornisce, oltre ad una generica doglianza sull’obsolescenza del parametro di riferimento (le tabelle del R.D. 9 ottobre 1922, n. 1403), validi elementi ed argomenti alternativi;

5.8.4. in particolare, non è approfondita – se non altro nel ricorso, non potendosi integrare il medesimo con argomentazioni svolte negli atti successivi – la tematica di parametri alternativi, troppo genericamente indicati – in violazione del principio di autosufficienza del ricorso e non costituendo essi fatti che il giudice è tenuto a conoscere di ufficio, senza neppure l’indicazione della fonte di cognizione – nelle tabelle ISTAT di vita media futura più recente;

5.8.5. neppure si affronta la complessiva questione dello scarto tra vita fisica e vita lavorativa di un libero professionista, connotata quest’ultima da parametri di aleatorietà – anche in ordine alla produzione del reddito – ben maggiori rispetto a quella di un lavoratore dipendente, ma non approfonditi nel ricorso stesso;

5.8.7. nemmeno si dimostra analiticamente – non potendo demandarsi a questa Corte il controllo o la verifica dei relativi dati – e con l’adduzione degli sviluppi dei calcoli su quelli fondati, che, in applicazione dei parametri effettivamente considerati dalla Corte territoriale, sia stato pretermesso l’intervallo tra data dell’evento e data della liquidazione: incombendo piuttosto al ricorrente dimostrare l’evidenza e l’univocità della sua interpretazione in tal senso della gravata pronuncia;

5.8.6. pertanto, per il suo carattere eminentemente equitativo, l’originaria sufficienza dei riferimenti operati e l’inidoneità delle censure mosse comportano che la liquidazione operata dalla Corte perugina resista alle doglianze in concreto mosse negli atti a tanto istituzionalmente destinati.

6. Infine, il ricorso incidentale è infondato. Infatti, se è vero che un sindacato è pur sempre ammesso in sede di legittimità sui motivi espressamente addotti dal giudice del merito nel disporre la compensazione (per tutte, v. Cass., sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598, che esige che le ragioni giustificatrici dello stesso siano chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito o di rito), tali motivi, indicati nella "oggettiva discettabilità della responsabilità della: società fornitrice", sono obiettivamente sussistenti, come risulta dalla complessità dello sviluppo delle argomentazioni in fatto e in diritto necessarie per qualificare infondate le pretese del L. verso l’ENEL: e non potendosi confondere la totale soccombenza, che è l’esito finale – e del tutto convincente – di tale complessiva argomentazione con l’originario carattere obiettivamente controvertibile e con il grado stesso di controvertibilità di alcuni dei singoli passaggi di questa.

7. Pertanto, può solo accogliersi il settimo motivo del ricorso principale, con la vista decisione nel merito; ma, quanto alle spese di lite, nonostante l’evidente prevalenza della soccombenza del ricorrente, la peculiarità della vicenda e l’andamento del processo integrano giusti motivi di compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte rigetta i motivi di ricorso principale diversi dal settimo ed il ricorso incidentale; accoglie il settimo motivo di ricorso principale e per l’effetto cassa, in relazione alla censura accolta, la gravata sentenza; decidendo nel merito, ridetermina il danno morale patito da L.P. in dipendenza del sinistro per cui è causa in Euro 62.520,20, confermando nel resto la gravata sentenza;

compensa tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.

Redazione