Corte di Cassazione Civile sez. III 17/3/2009 n. 6427; Pres. Di Nanni L.F.

Redazione 17/03/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

N.L., F.S., C.F. e D. C. comproprietari dell’immobile in (omissis), già condotto in locazione dalla soc. Ristorante – Albergo S. Luca di **************** e C. snc, in forza di contratto stipulato in data (omissis), intimavano alla detta società sfratto per morosità e contestualmente la citavano per la convalida avanti al Tribunale di Bologna.

La Società si opponeva alla convalida, eccependo sia la carenza di legittimazione attiva degli attori, in quanto l’azione era stata svolta da una parte dei comproprietari dell’immobile, sia la sua carenza di legittimazione passiva, avendo essa "convenuta ceduto l’azienda ed il contratto di locazione, L. n. 392 del 1978, ex art. 36, alla soc. Giampi di ***************, in data 30.11.1999. Nel merito l’insussistenza della morosità.

Intervenivano nel giudizio la cessionaria dell’azienda sas Giampi e le altre comproprietarie dell’immobile N.M. e *****, che tutte si opponevano alla convalida.

Rigettata l’istanza di rilascio formulata dagli intimanti ex art. 665 c.p.c., e disposto il mutamento del rito, con sentenza in data 5.9.2001 il Tribunale rigettava la domanda attorea di risoluzione del contratto.

Su appello dei soccombenti, la Corte d’appello di Bologna con sentenza del 26.5.2003 accoglieva il gravame e, riformando la decisione di primo grado, dichiarava il contratto di locazione in questione risolto per inadempimento della snc Ristorante – Albergo S. Luca.

Avverso la sentenza hanno proposto distinti ricorsi per cassazione la detta soc. Ristorante – Albergo S. Luca snc con sei motivi e la soc. Giampi sas con cinque motivi e depositato anche memoria.

Ad entrambi i ricorsi hanno resistito N.L.F., F.S., C.F. e D.C. con controricorso contenente ricorso incidentale, depositando anche memoria. Al ricorso incidentale hanno resistito i ricorrenti principali. Non hanno svolto difese N.M. e T. G..

MOTIVI DELLA DECISIONE

A mente dell’art. 335 c.p.c., i ricorsi nn. 17293/20464 vanno riuniti ai ricorsi nn. 17292 – 20463.

Orbene, entrambe le società ricorrenti nel primo motivo denunciano la violazione dell’art. 112 c.p.c., deducendo che la Corte d’appello ha omesso di pronunciare sulla loro eccezione di inammissibilità dell’appello degli odierni resistenti ( N.L.F. e altri) in ordine ai motivi di gravame di cui ai nn. 1 e 2, non contenendo gli stessi alcuna specifica e motivata doglianza e censura alla sentenza impugnata.

Il motivo è inammissibile, giacchè non soddisfa l’esigenza di autosufficienza del ricorso, posto che è in esso omessa la trascrizione dei denunciati motivi d’appello onde consentirne al Collegio il controllo diretto in relazione all’eccezione proposta e alla decisività della stessa.

Nel secondo motivo, la Giampi sas e nel quarto motivo la snc Ristorante – Albergo S. Luca, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 658 c.p.c., e dell’art. 1105 c.c., e vizi di motivazione, lamentano che la Corte ha respinto il loro motivo di appello incidentale col quale chiedevano che fosse dichiarata la carenza di legittimazione attiva degli attori ( N.L.F. e altri).

Questo motivo non è fondato.

La Corte d’appello di Bologna ha invero ritenuto che gli intimanti ( N.L.F. e altri), pur rappresentando la proprietà al 50%, in mancanza del pagamento del canone erano legittimati a promuovere lo sfratto per morosità dovendosi presumere il consenso delle altre comproprietarie ( T.G. e N.M.). Infatti, ha rilevato la Corte, non risultava che prima della notifica dell’intimato sfratto esse si fossero opposte all’azione, manifestando, invece, il loro dissenso solo con la comparsa di intervento in primo grado 1.3.2000. E, peraltro, ha rilevato ancora, il fatto che le dette comproprietarie avessero, per loro interessi personali, rinnovato il contratto di locazione alla soc. ******* non poteva, ammesso che il fatto stesso fosse conosciuto dagli altri comproprietari, essere idoneo a dimostrare un dissenso alla dispiegata azione di sfratto per morosità, dal momento che altro è il consenso dato al rinnovo del contratto ed altra cosa è pretendere che il conduttore paghi regolarmente i canoni.

Si tratta, pertanto, di motivazione in linea con il principio di diritto secondo cui sugli immobili oggetto di comunione concorrono (in difetto di prova contraria) pari poteri gestori da parte di tutti i comproprietari, in virtù della presunzione che ognuno di essi operi con il consenso degli altri (v. Cass. n. 3725/1996).

Nel terzo motivo entrambe le società ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 658 c.p.c., e art. 1408 c.c., e L. n. 392 del 1978, art. 36, dolendosi del fatto che la Corte d’appello abbia respinto l’eccezione di carenza di legittimazione passiva del Ristorante Albergo S. Luca, per avere lo stesso ceduto la sua azienda alla Giampi sas, regolarmente comunicando agli intimanti tale cessione.

Esso è del pari infondato.

In questo caso la Corte territoriale ha difatti rilevato che nel contratto di cessione era stato precisato che il cedente avrebbe continuato a rispondere delle precedenti obbligazioni verso il ceduto, per cui, tenuto conto che non erano stati corrisposti i canoni relativi ai mesi di ottobre e novembre 1999, tali canoni doveva corrisponderli alla parte locatrice la società cedente e non la società cessionaria.

La legittimazione passiva dell’originario conduttore cedente, del resto, permane rispetto a tutte le azioni attinenti alla prosecuzione o alla estinzione del rapporto locativo ove il cedente non sia stato liberato dal locatore ceduto, la qual cosa liberazione non risulta sia avvenuta nella specie (v. in tal senso Cass. n. 19772/2003).

A sua volta, nel secondo motivo del ricorso del Ristorante S. Luca – che precede logicamente gli altri motivi delle società ricorrenti – si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 658 c.p.c., e artt. 1453 e 1591 c.c., nonchè omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione su punti decisivi. Il ricorrente si duole del rigetto del motivo dell’appello incidentale relativo alla inammissibilità dell’intimazione di sfratto per morosità. Deduce che quello previsto dall’art. 658 c.p.c., sia un mezzo per ottenere la risoluzione del contratto di locazione ed abbia, quindi, quale presupposto, l’esistenza di un contratto in vigore, mentre nel caso di specie all’epoca della intimazione il contratto di locazione era già scaduto, come affermato dagli intimanti. Deduce, poi, doversi negare l’esperimento del procedimento ex art. 658 c.p.c., per ottenere il pagamento del corrispettivo di cui all’art. 1591 c.c., che non si configura come canone di locazione, ma costituisce un’indennità di occupazione dell’immobile in forza di un contratto scaduto.

Il motivo è infondato.

La Corte territoriale ha infatti considerato che l’azione di cui all’art. 658 c.p.c., può essere esperita anche oltre la scadenza del contratto, conservando il conduttore tale qualità stessa quantomeno per gli obblighi che deve adempiere.

Tale circostanziata ragione decisoria non risulta specificamente impugnata.

Nel quarto motivo di Giampi e nel quinto di Ristorante S. Luca si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 392 del 1978, artt. 5 e 55, e artt. 1180, 1453 e 1455 c.c., nonchè omessa, contraddittoria e insufficiente motivazione. Sostengono le società ricorrenti: a) che per ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento è necessario che sussista un inadempimento e che questo si riferisca ad un contratto in corso fra le parti mentre nel caso in esame tale contratto non era più esistente; b) che il pagamento effettuato dalla Giampi sas, in ogni caso, aveva eliminato l’inadempimento; c) che la sanatoria della morosità è stata prevista per tutti i contratti conclusi dopo l’entrata in vigore della legge e si applica non solo alle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso di abitazione, ma anche alle locazioni non abitative;

d) che l’inadempimento, ai fini della risoluzione, deve essere grave.

Il motivo, nei suoi vari profili di censura, è insuscettibile di accoglimento.

Ed invero osservasi: sub a) ili successivo venir meno del contratto non cancella il preesistente inadempimento, cui questo geneticamente si collega; sub b) secondo la Corte bolognese la Giampi sas ha pagato dal dicembre 1999 in avanti un debito proprio, quale pretesa nuova conduttrice, e non un debito della società cedente, sicchè se è vero che all’adempimento ai fini della sanatoria della morosità del pagamento può provvedere anche il terzo, è ancor vero che se il terzo effettua il pagamento con la consapevolezza di esservi tenuto – e nella specie la Giampi intendeva pagare non in nome e per conto dell’Albergo S. Luca ma in nome proprio, in ragione della sua ritenuta qualità di nuovo conduttore – non v’è alcun adempimento dell’obbligo altrui e tale pagamento non può integrare la fattispecie di cui all’art. 1180 c.c.; sub c) costituisce ius receptum l’inapplicabilità della sanatoria della morosità anche alle locazioni aventi ad oggetto immobili destinati ad uso diverso da quello abitativo (Cass. S.U. n. 272/1999; e successivamente Cass. n. 741/2002, n. 14903/2002, n. 9878/2005, n. 11777/2006, n. 10587/2008).

La questione, peraltro, di legittimità costituzionale della L. n. 392 del 1978, art. 55, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., è stata già ritenuta infondata, rilevandosi, per un verso, che la disciplina di cui alla detta legge, accordando al solo conduttore di immobili destinati ad uso di abitazione la possibilità di sanare la morosità nel pagamento dei canoni o degli oneri specificati dalla legge, ha inteso apprestare all’interesse abitativo una tutela eccezionale e perciò stesso diversa e più intensa di quella generale riconosciuta all’interesse economico di cui è portatore il conduttore di immobili destinati ad uso non abitativo; e, per altro verso, che deve escludersi che la limitata sfera applicativa della sanatoria della morosità venga a violare il diritto di difesa garantito dall’art. 24 Cost., costituendo essa, al contrario, legittimo esercizio di discrezionalità legislativa a tutela dell’interesse primario della persona all’abitazione (Corte Cost.

14.12.2001, n. 410, ord.; e, ancor prima, con ord. n. 448 del 28.12.1998, in relazione alla più specifica disparità di trattamento all’interno della disciplina ordinaria, tra uso diverso ed uso abitativo, ne ha ritenuto l’insussistenza). Sicchè non era possibile per gli odierni ricorrenti sanare la morosità con la procedura che è stabilita solo per le locazioni ad uso abitativo;

sub d) con incensurabile apprezzamento di fatto la Corte territoriale ha rilevato che l’inadempimento del Ristorante S. Luca è stato grave, considerando che tale società aveva sanato la morosità, per i canoni di ottobre e novembre 1999, soltanto in data 25.1.2000, cioè alla vigilia dell’udienza fissata per la convalida. La gravità dell’inadempimento era evidenziata, secondo il Giudice d’appello, dal fatto che detti canoni erano stati pagati con ritardo di quattro mesi dalla scadenza per il canone di ottobre 1999 e circa tre mesi per il canone di novembre 1999. Nè, ha aggiunto, la morosità poteva definirsi lieve tenuto conto del canone annuo e delle quote spettanti a ciascun condominio, come pure che andava valutato il comportamento complessivo del conduttore durante il rapporto, avendo gli intimati evidenziato i ritardi della società conduttrice nel pagamento dei canoni (in particolare negli anni 1995 e 1997).

Nel quinto motivo la Giampi e sesto il Ristorante S. Luca denunciano, da ultimo, violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., ed omessa motivazione circa la condanna alle spese del doppio grado di giudizio.

I motivi sono da disattendere, giacchè la condanna di essi odierni ricorrenti alle spese del doppio grado non è che la naturale conseguenza del disposto dell’art. 91 c.p.c., e non occorreva una motivazione specifica discendendo la pronuncia accessoria dalla legge.

L’applicazione peraltro dell’art. 92 c.p.c., rientra nel discrezionale potere del Giudice e nella correlativa valutazione dello stesso.

In definitiva, dunque, i ricorsi della soc. Giampi sas e della soc. Ristorante – Albergo S. Luca snc vanno rigettati.

A loro volta sono da rigettare, altresì, i ricorsi incidentali proposti dai N.L.F., F., C. e D..

Essi con due motivi, uguali per i due ricorsi incidentali, denunciano violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, assumendo che, "nonostante la presenza della domanda del pagamento dei canoni scaduti come pure precisata e riportata sia nei motivi di appello che nelle conclusioni, è mancata sul punto ogni decisione della Corte" (primo motivo); e violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione agli artt. 1453 e 1591 c.c., e all’art. 360 c.p.c., n. 5, assumendo che, "nonostante avessero chiesto la declaratoria generica del riconoscimento dei danni da liquidarsi in separata sede, sul punto la Corte d’appello ha omesso di pronunciarsi" (secondo motivo).

Entrambi i motivi sono infatti da disattendere non soddisfacendo l’esigenza dell’autosufficienza, posto che manca nel ricorso la riproduzione delle dette domande quali specificamente riproposte in appello, onde consentire al giudice di legittimità la verifica circa la decisività delle omesse pronunce.

Al rigetto di tutti i ricorsi si fa conseguire, quale giusto motivo, la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; compensa le spese del giudizio di Cassazione.

Redazione