Corte di Cassazione Civile sez. III 12/12/2008 n. 29199; Pres. Segreto A.

Redazione 12/12/08
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il fallimento (OMISSIS) citò in giudizio l’avv. C. (già curatore del fallimento stesso) ed il Banco di Napoli perchè fossero condannati a restituirgli le somme risultate mancanti dal libretto bancario a sè intestato.

Il C., costituitosi, sostenne che le somme mancanti erano state stornate su altro deposito bancario ad opera di tal D.C., con il concorso illecito di dipendenti del Banco di Napoli, senza sua autorizzazione ed a mezzo di mandati falsi ed apocrifi.

Chiese, dunque, il rigetto della domanda e l’autorizzazione a chiamare in causa l’Aurora Ass.ni per essere da questa garantita per la responsabilità professionale, nonchè il D.C..

Il Banco di Napoli, a sua volta, sostenne che la responsabilità per l’ammanco in questione era da ascriversi al C., per non avere espletato il suo ufficio di curatore con diligenza e cautela, ma per avere affidato ad altri lo svolgimento delle operazioni bancarie.

Chiese, allora, il rigetto della domanda ed, in subordine, propose domanda riconvenzionale diretta a conseguire la condanna del C. a manlevarlo di tutto quanto fosse obbligato a corrispondere al fallimento attore.

Si costituirono, infine, anche il D.C. (per disconoscere la sottoscrizione degli atti riferibili ai prelievi di somme di danaro) e la Aurora Ass.ni (che eccepì l’inoperatività della polizza per responsabilità professionale stipulata dal C.).

Nel corso del giudizio il fallimento (OMISSIS) fu estromesso, essendo stata stipulata una transazione attraverso la quale il Banco aveva restituito al fallimento la somma riscontrata a seguito di verifica documentale, mentre il fallimento aveva ceduto al Banco tutti i diritti e le ragioni di credito vantati nei confronti del C., ferme restando le domande di garanzia e di rivalsa spiegati nei confronti di quest’ultimo dal Banco stesso.

All’esito, il Tribunale di Napoli respinse le domande proposte dal Fallimento (OMISSIS) (e, per esso dal Banco di Napoli in forza della menzionata cessione) nei confronti del C., respinse la riconvenzionale proposta dal Banco nei confronti del C., accolse la domanda proposta dal Banco nei confronti del D.C. e condannò quest’ultimo a rivalere l’Istituto della metà di quanto da questo versato al fallimento (OMISSIS).

La sentenza fu appellata in via principale dal Banco di Napoli, Gruppo S. Paolo IMI, ed, in via incidentale, dal C.. La Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma, accolse la domanda proposta dal Fallimento (OMISSIS) e, per esso, dal cessionario Banco di Napoli nei confronti del C., condannando quest’ultimo al pagamento in favore del Banco della metà della somma dal Banco stesso erogata in favore del fallimento. La Corte napoletana respinse, altresì, l’appello incidentale del C..

Questo propone ricorso per la cassazione della sentenza d’appello, svolgendo quattro motivi. Rispondono con controricorso la San Paolo IMI s.p.a. e l’Aurora Ass.ni s.p.a. Hanno depositato memorie per l’udienza il C. e la San Paolo IMI.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1) – Infondata è la preliminare eccezione, proposta dalla San Paolo IMI, d’inammissibilità del ricorso per difetto di Irregolare notifica. Un eventuale vizio a riguardo resta comunque sanato dalla difesa svolta dalla Banca nel giudizio di cassazione.

2) – Infondato è il primo motivo con il quale il C. sostiene che il giudice avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello del Banco di Napoli, sul presupposto che alla data del 16 aprile 2002 il Banco stesso era già stato incorporato dal San Paolo IMI, sicchè il gravame doveva essere proposto da quest’ultimo e non dall’altro soggetto ormai estinto.

La fusione della quale si discute risulta intervenuta in data 18 dicembre 2002, mentre l’appello è stato proposto con atto notificato il 17 giugno 2002.

3) – Il secondo motivo (violazione artt. 112, 115, 116 c.p.c., artt. 1260 e 1264 c.c. – vizi della motivazione) censura la sentenza sotto diversi profili:

a) per non aver rilevato che s’era formato il giudicato sul capo della sentenza di primo grado che, con riguardo all’atto transattivo intervenuto tra la Curatela fallimentare e la Banca, aveva ammesso la domanda di quest’ultima quale cessionaria da parte del Fallimento dei diritti di credito vantate dalla massa dei creditori "limitatamente alle somme transitate sul deposito fallimentare" (somma, questa, corrispondente ad Euro 1.412,31);

b) per avere omesso di dichiarare la cessazione della materia del contendere tra il Banco di Napoli ed il C. stesso, posto che quest’ultimo non era stato interpellato in merito alla cessione del credito, il cui esatto ammontare era incerto;

c) per non aver dichiarato cessata la materia del contendere in considerazione del fatto che nei confronti del C. era stata chiesta solo la restituzione delle somme e non anche l’accertamento delle sue responsabilità quale curatore fallimentare.

Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato. E’ inammissibile laddove, risolvendosi nella doglianza circa l’interpretazione data dal giudice alla domanda, non svolge una specifica censura a riguardo.

E’, sotto altro profilo, infondato laddove la sentenza s’è correttamente adeguata al principio in ragione del quale la natura consensuale del contratto comporta che il credito si trasferisce dal patrimonio del cedente a quello del cessionario per effetto dell’accordo, mentre l’efficacia e la legittimazione del cessionario a pretendere la prestazione dal debitore (in quanto alla semplice conoscenza della cessione da parte di costui si ricollega l’unica conseguenza della non liberatorietà del pagamento effettuato al cedente) conseguono alla notificazione o all’accettazione della cessione al contraente ceduto (tra le varie, cfr. Cass. 16 giugno 2006, n. 13954).

4) – Il terzo motivo (violazione e falsa applicazione art. 2043 c.c., – vizi della motivazione) censura la sentenza per aver ritenuto il C. corresponsabile dell’evento lesivo, senza tener conto che la consegna da parte sua del libretto bancario al funzionario del Banco (tal L.) avvenne quando il fatto lesivo s’era già verificato, ossia dopo che le somme erano state illegittimamente accreditate sul libretto acceso dal D.C.. Sicchè, il fatto del curatore sarebbe del tutto estraneo alla concatenazione causale delle azioni determinanti l’evento dannoso (la sottrazione di somma di danaro ai danni della massa dei creditori fallimentari).

Il motivo è inammissibile in quanto, piuttosto che censurare le ragioni che hanno indotto il giudice a ritenere il C. corresponsabile dell’ammanco di cassa ai danni della massa dei creditori fallimentari (ragioni esposte con motivazione congrua e logica, nonchè immune da vizi giuridici, nelle pagg. dalla 22 alla 27 della sentenza impugnata), chiede alla Corte di legittimità un nuovo e diverso accertamento dei fatti di causa.

5) – Il quarto motivo censura la contraddittorietà della motivazione in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata laddove, nel respingere la domanda di garanzia proposta dal C. contro la Meie Aurora in virtù della polizza di assicurazione stipulata per la responsabilità civile nell’esercizio della professione di avvocato, ha ritenuto che le perdite patrimoniali in questione non fossero state da lui cagionate "involontariamente" (condizione di operatività specificamente prevista nella polizza assicurativa), ma che, invece, derivassero da una condotta cosciente e volontaria, concretizzatasi nel lasciare il libretto bancario per un anno in possesso della Banca, disinteressandosi di adempiere agli obblighi impostigli dalla L. Fall., artt. 32 e 38 (cfr. pagg. 31 e 32 della sentenza). Secondo il ricorrente questa affermazione della sentenza contrasterebbe con l’altra che evidenzia la mancanza di prova in ordine ad un eventuale suo illecito accordo con coloro i quali materialmente sottrassero le somme alla massa dei creditori e la dizione "involontariamente", riportata nell’appendice di polizza, comprenderebbe l’ipotesi colposa, escludendo solo quella dolosa.

Il motivo è fondato.

La clausola in questione prevede che la compagnia "si obbliga a tenere indenne l’assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare, quale civilmente responsabile: a) di perdite patrimoniali involontariamente cagionate a terzi nell’esercizio dell’attività professionale descritta in polizza". A riguardo, deve essere preliminarmente affermato il principio secondo cui l’assicurazione della responsabilità civile nello svolgimento di attività professionale, mentre non può concernere fatti meramente accidentali (dovuti, cioè, a caso fortuito o forza maggiore, dai quali non sorge responsabilità), per sua stessa denominazione e natura importa la necessaria estensione anche a fatti colposi, con la sola eccezione di quelli dolosi, dovendosi escludere, in mancanza di espresse clausole limitative del rischio, che la garanzia assicurativa non copra alcune forme di colpa. Pertanto, la clausola di un contratto di assicurazione con la quale l’assicuratore si obbliga a tenere indenne il professionista assicurato di quanto questo sia tenuto a pagare per perdite patrimoniali "involontariamente" cagionate a terzi, compresi i clienti, è correttamente interpretata nel senso che essa si riferisce alla condotta colposa, in contrapposizione ai fatti dolosi (tra le più recenti, cfr. Cass. 28 febbraio 2008, n. 5273).

Nella particolare fattispecie in esame – in cui il "sinistro", per il quale è invocata la copertura assicurativa, consiste nell’ammanco di cassa ai danni della massa dei creditori del fallimento (OMISSIS) – il giudice sembra negare che tra il C. e gli altri soggetti coinvolti nella vicenda sia esistito un accordo diretto a provocare l’ammanco di cassa in questione ("anche a voler escludere l’ipotesi dell’accordo a tre" – pag. 31 sentenza), così correttamente interpretando la clausola di polizza, per ritenerla operativa per i comportamenti colposi e non per quelli dolosi del professionista, per poi pervenire ad una conclusione errata in diritto, oltre che contraddittoria con la premessa.

Il giudice, infatti, individua la condotta illecita attribuibile al C. (l’aver lasciato il libretto nella disponibilità del banco di Napoli per la durata di un anno, con inadempimento, dunque, ai suoi doveri attinenti all’ufficio di curatore fallimentare) e la riconosce come posta in essere con coscienza e volontà, si da concludere che la condotta stessa non possa essere ritenuta "involontaria". In altri termini, dalla sentenza impugnata discende che la garanzia assicurativa non opererebbe nella fattispecie in trattazione non perchè il sinistro (la perdita patrimoniale cagionata ai danni della massa dei creditori) sia stato "voluto" dal professionista (come previsto dalla clausola di non operatività della polizza), bensì perchè la condotta negligente e contrastante con i doveri imposti dalla legge al curatore "fu indubbiamente posta in essere con coscienza dell’azione compiuta e volontà libera di compierla". In tal modo il giudice riferisce l’ipotesi escludente l’operatività della polizza (il dolo) non all’evento dannoso (l’ammanco di cassa), bensì alla stessa condotta dell’assicurato.

Così facendo, però, il giudice risolve il problema dell’attribuibilità della condotta all’agente (il C.) ma non quello della natura dolosa o colposa dell’evento. Rimane, dunque, incerto se il professionista abbia voluto o meno il sinistro e, di conseguenza, se la garanzia sia o meno operativa.

Sicchè, la sentenza deve essere cassata sul punto ed il giudice del rinvio, adeguandosi al principio sopra enunciato, dovrà svolgere l’accertamento in questione.

6) – In conclusione, respinti i motivi dal primo al terzo, va accolto il quarto motivo e la sentenza va cassata in relazione a quest’ultimo per le enunciate ragioni. Il giudice del rinvio provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta i motivi dal primo al terzo del ricorso, accoglie il quarto, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra Sezione della Corte d’appello di Napoli anche perchè provveda sulle spese del giudizio di cassazione.

Redazione