Corte di Cassazione Civile sez. III 19/11/2010 n. 23464

Redazione 19/11/10
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Svolgimento del processo
1. – Il (omissis), durante il trasporto degli alunni su uno "scuolabus", l’alunno della terza elementare R.G. fu aggredito dall’alunno della quinta elementare Bi.Fa. che, colpendolo ripetutamente alla schiena con la cartella scolastica a seguito di una lite sorta in ordine ad un posto da occupare, gli provocò la lesione di quattro vertebre, con esiti invalidanti permanenti del 18%.

Nel 1988 i genitori del R., in proprio e nella qualità, agirono per il risarcimento nei confronti del Comune, che effettuava il servizio di trasporto. Il convenuto resistette ed indicò come responsabili i genitori del Bi., che chiamò in causa unitamente alle società di assicurazione Tirrena ed Unipol, dalle quali chiese di essere comunque garantito.

I chiamati si costituirono e resistettero. Intervenne in causa R.G., intanto divenuto maggiorenne.

Con sentenza del 2001 il tribunale di Perugia condannò il Comune a versare agli attori la somma di Euro 123.601,05 e rigettò le sue domande nei confronti dei chiamati.

2.- La decisione fu appellata dal Comune nei confronti degli attori R., dei Bi. e di Unipol. I primi proposero anche appello incidentale.

Con sentenza n. 185/2006, depositata l’1.6.2006, la Corte d’appello di Perugia ha rigettato il gravame del Comune e, in accoglimento di quello dei R., ha riconosciuto ulteriori L. 4.500.000 per inabilità temporanea totale ed ha determinato in Euro 116.729,26, oltre agli accessori, la somma da corrispondere dal Comune, detratto l’importo transattivamente versato agli attori da Unipol.

3.- Avverso la sentenza ricorre per Cassazione il Comune di Perugia, affidandosi a tre motivi illustrati anche da memoria, cui resistono con distinti controricorsi i Bi., Unipol ed i R., che propongono anche ricorso incidentale condizionato.

Al ricorso incidentale resiste con controricorso il Comune.

Motivi della decisione
1.- I ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

2.- I primi due motivi del ricorso principale del Comune di Perugia investono la decisione in ordine all’affermazione della propria responsabilità e dell’esclusione di quella dei genitori dell’alunno che aveva inferto le lesioni; il terzo concerne il capo della sentenza relativo al rigetto della domanda di garanzia nei confronti dell’assicuratore Unipol.

2.1.- Per la connessione che li connota ì primi due motivi possono essere congiuntamente scrutinati.

Col primo la sentenza è censurata per violazione e falsa applicazione di norme di diritto e per vizio di motivazione su punti decisivi nella parte in cui ha riaffermato la responsabilità del Comune per difetto di sorveglianza dell’incapace ex art. 2047 c.c..

Col secondo sono dedotti gli stessi vizi (quello di difetto di motivazione a pagina 18 del ricorso, in fine) per avere la corte territoriale escluso che i genitori fossero responsabili (o, in subordine, corresponsabili) del fatto del minore aggressore per culpa in educando, ex art. 2048 c.c.; e per avere, inoltre, falsamente applicato norme processuali laddove ha conferito rilievo alla mancata richiesta di condanna dei chiamati Bi. in favore degli attori, pur avendoli il Comune indicati, nel chiamarli in causa, come alternativamente responsabili.

2.2.- Le censure sono infondate.

Il fulcro ne è costituito dalla lamentata apoditticità dell’affermazione della corte d’appello relativa all’incapacità di intendere o di volere del minore Bi..

Ma la corte d’appello, in un contesto connotato dall’omesso richiamo sia da parte degli attori che dei convenuti all’art. 2047 c.c., (così la sentenza, a pag. 17, capoverso) non ha affatto dedotto l’incapacità di intendere o di volere del decenne Bi. dalla non imputabilità del minore per la legge penale (come a pagina 9 del ricorso il ricorrente infondatamente prospetta che possa sembrare in relazione alle affermazioni di pagina 21 della sentenza), ma ha affermato che "egli era da ritenere al momento del fatto incapace di intendere e di volere ex art. 2047 c.c.: incapace cioè, per la sua evidente immaturità (alunno della 5^ classe elementare), di comprendere l’antigiuridicità dell’aggressione posta in essere in danno dell’altro minore e comunque la possibile gravità delle conseguenze della stessa" (così la sentenza impugnata, alle pagine 16 e 17).

L’asserzione va ovviamente apprezzata in relazione alle caratteristiche del fatto, pacificamente costituito da una serie di colpi infertì all’altro alunno, da tergo, con una cartella scolastica. Ed in relazione a tali modalità del fatto, la corte d’appello ha formulato un giudizio che ben può essere tratto dalle massime di comune esperienza, come pure afferma la stessa sentenza di. legittimità che il ricorrente invoca a sostegno dei propri assunti (Cass., n. 8740/2001, in motivazione, sub. 2.2., in fine).

Non è infatti necessario che il giudice svolga indagini tecniche di carattere psicologico per affermare o escludere l’incapacità di intendere o di volere di un minore per gli effetti di cui all’art. 2047 c.c. quando le modalità del fatto e l’età del minore siano tali da autorizzare una conclusione in un senso o nell’altro.

Nella specie, la corte d’appello ha ritenuto che il minore aggressore (di dieci anni) non avesse una età idonea a renderlo consapevole cella possibile gravità delle conseguenze della sua azione, che provocò del resto la frattura di quattro vertebre della colonna della vittima, costituenti un effetto non certo ordinario in relazione al mezzo di offesa adoperato. La diversa opinione dei ricorrenti sulla maturità di un ragazzo di dieci anni non vale a porre in luce carenze di motivazione della sentenza sul punto.

E’ conseguentemente infondato, per la parte in cui non è assorbito, anche il profilo di censura col quale si pone in evidenza la mancanza di un obbligo normativo del Comune di disporre la vigilanza (ma, recte, "sorveglianza", secondo quanto previsto dall’art. 2047 c.c.), garantendo la presenza di un accompagnatore, oltre all’autista, nella gestione del servizio di trasporto scolastico: la corte d’appello non ha infatti correlato quell’obbligo ad un’espressa previsione di legge, ma ha ritenuto che esso discendesse dal principio secondo il quale grava sulla P.A. che svolga un servizio di trasporto riservato agli alunni (nella specie, delle elementari) l’adozione delle cautele occorrenti per tutelare la sicurezza dei minori.

Restano assorbiti i profili di cesura illustrati col secondo motivo.

La prospettata possibilità che la culpa in educando escluda o concorra con la culpa in vigilando presuppone, infatti, l’applicabilità dell’art. 2048 (relativo ai danni arrecati dall’illecito del minore capace) e non dell’art. 2047 c.c., (che ha riguardo ai fatti compiuti dal minore incapace), secondo quanto correttamente riconosciuto dallo stesso ricorrente (a pagina 17 del ricorso); così come, solo nel caso – che s’è appena escluso – della cassazione della sentenza in punto di apprezzamento della incapacità del minore, avrebbe assunto rilievo la questione dell’automatica estensione della domanda degli attori ai chiamati in causa (genitori del Bi.) che siano stati indicati come responsabili effettivi in luogo del chiamante convenuto.

3.- Col terzo motivo sono denunciate violazione e falsa applicazione di norme di diritto, nonchè omessa o insufficiente e contraddittoria motivazione in punto di ritenuta insussistenza della copertura assicurativa da parte di Unipol.

Il ricorrente addebita alla corte territoriale di aver semplicisticamente affermato che contraente della polizza era la Regione e beneficiario il personale delle scuole e quindi non anche il conducente dello scuolabus. Si duole in particolare che la corte territoriale, erroneamente ritenendo che sarebbe occorsa una cessione dell’assicurazione, non abbia interpretato la polizza stipulata nel 1982 in relazione all’organizzazione dell’assistenza scolastica in vigore nella Regione Umbria, che con L.R. n. 77 del 1980, aveva delegato ai comuni il servizio di trasporto scolastico degli alunni, sicchè beneficiarla non doveva essere considerata la Regione ma sin dall’inizio il Comune.

3.1.- Anche questo motivo è infondato.

Va per chiarezza premesso che in sentenza è spiegato che il R., aveva ottenuto l’indennizzo da Unipol in quanto aveva versato la somma cui era condizionata la copertura (si trattava dunque di una polizza cosiddetta aperta).

La corte dàappello ha chiarito che il Comune non risulta tra i possibili beneficiari dell’assicurazione, che riguarda solo il personale che lavora per le scuole e gli alunni. Ed ha soggiunto (a pagina 31 della sentenza) che, quand’anche dell’assicurazione avesse potuto beneficiare il conducente del pulmino (la cui adesione alla polizza non risultava peraltro provata), non si comprenderebbe come un soggetto non beneficiario dell’assicurazione (il Comune) possa giovarsi dell’assicurazione in favore del beneficiario (il conducente del pulmino).

Perchè così non fosse non è spiegato dal Comune ricorrente.

4.- Il ricorso principale è respinto. Quello incidentale condizionato è conseguentemente assorbito.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale e condanna il ricorrente Comune di Perugia alle spese, che per ciascuno dei tre controricorrenti R., Bi. ed Unipol liquida in Euro 6.200, di cui Euro 6.000 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Redazione