Corte di Cassazione Civile sez. III 10/1/2011 n. 291

Redazione 10/01/11
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Svolgimento del processo
R.A. e M.P., in proprio e quali esercenti la potestà genitoriale sulla figlia minore R. R., convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Milano B.E., L’******* – Compagnia Italiana di Assicurazioni s.p.a. e SAI – Società Assicuratrice Industriale s.p.a., chiedendone la condanna in solido al risarcimento dei danni subiti nell’incidente verificatosi il (omissis) allorchè l’autovettura sulla quale viaggiavano, condotta da R.A., era stata violentemente tamponata prima da un veicolo rimasto sconosciuto, e poi dall’Alfa 75 guidata dal B..

I convenuti, costituitisi in giudizio, contestarono le avverse pretese.

Con sentenza del 5 luglio 2001 il Tribunale di Milano, dichiarata la concorrente responsabilità, per la quota di un terzo, del B., e per la quota di due terzi di R.A. nella causazione del sinistro, condannò il B. e il suo assicuratore AXA s.p.a. al risarcimento dei danni subiti dai R., in ragione di un terzo.

Proposto gravame da R.R. e da M.P., la Corte d’appello, in data 6 giugno 2005, lo ha respinto.

Avverso detta pronuncia propongono ricorso per cassazione R. R. e M.P. articolando due motivi e notificando l’atto a B.E., Axa Assicurazioni (già ******* s.p.a.) Fondiaria – SAI s.p.a. e R.A..

Solo AXA Assicurazioni s.p.a. ha resistito con controricorso, mentre nessuna attività difensiva hanno svolto gli altri intimati.

Motivi della decisione
1.1 Col primo motivo le ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione del comb. disp. degli artt. 1292 e 2055 c.c., anche in relazione all’art. 345 c.p.c.. La censura ha ad oggetto l’affermazione della Certe territoriale secondo cui la domanda volta ad ottenere la condanna di B.E. al risarcimento integrale dei danni, quale condebitore tenuto in solido con *****, vettore delle appellanti, sarebbe nuova e quindi inammissibile. Tanto sul rilievo che gli attori avevano evocato in giudizio l’impresa designata S.A.I. s.p.a. (per l’automobilista rimasto sconosciuto), il B. e la compagnia assicuratrice dello stesso; che,. esclusa ogni responsabilità del guidatore rimasto sconosciuto e determinata nella misura di un terzo quella del B., la doglianza con la quale R.R. e M. P. si erano lamentate in sede di gravame che quest’ultimo e AXA s.p.a. non fossero stati condannati al risarcimento integrale dei danni presupponeva un diverso rapporto di solidarietà; che, invero, passata in giudicato la esclusione della solidarietà inizialmente invocata, non restava che la responsabilità individuale del B., accertata nella misura di un terzo.

Secondo le esponenti tali argomentazioni violerebbero il principio per cui il creditore di una obbligazione al cui adempimento sono solidalmente tenute più persone può chiedere a una sola di esse il risarcimento dell’intero danno.

1.2 Col secondo mezzo le impugnanti lamentano violazione dell’art. 91 c.p.c., con riferimento alla loro condanna al pagamento delle spese processuali, evidenziando che queste dovevano invece essere poste a carico della controparte e distratte a favore dell’avvocato ********************, che si era dichiarato antistatario.

2 Il primo motivo di ricorso è fondato.

Per consolidata giurisprudenza di legittimità la persona danneggiata in conseguenza di un fatto illecito imputabile a più persone legate dal vincolo della solidarietà (quali sono, in ipotesi di sinistro stradale, i responsabili dello scontro, nei confronti del terzo trasportato in uno dei veicoli coinvolti) può pretendere la totalità della prestazione risarcitoria anche da uno solo dei coobbligati, perchè la diversa gravità delle rispettive colpe di costoro e l’eventuale diseguale efficienza causale di esse può avere rilevanza soltanto ai fini della ripartizione interna del peso del risarcimento tra i corresponsabili (confr. Cass. civ. 5 ottobre 2004, n. 19934).

Tanto premesso, si tratta ora di stabilire se, qualora, come nella specie, il danneggiato abbia agito per far valere la responsabilità di un solo soggetto nella produzione del danno e nel corso del giudizio si pervenga all’affermazione della concorrente responsabilità di quel soggetto e di altro non originariamente convenuto, il danneggiato stesso possa in appello chiedere la condanna all’intero risarcimento del primo, ex art. 2055 c.c., o se tale domanda debba considerarsi inammissibile perchè nuova.

La soluzione della questione dipende dai principi testè esposti e, più in generale, dai canoni fondamentali in tema di obbligazioni solidali, dettati dall’art. 1292 c.c. e segg.: di tali canoni invero l’art. 2055 c.c., – a tenor del quale, se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno – rappresenta una particolare applicazione in tema di fatti illeciti. Infatti, come innanzi esplicitato, la graduazione delle colpe ha mera funzione di ripartizione interna tra i coobbligati della somma versata a titolo di risarcimento del danno e non elide affatto la solidarietà tra loro esistente. Sicchè, la circostanza che il danneggiato si sia rivolto in giudizio contro uno solo degli autori del fatto dannoso (o, addirittura, abbia agito in maniera tale da escludere del tutto la responsabilità dell’altro) non comporta rinuncia alcuna alla solidarietà tra tutti coloro ai quali lo stesso fatto dannoso risulti in definitiva imputabile.

Per queste ragioni non può condividersi il convincimento del giudice di merito e cioè che la domanda di integrale risarcimento proposta nei confronti di uno dei coobbligati sia nuova sotto il pirofilo della causa petendi: la natura solidale intrinseca all’obbligazione da fatto illecito imputabile a più persone cede solo a fronte di una specifica rinunzia del creditore danneggiato. Il che comporta che, anche se la richiesta di graduazione delle colpe sia stata ritualmente introdotta non dal danneggiato, ma da colui che originariamente è stato chiamato a rispondere in via esclusiva del fatto illecito, e il dibattito processuale si sia correttamente svolto su questo tema, nessuna mutazione della causa petendi può ritenersi verificata ad opera del danneggiato che, in sede di gravame, senza contestare l’accertato concorso di colpa, insista tuttavia nella richiesta di integrale risarcimento nei confronti del solo corresponsabile evocato in giudizio.

3 A ciò aggiungasi, a confutazione dei rilievi formulati in controricorso, che l’unicità del fatto dannoso richiesta dall’art. 2055 c.c., ai fini della configurabilità della responsabilità solidale degli autori dell’illecito va intesa in senso non assoluto, ma relativo, sicchè tale responsabilità, volta a rafforzare la garanzia del danneggiato e non ad alleviare la responsabilità degli autori dell’illecito, ricorre pur se il fatto dannoso sia derivato da più azioni o omissioni, dolose o colpose, costituenti fatti illeciti distinti, e anche diversi, sempre che le singole azioni o omissioni, legate da un vincolo di interdipendenza, abbiano concorso in maniera efficiente alla produzione del danno, a nulla rilevando, a differenza di quanto accade in campo penalistico, l’assenza di un collegamento psicologico tra le stesse. A norma dell’art. 41 c.p., comma 2, invero, l’imputabilità del fatto dannoso a taluno degli autori delle condotte illecite va esclusa solo laddove a uno solo degli antecedenti causali debba essere riconosciuta efficienza determinante ed assorbente, con conseguente degradazione del legame eziologico tra l’evento dannoso e gli altri fatti al rango di mere occasioni, mentre non contrasta con tale principio la disposizione dell’art. 187 cpv. c.p., la quale, statuendo per i condannati per uno stesso reato l’obbligo in solido al risarcimento del danno, non esclude la responsabilità solidale di soggetti che non siano colpiti da alcuna condanna o siano colpiti da condanna per reati diversi o siano taluni colpiti da condanna e altri no.

In sostanza, ai fini della applicazione dell’art. 2055 c.c., è da ritenersi sufficiente la consumazione di un unico fatto dannoso, alla cui produzione abbiano concorso, con efficacia causale, più condotte, tale unicità dovendo essere valutata esclusivamente con riferimento alla posizione soggettiva del danneggiato, e non anche intesa come identità delle azioni degli autori del danno, ovvero delle norme giuridiche da essi violate, così che risulta del tutto irrilevante che le condotte lesive si manifestino, tra loro, come autonome o meno, ovvero che siano o meno identici i titoli delle singole responsabilità (confr. Cass. civ. 12 marzo 2010, n. 6041; Cass. civ., 2 luglio 1997, n. 5944).

4 Ne deriva che, in accoglimento del primo motivo di ricorso, nel quale resta assorbito il secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, alla Corte d’appello di Milano, in diversa composizione, che, nel decidere, si atterrà al seguente principio di diritto: la graduazione delle colpe tra i soggetti responsabili di un medesimo fatto illecito, avendo soltanto la funzione di ripartire internamente tra i coobbligati l’obbligazione risarcitoria, non elimina affatto la solidarietà tra loro esistente, di talchè la circostanza che il danneggiato si sia rivolto in giudizio contro uno solo degli autori del fatto dannoso (o che abbia agito in maniera tale da escludere del tutto la responsabilità dell’altro) non comporta la rinuncia alla solidarietà esistente tra tutte le persone alle quali lo stesso fatto dannoso sia imputabile, sicchè, se anche nel corso del giudizio emerga la graduazione di colpa tra i vari corresponsabili, ciò non preclude al danneggiato la possibilità di chiedere di essere integralmente risarcito da uno solo dei corresponsabili.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Redazione