Corte di Cassazione Civile sez. III 20/4/2009 n. 9338; Pres. Di Nanni L.F.

Redazione 20/04/09
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IN FATTO

D. e Ma.Ro., in proprio e quali esercenti potestà nei sulla figlia minore R., nel convenire in giudizio Be.Fr., I. e B.F., nonchè le compagnie di assicurazioni "Tirrena s.p.a." e "Cattolica s.p.a." dinanzi al tribunale di Roma, esposero che, nel (omissis), l’altro figlio minore, A., era deceduto in conseguenza di un incidente stradale occorso a seguito di collisione con l’autovettura condotta da Be.Fr., mentre si trovava a bordo del motociclo di proprietà di B.I. e condotto dal figlio di quest’ultimo, F..

Essendo stato accertato, con giudicato penale, un concorso di colpa del Be. nella misura dell’80% e del B. in quella residua del 20%, i M. chiesero la condanna dei convenuti, in solido, al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali, da loro patiti.

Il giudice di primo grado accolse la domanda, dichiarando Be.

F. e B.F. corresponsabili dell’incidente nella misura indicata dal giudice penale, e dichiarando altresì che la sentenza aveva valore di mero accertamento nei confronti della Tirrena assicurazioni, posta, nelle more, in l.c.a. – e dunque inizialmente estromessa dal processo per perdita della capacità di stare in giudizio, processo per l’effetto interrotto e poi riassunto nei confronti del fondo di garanzia e dell’impresa designata Assitalia, nel quale era intervenuta la stessa liquidazione coatta della Tirrena per eccepire il limite del massimale di polizza ex L. n. 990 del 1969, vigente all’epoca del sinistro.

La sentenza fu impugnata dalla liquidazione della Tirrena s.p.a. dinanzi alla corte di appello di Roma, la quale, giudicando anche sui gravami incidentali proposti dai M., dagli eredi del Be. dal B., rigettò tutte le impugnazioni ad eccezione di quella incidentale degli eredi di Be.Fr. ( Be.Gi. e T.P.) osservando, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimità:

1) che l’impugnazione della Tirrena in l.c.a. – volta a contenere entro il massimale di polizza la condanna dell’impresa designata – conteneva un petitum finale non coerente con le premesse argomentative dell’appello, poichè testualmente volto ad una riduzione della somma liquidata in prime cure a quella di L. 342.722.177, da essa stessa definita "pari al massimale di legge rivalutato e gravato di interessi dalla data del sinistro alla sentenza, detratta la provvisionale";

2) che la stessa premessa dell’appellante, secondo la quale il massimale di legge ammontava a L. 100 milioni, onnicomprensivi del risarcimento dovuto ai tre attori, era a dirisi erronea, atteso che il massimale di legge a carico del fondo di garanzia (L. 100 milioni) era viceversa applicabile per l’intero a ciascuna delle persone danneggiate, trattandosi (non di danno jure haereditario ma) di danno diretto, di natura morale, lamentato da queste ultime, autonomamente risarcibile, con l’unico limite del massimale catastrofale complessivo, pari a L. 300 milioni, di talchè le somme liquidate dal tribunale, devalutate al momento dell’incidente, rientravano appieno entro tale limite di legge (con conseguente irrilevanza di tutte le ulteriori e contrapposte doglianze in tema di mala gestio imputabile alla Tirrena, peraltro del tutto legittimamente configurabile, nella specie, per avere la compagnia omesso di liquidare il danno perfino dopo le condanne penali);

3) che correttamente il tribunale aveva riconosciuto ai danneggiati la rivalutazione e gli interessi – vertendosi in tema di obbligazioni delittuali caratterizzate da mora ex re -, senza essere incorso, per questo, in alcuna duplicazione risarcitoria;

4) che altrettanto correttamente il giudice di prime cure aveva escluso la risarcibilità del danno c.d. esistenziale, richiesto dagli attori quale ristoro del pregiudizio subito alla qualità della vita a causa della perdita del prossimo congiunto, risultando tale voce di danno nella specie ricompresa in quella già liquidata a titolo di danno morale, in assenza di alcuna ulteriore e diversa dimostrazione contraria.

La sentenza della corte territoriale è stata impugnata dalla l.c.a. della Tirrena assicurazioni con ricorso per cassazione sorretto da 2^ motivi di gravame.

Resistono con controricorso D., Ro. e M.R., proponendo a loro volta ricorso un incidentale condizionato sorretto da 2^ motivi e un ricorso incidentale autonomo sorretto da un unico motivo di doglianza.

Vi è memoria dei ricorrenti incidentali.

IN DIRITTO

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi.

Essi sono infondati.

IL RICORSO PRINCIPALE. Con il primo motivo, si denunciano i vizi di violazione e falsa applicazione dei principi in ordine all’applicabilità o meno del massimale per persona danneggiata ai singoli eredi.

Il motivo, al di là dei non irrilevanti profili di inammissibilità che presenta in conseguenza della totale omissione della indicazione delle norme di diritto che si assumono violate, è privo di pregio.

Esso si infrange, difatti, sul condivisibile impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto che, nella specie, vertendosi in tema di danni liquidati iure proprio a ciascun erede, l’unico massimale opponibile a questi ultimi fosse esclusivamente quello c.d. "catastofale", in consonanza con la più recente (benchè non univoca) giurisprudenza di questa corte (Cass. n. 27138 del 2006), che il collegio integralmente condivide e cui intende in questa sede dare continuità, non emergendo, dalle argomentazioni svolte dalla ricorrente, seri elementi per discostarsene.

Con il secondo motivo, si denunciano violazione e falsa applicazione dei principi in ordine al calcolo degli interessi.

Il motivo va anch’esso rigettato.

Va in limine osservato che, se pur, in astratto, le argomentazioni svolte dal ricorrente risultano corrette in punto di diritto, ciò non dimeno questa corte ha avito modo di precisare (Cass. n. 637 del 1996) che il principio secondo cui gli interessi sulle somme di denaro, liquidate a titolo risarcitorio, decorrono dalla data in cui il danno si è verificato, è applicabile solo in tema di responsabilità extracontrattuale da fatto illecito, in quanto, ai sensi dell’art. 1219 c.c., comma 2, il debitore del risarcimento del danno è in mora (mora ex re) dal giorno della consumazione dell’illecito. Invece, se l’obbligazione risarcitoria derivi da inadempimento contrattuale, gli interessi decorrono dalla domanda giudiziale, che è l’atto idoneo a porre in mora il debitore, siccome la sentenza costitutiva, che pronuncia la risoluzione, produce i suoi effetti retroattivamente dal momento della proposizione della detta domanda. Tale principio di diritto risulta proprio quello, in concreto applicato dalla corte territoriale, che ha tenuto conto della svalutazione nel senso di ritenerla già inglobata nelle tabelle fino al giorno 1.1.97 (con salutazione di merito che si sottrae al sindacato di legittimità in quanto esente dai vizi lamentati) e che ha confermato la liquidazione del danno morale si come operata dal tribunale in base alla tabella in uso ratione temporis presso quell’ufficio giudiziario, la quale, per l’appunto, esponeva importi rivalutati forfetariamente in base ad un indice di rivalutazione medio.

IL RICORSO INCIDENTALE CONDIZIONATO. Al rigetto del ricorso principale consegue, ipso facto, l’assorbimento di quello incidentale condizionato.

IL RICORSO INCIDENTALE. Con l’unico motivo, si denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (artt. 2059 e 1226 c.c.); la insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia.

La doglianza non può essere accolta.

Essa lamenta, difatti, l’omessa liquidazione del danno esistenziale asseritamente subito dai ricorrenti per effetto della perdita del rapporto parentale, in evidente e stridente contrasto con quanto ampiamente ed analiticamente affermato dalle sezioni unite di questa Corte che, con la sentenza 26972 dell’11 novembre 2008, hanno ESPRESSAMENTE escluso la risarcibilità di tale voce di danno, non dotata di sua autonomia concettuale, in presenza di una già riconosciuta lesione del diritto inviolabile al rapporto parentale liquidato come danno morale soggettivo inteso nella sua nuova, più ampia accezione.

Il collegio intende dare continuità a tale orientamento manifestato da questa corte nella sua massima espressione.

I ricorsi sono pertanto rigettati.

La disciplina delle spese, che vanno compensate alla luce del principio della soccombenza reciproca, è regolata come da dispositivo.

P.Q.M.

La corte:

Riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi.

Dichiara interamente compensate le spese tra le parti in causa.

Redazione