Corte di Cassazione Civile sez. III 11/6/2008 n. 15476; Pres. Finocchiaro M.

Redazione 11/06/08
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nell’impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come segue:

"Con citazione ritualmente notificata in data 15/12/04 la SRL MEDIAQUARANTA, con sede in (omissis), conviene in giudizio la SRL PANTHER AUTOMOTIVE, con sede in Roma, per l’udienza del 20/01/2005 ed espone di essere in credito nei suoi confronti della somma di Euro 32.904,00 portata dalle fatture n. (omissis) del 17/07/03 di Euro 5.484,00, n. (omissis) del 17/07/03 di Euro 5.484,00, n. (omissis) del 25/07/03 di Euro 5.484,00, n. (omissis) del 25/07/03 di Euro 5.484,00, n. (omissis) del 29/08/03 di Euro 5.484,00 e n. (omissis) del 29/08/03 di Euro 5.484,00. Sollecitata al pagamento del debito la convenuta non vi ha provveduto; parte attrice ne domanda quindi la condanna. Onde evitare un giudizio di valore superiore a Euro 1.032,91, che comporterebbe un maggior aggravio di spese, l’esponente intende agire per fintanto allo scopo di ottenere un adempimento parziale di Euro 1.032,91, riservando al prosieguo il recupero della restante somma di Euro 31.871,09 e degli interessi maturati. La parte convenuta rimane contumace e non si presenta a rendere l’interrogatorio formale ammesso per l’udienza del 18/04/05 quando la causa è assegnata a decisione sulla base delle sole conclusioni di parte attrice come in epigrafe riportate".

Con sentenza 18.4 – 11.5.2005 il Giudice di Pace di Mondovì decideva come segue:

"… definitivamente pronunciando, CONDANNA La SRL PANTHER AUTOMOTIVE, con sede in (omissis), AL PAGAMENTO in favore della parte attrice, SRL MEDIAQUARANTA, con sede in (omissis), in persona del legale rappresentante sig. B.P., della somma di Euro 1.032,91, oltre agli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo. Condanna inoltre la parte convenuta a rimborsare le spese legali di questo procedimento che liquida in complessive Euro 542,00 di cui Euro 92,00 per spese e Euro 450,00 per diritti ed onorali oltre IVA e C.P.A. (2%) sulle somme imponibili".

Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione la ****************** s.r.l..

La MEDIAQUARANTA s.r.l. ha resistito con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la ****************** s.r.l. denuncia "Violazione ex art. 360 c.p.c., punto 2, per violazione sulle norme sulla competenza per valore" esponendo doglianze che possono essere riassunte come segue. Il Giudice di Pace di Mondovì si è trovato a giudicare su di un asserito rapporto da cui scaturirebbe un credito di Euro 32.904,00, anche se, poi, la società attrice ha chiesto la condanna parziale solo nell’ambito di Euro 1.032,91. Non solo l’importo complessivo supera la competenza per valore del Giudice di Pace ma persino ciascuna fattura è di importo superiore al limite massimo di Euro 2.582,28, oltre cui detto Giudice non ha più potere decisorio. E’ indubbio che il Giudice ha comunque dovuto accertare almeno la sussistenza di un rapporto avente valore di Euro 5.484,00, ossia superiore a quello di sua competenza. Tale modus operandi cozza con la norma sulla competenza per valore. Neppure si può ritenere, nel caso di specie, che la condanna al pagamento della somma di Euro 1.032,91 non comporti un giudicato, perlomeno implicito, sulla maggiore somma recata da tutte le fatture prodotte in giudizio o almeno da una di esse. Dato che la prestazione minima fatta valere dall’attrice (l’importo di una delle fatture) va oltre la competenza del Giudice di Pace, non è applicabile la giurisprudenza che prevede la valutazione della competenza in base al valore della domanda e non del rapporto nella sua interezza.

Il primo motivo di ricorso deve ritenersi fondato nella parte preliminare ed essenziale concernente la possibilità di parcellizzazione della domanda (possibilità negata dalla ricorrente, anche se in modo parzialmente implicito); mentre le ulteriori doglianze debbono ritenersi assorbite (come deve ritenersi assorbito il secondo motivo con cui la ricorrente denuncia "Violazione ex art. 360 c.p.c., punto 5, per omessa ed insufficiente motivazione su un punto rilevante della controversia" esponendo censure in ordine alla ritenuta fondatezza nel merito della domanda; ed il terzo motivo con cui la ricorrente denuncia "Violazione ex art. 360 c.p.c., punto 4, per nullità del procedimento" osservando che essendo la società ****************** s.r.l. contumace, l’attrice avrebbe dovuto notificare alla stessa il verbale di ammissione dell’interrogatorio formale; mentre ciò non è avvenuto).

Questa Corte Suprema a S.U. ha infetti recentemente enunziato il seguente principio di diritto "Non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del contenuto della obbligazione, operata dal creditore per sua esclusiva utilità con unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in contrasto sia con il principio di correttezza e buonafede, che deve improntare il rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adempimento, sia con il principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una corretta tutela del suo interesse sostanziale" (Cass. Sez. U, Sentenza n. 23726 del 15/11/2007).

Da detta sentenza di questa Corte non emerge espressamente la sorte della domanda proposta in violazione del principio medesimo.

Tuttavia dal complesso della motivazione (ed in particolare dalla sua ratio) si evince che la domanda è improponibile; e che detta improponibilità investe ciascuna delle singole domande (in ciascuna delle relative diverse cause) in cui è stata frazionata la domanda concernente l’intera somma in questione (e cioè la domanda come avrebbe dovuto essere proposta per essere ritenuta rituale ed dunque proponibile).

Detta ratio consiste infatti nell’affermazione della necessità di assicurare i principi della buona fede e correttezza anche in campo processuale, tra l’altro non alterando il giusto equilibrio degli opposti interessi delle parti contrapposte ed evitando il rischio di peggiorare la posizione del debitore "…sia per il profilo del prolungamento del vincolo coattivo cui egli dovrebbe sottostare per liberarsi della obbligazione nella sua interezza, ove il credito sia nei suoi confronti azionato inizialmente solo pro quota con riserva di azione per il residuo come propriamente nel caso esaminato dalla citata Sez. un. n. 108/00 cit., in cui la richiesta di pagamento per frazione era finalizzata ad adire un giudice inferiore rispetto a quello che sarebbe stato competente a conoscere dell’intero credito, sia per il profilo dell’aggravio di spese e dell’onere di molteplici opposizioni (per evitare la formazione di un giudicato pregiudizievole) cui il debitore dovrebbe sottostare, a fronte della moltiplicazione di (contestuali) iniziative giudiziarie… "; ed inoltre nella necessità di evitare ai principi del giusto processo un "…Ulteriore vulnus…" che "… deriverebbe, all’evidenza, dalla formazione di giudicati (praticamente) contraddittori cui potrebbe dar luogo la pluralità di iniziative giudiziarie collegate alto stesso rapporto. Mentre l’effetto inflattivo riconducibile ad una siffatta (ove consentita) moltiplicazione di giudizi ne evoca ancora altro aspetto di non adeguatezza rispetto all’obiettivo, costituzionalizzato nello stesso art. 111 Cost., della "ragionevole durata del processo", per l’evidente antinomia che esiste tra la moltiplicazione dei processi e la possibilità di contenimento della correlativa durata…".

Va dunque enunciato il seguente principio di diritto: "Non è consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo; tutte le domande giudiziali aventi ad oggetto una frazione di detto credito vanno dunque dichiarate improponibili".

Sulla base di quanto sopra esposto, decidendo sul ricorso, va cassata senza rinvio l’impugnata sentenza e la domanda proposta dalla s.r.l., MEDIAQUARANTA, va dichiarata improponibile.

Data la novità della giurisprudenza sopra citata e la complessità delle problematiche in questione, va disposta la compensazione delle spese del giudizio di cassazione; mentre non si deve provvedere sulle spese del giudizio di primo grado in quanto la parte convenuta era rimasta contumace.

P.Q.M.

La Corte, decidendo sul ricorso, cassa l’impugnata sentenza e dichiara improponibile la domanda proposta dalla MEDIAQUARANTA s.r.l.; compensa le spese del giudizio di cassazione.

Redazione