Corte di Cassazione Civile sez. III 12/12/2008 n. 29185; Pres. Di Nanni L.F.

Redazione 12/12/08
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza 22 aprile – 9 giugno 2004 la Corte d’Appello di Perugia accoglieva parzialmente l’appello proposto dalla Nuova Sharp e condannava ****, già amministratore delegato della s.r.l. Profilumbria, a pagare la somma complessiva di Euro 24.136,79 con rivalutazione ed interessi, confermando la decisione di primo grado che aveva rigettato analoga domanda della Nuova Sharp nei confronti del M., semplice impiegato di Profilumbria.

Avverso tale decisione, il B. ha proposto ricorso per cassazione sorretto da sei motivi.

Resiste Nuova Sharp con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale espressamente qualificato come condizionato, illustrato da memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve innanzi tutto procedersi alla riunione dei due ricorsi, proposti entrambi contro la medesima decisione.

Con il primo motivo il ricorrente principale deduce nullità della sentenza impugnata e del procedimento per violazione dell’art. 325, 326 e 327 e 330 c.p.c., per avere la Nuova Sharp notificato l’atto di appello in luogo diverso da quello indicato nella procura speciale "ad litem" (con la quale B. aveva nominato suo nuovo difensore l’avv. GRILLI Doria, presso il cui studio in Piazza San Francesco n. 7 Gualdo Tadino, aveva eletto domicilio).

L’appello, erroneamente, era stato notificato presso il procuratore costituito nel giudizio di primo grado, avv. GRILLI *****, in Perugia, Piazza Italia n. 9 presso l’avv. *************.

Nonostante ciò, il B. si era costituito con atto depositato in cancelleria il 19 dicembre 2001 senza nulla rilevare in merito.

Tale costituzione, in ogni caso, aveva efficacia solo "ex nunc" con la conseguenza che la notifica della impugnazione doveva ritenersi a tutti gli effetti tardiva in quanto eseguita oltre il termine breve di cui agli artt. 325 e 326 c.p.c..

Il motivo è privo di fondamento.

Sul punto, invero, deve farsi applicazione della regola generale secondo cui l’inesistenza giuridica della notificazione ricorre quando questa manchi del tutto o sia effettuata in modo assolutamente non previsto dal codice di rito, tale, cioè, che non possa essere sussunta nel tipico atto di notificazione delineato dalla legge;

mentre, invece, importa semplice nullità della notificazione la effettuazione di essa in luogo e a persona diversi da quelli stabiliti dalla legge, ma che abbiano pur sempre riferimento con il destinatario della notificazione stessa.

Poichè lo scopo della notificazione degli atti di "vocatio in ius" è quello di attuare il principio del contraddittorio, tale finalità è raggiunta con la costituzione in giudizio del destinatario dell’atto, rimanendo conseguentemente sanato con effetto "ex rune" qualsiasi eventuale vizio della notificazione stessa. (Cass. 1 giugno 2004 n. 10495, 19 novembre 2001 n. 14539).

Nella specie, pertanto, esclusa l’inesistenza della notificazione, la eventuale nullità’ deve ritenersi sanata per avvenuto raggiungimento dello scopo. (Cass. 17 marzo 2006 n. 5906; cfr,. inoltre, Cass. S.U. 19 novembre 2001 n. 14539).

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto, violazione e falsa applicazione dell’art. 2043 c.c., artt. 185, 641 e 640 c.p., e della *******., art. 187 e 218, erroneità e contraddittorietà della motivazione.

La Corte territoriale aveva ritenuto la responsabilità extracontrattuale del B. sul presupposto della commissione da parte dello stesso di diversi reati, giungendo alla conclusione che tali fatti configuravano altrettanti illeciti civili. In conseguenza di ciò, aveva accertato il diritto di Nuova Sharp al risarcimento dei danni, anche non patrimoniali, subiti in conseguenza di tali atti.

Il motivo è inammissibile ancor prima che infondato.

Costituisce accertamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, la ricostruzione compiuta dai giudici di appello in ordine alla illiceità della condotta posta in essere dal B..

Sfugge dunque a qualsiasi censura la osservazione conclusiva secondo la quale "la qualificazione giuridica ai sensi dell’art. 641 c.p., sostenuta "in primis" dall’appellante – e che si noti corrisponde all’imputazione mossa al B. in sede penale a seguito della querela della Nuova Sharp e sulla quale è intervenuta sentenza di patteggiamento – può essere accolta".

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia nullità della sentenza di appello per avvenuta estinzione del diritto sostanziale a seguito di rinuncia allo stesso.

La società Nuova Sharp era stata sciolta senza ricorrere alla preventiva liquidazione.

I soci della stessa avevano dichiarato – all’atto dello scioglimento – la inesistenza di qualsiasi credito "essendo stato già provveduto prima di ora alla estinzione di tutte le passività ed al riparto tra i soci delle attività sociali".

Tale espressione non poteva avere altro valore che quello di (implicita) rinuncia a qualsiasi diritto ancora in essere: compreso dunque quello azionato dinanzi alla Corte di Appello di Perugia.

Anche questo motivo è inammissibile.

Si tratta infatti di censura del tutto nuova, mai sollevata in primo e secondo grado.

Il ricorrente non indica, del resto, in quale parte delle difese del giudizio di primo e secondo grado sarebbe stata dedotta la estinzione del diritto a seguito di una espressa rinuncia di Nuova Sharp. L’esame di tale questione comporterebbe, di necessità, accertamenti di fatto incompatibili con il giudizio di legittimità.

In ogni caso, appare del tutto logica l’affermazione contenuta nel controricorso (pag. 13 – 14), secondo la quale tale dichiarazione potrebbe trovare una sua spiegazione con la necessità di provvedere alla cancellazione della società dal registro delle imprese, evitando in tal modo inutili costi fiscali e burocratici (considerato anche che la società, peraltro, aveva già cessato ogni attività e che il suo patrimonio – tranne che per il credito contenzioso per cui è causa – era già stato in precedenza interamente liquidato).

Con il quarto motivo il ricorrente deduce nullità del procedimento e conseguente nullità della sentenza impugnata per intervenuta violazione degli artt. 183 e 184 c.p.c..

La causa era stata introdotta prima delle modifiche apportate al codice di procedura civile.

Dovevano pertanto trovare applicazione le disposizioni di cui agli artt. 183 e 184 c.p.c., e quelle dell’art. 345 c.p.c., che vietavano la introduzione di domande nuove nel corso del giudizio di primo grado e del giudizio di appello.

In particolare, la domanda del B. intesa ad ottenere anche il pagamento delle spese legali per la emissione del decreto ingiuntivo rilasciato nei confronti di Profilumbria, costituiva domanda nuova – proposta per la prima volta in appello – in ordine alla quale il B., alla udienza del 17 giugno 1996, aveva espressamente dichiarato di non accettare il contraddittorio in primo grado.

La sentenza di appello che aveva ritenuto di dover pronunciare anche su tale domanda doveva considerarsi nulla, per violazione dell’alt.

345 c.p.c..

Le censure sono prive di fondamento.

Nel caso di specie, la domanda cui il B. si oppone, già proposta in primo grado in sede di precisazione delle conclusioni, fu ribadita nelle conclusioni dell’atto di appello, senza alcuna obiezione nè opposizione da parte della difesa del convenuto che avrebbe avuto l’onere di reiterare l’opposizione ad una domanda nuova, ma già proposta in primo grado, opposizione sollevata in via del tutto generica in sede di precisazione delle conclusioni (Cass. S.U., 29 agosto 1998 n. 8596,22 maggio 1996 n. 4712).

La società attrice aveva fatto riferimento a ulteriori voci di danno nell’atto introduttivo del giudizio.

Il pagamento delle spese del decreto ingiuntivo era avvenuto successivamente alla notificazione della citazione.

Con il quinto motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti.

Il B. era stato chiamato a rispondere dei danni subiti da *********** in quanto nel periodo in cui egli era amministratore di Profilumbria s.r.l. avrebbe effettuato acquisti esagerati in una situazione di grave difficoltà aziendale (e sapendo di non poter far fronte al pagamento della relativa fornitura).

Se questo doveva considerarsi il fatto generatore della responsabilità, non si comprende la ragione per la quale doveva essere posto a carico dello stesso B. anche il pagamento di spese di un procedimento monitorio, introdotto contro Profilumbria nel novembre 1993, quindi ben due mesi dopo che la stessa società aveva notificato l’atto introduttivo del presente giudizio al B. ed al M., e dopo che era stato presentato il ricorso per l’ammissione alla procedura di amministrazione controllata (procedura sulla quale i creditori avevano espresso parere negativo alla concessione).

La sentenza impugnata non aveva spiegato alcuna ragione di diritto in forza della quale il B. avrebbe dovuto effettuare tale pagamento. Del resto tale ragione non poteva essere identificata con lo stesso fatto illecito costituito dall’esuberante rifornimento di merci.

Non vi era dubbio, pertanto, che la sentenza impugnata dovesse essere cassata su tale punto.

Le censure proposte con tale motivo sono fondate.

Manca, nella sentenza impugnata, qualsiasi motivazione in ordine alle ragioni per le quali le spese del procedimento monitorio dovrebbero far carico al B. (v. pag. 13 sentenza impugnata).

Sul punto, pertanto, la decisione deve essere cassata per difetto di motivazione, con rinvio ad altro giudice che provvedere in proposito.

Con il sesto, ed ultimo, motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2059, 1226, 2056, 1175 c.c., nonchè omessa e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti.

Nella sentenza impugnata mancava qualsiasi spiegazione in ordine alla ragione per la quale era stato attribuito il danno non patrimoniale ad una società di persone ed ai motivi per i quali lo stesso era stato liquidato nella misura indicata in sentenza.

Il motivo è privo di fondamento.

Quanto alla dedotta incompatibilità tra danni morali e riconoscimento degli stessi in favore di una società di capitali, è appena il caso di ricordare che questa stessa Corte ha più volte affermato (sent. 10 luglio 1991 n. 7642, 5 dicembre 1992 n. 12951, 3 marzo 2000 n. 2367) che danno non patrimoniale e danno morale sono nozioni non coincidenti: il primo comprende infatti qualsiasi conseguenza pregiudizievole di un illecito che non prestandosi ad una valutazione monetaria basata su criteri di mercato, non possa essere oggetto di risarcimento, sibbene di riparazione, mentre il secondo consiste nella c.d. "pecunia doloris".

La giurisprudenza di questa Corte è ferma nel ritenere che anche nei confronti delle persone giuridiche – ed in genere dell’ente collettivo – è configurabile la risarcibilità del danno non patrimoniale (Cass. 4 giugno 2007 n. 12929, 30 settembre 2004 n. 19647).

Nel caso di specie, i giudici del merito hanno qualificato il danno liquidato come non patrimoniale, come del resto lo stesso ricorrente principale ha riconosciuto (pag. 28).

Tanto premesso e precisato, la censura formulata con questo ultimo motivo non ha alcun fondamento.

Infatti, la liquidazione del danno non patrimoniale non può che essere effettuata in via equitativa.

Ne consegue che il giudice del merito, nel motivare tale liquidazione, non è tenuto a fornire una dimostrazione minuziosa e particolareggiata di ciascuno degli elementi in base ai quali ha formato il proprio convincimento, ma è sufficiente che dimostri di aver tenuto presente tutti gli elementi di fatto, acquisiti al processo (Cass. 8 maggio 2003 n. 6985).

La Corte territoriale, nel caso di specie, ha fornito una ricostruzione attenta dei fatti posti a fondamento della propria decisione.

I giudici di appello hanno ricostruito i fatti di causa e con ampia motivazione hanno riconosciuto la esistenza di un danno non patrimoniale, liquidandolo in via equitativa.

Hanno spiegato le ragioni per le quali hanno ritenuto che l’ordinativo di merce, effettuato da Profilumbria, attraverso il B., dovesse considerarsi di entità ben superiore a quelli effettuati in precedenza.

Hanno sottolineato che tale politica di acquisti era stata praticata dalla prima società con la generalità dei suoi fornitori, rilevando che la stessa non poteva trovare giustificazione nella entità delle commesse ricevute e delle lavorazioni da eseguire.

Poichè Profilumbria era già in difficoltà economiche, doveva concludersi che tale condotta poteva trovare spiegazione solo con la volontà di massimizzare i benefici derivanti dall’ammissione alla amministrazione controllata ed in particolare dal temporaneo divieto di azioni esecutive individuali per i crediti sorti anteriormente alla domanda, e poter proseguire così la attività di impresa evitando la necessità di richiedere nuove forniture (che – in pendenza della procedura – i fornitori avrebbero effettuato solo alla condizione del contestuale pagamento della merce).

Il reato ravvisabile in tale comportamento era quello della insolvenza fraudolenta, del quale ricorrevano tutti gli elementi costitutivi (oltre che eventualmente quello di truffa aggravata continuata e di ricorso abusivo al credito).

Il B. – ha coerentemente concluso la Corte territoriale – era tenuto al risarcimento dei danni sofferti dalla società Nuova Sharp in conseguenza dell’illecito penale (costituiti dal perduto prezzo delle forniture, dalle spese processuali – anche con riferimento a quelle del procedimento monitorio per le quali si richiamano le considerazioni già svolte nel quinto motivo – e dal danno non patrimoniale, riconosciuto in via equitativa in Euro 15.000,00, (quindicimila(00), oltre agli interessi compensativi al tasso legale sulla somma rivalutata sulla prima voce di danno, dalla data del fallimento per le spese e dalla data della sentenza per il danno non patrimoniale.

Conclusivamente la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio ad altro giudice che procederà a nuovo esame, provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Il ricorso incidentale condizionato deve essere dichiarato assorbito.

P.Q.M.

La Corte:

Accoglie il quinto motivo di ricorso principale e rigetta il resto.

Cassa in relazione alle censure accolte e rinvia anche per le spese alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione, assorbito il ricorso incidentale condizionato.

Redazione