Corte di Cassazione Civile sez. III 15/4/2008 n. 9878; Pres. Petti G.B.

Redazione 15/04/08
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Consiglio Notarile di Verona propone ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale il Tribunale della stessa città ha annullato il provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare della censura inflitta nei confronti del notaio B., incolpata di aver fatto illecita concorrenza ai colleghi nel luglio 2004, con la riduzione degli onorari e diritti accessori in via ripetuta, continuativa e non occasionale, così violando l’art. 147 legge not..

In particolare, l’annullamento della deliberazione ritenuta illegittima è stato motivato sulle base delle seguenti ragioni: il Tribunale, richiamando in via analogica la L. n. 689 del 1981, art. 18, in materia di sanzioni amministrative, ha rilevato che nel provvedimento sanzionatorio non si dava atto della disamina, da parte del Consiglio, delle argomentazioni difensive addotte dall’incolpata nella memoria difensiva del maggio 2005; il giudice ha, altresì, escluso l’ipotizzabilità, a carico del notaio, dell’addebito della concorrenza sleale, anche nel periodo anteriore, essendo entrato in vigore, nelle more del procedimento impugnazione, il D.L. n. 223 del 2006 che ha abrogato i minimi tariffari obbligatori delle professioni protette.

Il ricorso del Consiglio Notarile si svolge in quattro motivi.

Risponde con controricorso il notaio. Entrambe le parti hanno depositato memoria per l’udienza. Alla discussione sono stati ammessi l’avv. ******, per il ricorrente, e gli avvocati ********, ********** e ******* per l’intimata.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con i primi due motivi il ricorrente, deducendo la violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 1913, art. 148, R.D. n. 1326 del 1914, art. 267, L. n. 689 del 1981, art. 18, censura la decisione impugnata per non aver dato atto della disamina da parte del Consiglio Notarile delle argomentazioni difensive provenienti dall’incolpata, salvo il riferimento del tutto generico al dato storico dell’invio da parte del notaio di una memoria difensiva, così come richiesto anche dalla disciplina del procedimento d’applicazione di sanzioni amministrative, di cui alla L. n. 689 del 1981, richiamata in via analogica.

Con il terzo motivo, deducendo la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., il Consiglio si duole che il Tribunale non si sia pronunciato sull’eccezione da sè sollevata, secondo la quale la L. n. 241 del 1990, art. 21 octies, introdotto dalla L. n. 15 del 2005, preclude l’annullamento dell’atto amministrativo, pur in ipotesi affetto da vizi formali, qualora "sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

Il quarto motivo lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 11 preleggi, L. n. 89 del 1913, art. 147, nonchè dei principi di deontologia notarile e della L. n. 689 del 1981, art. 1, D.L. n. 223 del 2006, art. 2, cov. in L. n. 248 del 2006, per avere il Tribunale affermato che non è "concepibile" un illecito di concorrenza sleale per riduzione di onorari e diritti al di fuori della previsione di minimi tariffari obbligatori.

2. – I primi due motivi sono fondati.

L’art. 148 della legge notarile, nel disciplinare l’applicazione delle pene dell’avvertimento e della censura (nella specie irrogata), prevede l’obbligo della specifica contestazione dell’addebito mediante avviso da comunicare al notaio con lettera raccomandata (art. 267, comma 3, del regolamento) ed il diritto dell’incolpato di far pervenire al Consiglio, prima della decisione ed in termine congruo e ragionevole, le sue giustificazioni, anche se soltanto scritte.

Tali previsioni consentono di ritenere sufficientemente garantiti i diritti fondamentali della persona ed, in particolare, quello della difesa. Dal tenore della norma non è dato, invece, evincere alcun obbligo di dar conto, nella motivazione del provvedimento sanzionatorio assunto a conclusione del procedimento, delle deduzioni svolte dall’incolpato nella memoria difensiva, potendo, queste, costituire oggetto di successivo esame da parte del tribunale, nel caso in cui il notaio intenda esercitare la facoltà d’appello riconosciutagli dall’art. 14 9, secondo comma, della legge notarile.

Con ciò si intende che quello emesso dal Consiglio dell’Ordine costituisco un atto amministrativo la cui motivazione costituisce un requisito essenziale di validità; motivazione che, però, non deve necessariamente estendersi fino alla puntuale confutazione delle tesi difensive, potendo essere queste (ri)proposte nella fase d’impugnazione giurisdizionale. Nè siffatta carenza di motivazione può essere addotta a motivo formale d’illegittimità, posto che l’incolpato non gode di un astratto diritto alla motivazione confutativa delle proprie difese, ma ha ragione di dolersene solo nel caso in cui affermi ed alleghi che ne sia rimasto conculcato il suo diritto di difesa. Nella specie, invece, il Tribunale neppure enuncia quali sarebbero stati i vantaggi sostanziali derivati all’incolpato nel caso in cui l’organo disciplinare avesse specificamente argomentato intorno alle sue difese, ma ne fa astrattamente e, dunque, erroneamente derivare un vizio di illegittimità, svincolato dal sottostante interesse sostanziale dell’incolpato.

Infine, quanto al riferimento contenuto in sentenza circa il procedimento d’applicazione delle sanzioni amministrative disciplinato dalla L. n. 689 del 1981, art. 18, basti dire che la di questa legge non prevede l’obbligo dell’autorità competente di confutare nell’ordinanza ingiunzione le argomentazioni addotte dall’interessato, che abbia prodotto scritti difensivi o abbia chiesto di essere ascoltato. Tant’è che la giurisprudenza ha ripetutamente affermato che l’obbligo imposto dalla menzionata disposizione deve ritenersi assolto quando, nel suo contenuto minimo, l’ingiunzione descriva la condotta sanzionata ed indichi la violazione addebitata, in modo che l’ingiunto possa far valere le sue ragioni in sede giurisdizionale ed il giudice, a sua volta, possa esercitare il controllo demandatogli (tra le varie, cfr. Cass. 8 maggio 2006, n. 10478).

In conclusione, può essere enunciato il principio secondo cui, in tema di procedimento disciplinare a carico dei notai, la L. n. 89 del 1913, art. 148, prevede l’obbligo della specifica contestazione dell’addebito mediante avviso da comunicare al notaio con lettera raccomandata (art. 267, comma 3, del regolamento) ed il diritto dell’incolpato di far pervenire al Consiglio dell’Ordine, prima della decisione ed in termine congruo e ragionevole, le sue giustificazioni, anche se soltanto scritte. Non è previsto, invece, l’obbligo a carico del Consiglio stesso di provvedere, nella motivazione del provvedimento disciplinare, alla specifica confutazione delle argomentazioni difensive addotte dall’incolpato.

L’accoglimento dei primi due motivi ha efficacia assorbente rispetto al terzo.

3. – Altrettanto fondato è il quarto motivo di ricorso.

A favore della tesi dell’incolpata non può essere richiamata la normativa introdotta dal D.L. n. 223 del 2006, posto che l’art. 2, recante disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali, trova applicazione soltanto a partire dall’entrata in vigore, del decreto medesimo (successiva ai fatti in contestazione). Nè può essere addotto in proposito il principio penalistico del favor rei, posto che alle sanzioni disciplinari a carico dei notai (di natura amministrativa) non sono automaticamente riferibili i principi penalistici, restando piuttosto esse sottoposte, in via generale, ai principi di legalità ed irretroattività, i quali comportano l’assoggettamento della condotta in contestazione alla legge in vigore al tempo del suo verificarsi;

sicchè, in mancanza di espressa previsione, non trova applicazione il principio di retroattività della legge successiva più favorevole (Cass. sez. un. 20 dicembre 2006, n. 27172, con riferimento al procedimento disciplinare a carico dei magistrati).

Neppure è rilevabile la contrarietà delle norme che prevedono l’inderogabilità delle tariffe notarili con l’ordinamento comunitario ed, in particolare, con gli artt. 81 e 82 del Trattato CE (contrarietà che, comunque, comporterebbe l’applicazione, anche in sede di legittimità, del diritto comunitario). Infatti, il problema è stato affrontato dalla Corte di Giustizia CE con riferimento agli avvocati (sent. 5 dicembre 2006 in cause riunite C-94/04 e C-202/04) e ne è risultato che: gli artt. 10, 81 e 82 del Trattato CE non ostano all’adozione da parte di uno Stato membro di un provvedimento normativo che approvi, sulla base di un progetto elaborato da un ordine professionale forense, una tariffa che fissi un limite minimo per gli onorari degli avvocati ed a cui, in linea di principio non sia possibile derogare; il divieto di derogare convenzionalmente ai minimi tariffari, come previsto dalla legislazione italiana, può rendere più difficile l’accesso degli avvocati stabiliti in uno Stato membro diverso dalla Repubblica italiana e, tuttavia, può essere giustificato qualora risponda a ragioni imperative d’interesse pubblico; spetta al giudice nazionale determinare se la restrizione della libera prestazione di servizi creata dalla normativa nazionale rispetti tali condizioni.

E’ sicuramente da escludere che, in relazione all’attività notarile – concretantesi nello svolgimento di una pubblica funzione, per l’esercizio della quale l’ordinamento prevede l’istituzione di pubblici ufficiali, in possesso di particolari requisiti soggettivi, nominati a seguito di un esame d’idoneità, soggetti a vigilanza e periodici controlli ispettivi, sottoposti a rigorose regole disciplinari – sia ipotizzabile la possibilità di una libera prestazione di servizi, in regime di concorrenza, da parte di altri professionisti dello stesso paese o di altri paesi della Comunità, la quale renda incompatibile l’inderogabilità delle tariffe con le menzionate disposizioni CE. In conclusione, può essere enunciato il principio secondo cui il D.L. n. 223 del 2006, art. 2, comma 1, convertito in L. n. 248 del 2006, ha abrogato le disposizioni legislative e regolamentari prevedenti la fissazione di tariffe obbligatorie fisse o minime per le attività professionali e intellettuali "dalla data di entrata in vigore" della legge stessa; ne consegue che quelle disposizioni conservano piena efficacia in relazione a fatti verificatisi antecedentemente (principio enunciato con riferimento ad attività professionale del notaio prestata nell’anno 2004).

La sentenza impugnata deve essere, dunque, cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio al giudice designato nel dispositivo, il quale provvederà anche sulle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie i motivi primo, secondo e quarto del ricorso, dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Vicenza, anche perchè provveda sulle spese del giudizio di Cassazione.

Redazione