Corte di Cassazione Civile sez. II 6/2/2009 n. 3043; Pres. Rovelli L.A.

Redazione 06/02/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 19 febbraio 2003, il Tribunale di Mondovì accolse l’opposizione proposta il 11 marzo 2002 dalla Banca Carige S.p.A. ed annullò il Decreto n. 40791/a del 21 dicembre 2001, con la quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze, su segnalazione ricevuta dalla g.d.f., aveva ingiunto all’istituto di credito, in solido con i direttori pro tempore della filiale di (omissis), il pagamento delle sanzioni amministrative di Euro 1.111.879,00 e di Euro 779.325,00, in relazione alla violazione del D.L. 3 maggio 1991, n. 143, art. 3, comma 1, per l’omessa segnalazione di operazioni finanziarie sospette di riciclaggio del complessivo ammontare L. 14.647.479.696.

Osservò il giudice che era fondata l’eccezione pregiudiziale formulata dall’opponente di tardi vita della contestazione della violazione, per essere decorso il termine di novanta giorni, prescritto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14, tra la data del 26 giugno 1998, nella quale era pervenuta al Ministero la segnalazione della g.d.f., e quella del 28 settembre 1998, in cui il Ministero aveva notificato all’istituto di credito gli estremi della violazione.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze è ricorso con un motivo per la cassazione della sentenza e l’intimata Banca Carige ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente vanno dichiarate inammissibili le questioni sollevate nel controricorso di nullità della notifica della contestazione degli estremi della violazione e di tardività della stessa per essere la contestazione degli estremi della violazione anche nella facoltà della g.d.f., La prima, ritualmente proposta e non esaminata dal giudice a quo, giacchè, ove considerata logicamente pregiudiziale a quella di tardività della notifica, il suo mancato esame avrebbe dovuto costituire oggetto di ricorso incidentale condizionato e, ove ritenuta assorbita dalla decisione impugnata, nulla osterebbe alla sua riproposizione nell’eventuale giudizio di rinvio.

La seconda, perchè nè dalla sentenza e nè dal ricorso risulta che la stessa sia stata dedotta con l’opposizione al decreto-ingiunzione e la novità dell’argomento che sottende, costituito dalla compiutezza dell’accertamento della violazione sin dal momento della segnalazione della g.d.f., non ne consente l’esame presupponendo una valutazione di fatto preclusa in sede di legittimità.

Va aggiunto che la facoltà eventualmente riconosciuta dalla legge alla g.d.f. di procedere alla contestazione degli estremi delle violazioni non ne equivale alla possibilità, ben potendo l’autorità competente ad emettere il provvedimento sanzionatorio riservare, in particolari materie, ad una propria ulteriore valutazione dei fatti segnalati l’accertamento delle violazioni.

Con l’unico motivo il ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 14, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, avendo la sentenza escluso la tempestività della contestazione della violazione, facendo erroneo riferimento per l’inizio del decorso del relativo termine alla data nella quale era pervenuta al Ministero la segnalazione della g.d.f., anzichè a quella nella quale il Ministero, in base all’istruttoria esperita, aveva accertato la sussistenza degli estremi di essa.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha ripetutamente affermato in tema di sanzioni amministrative il principio che, qualora non sia avvenuta la contestazione immediata della violazione, il momento dell’accertamento, in relazione alla quale collocare il dies a quo del termine prescritto dalla L. n. 689 del 1981, art. 14, comma 2, per la notifica degli estremi di essa, non coincide con la conoscenza dei fatti nella loro materialità da parte dell’autorità alla quale è stato trasmesso il rapporto, ma va individuato in quello in cui l’autorità alla quale è stato trasmesso il rapporto abbia acquisito e valutato tutti i dati indispensabili ai fini della verifica dell’esistenza della violazione segnalata ovvero in quello in cui il tempo decorso, pur tenendo conto della complessità della fattispecie, non risulti ulteriormente giustificato dalla necessità di detta acquisizione e valutazione (cfr.: Cass. civ., sez. 2^, sent.

18 aprile 2007, n. 2007; Cass. civ., sez. 2^, sent. 30 maggio 2006, n. 12830; Cass. civ., sez. 1^, sent. 4 febbraio 2005, n. 2363; Cass. civ., sez. 1^, sent. 19 novembre 2003, n. 17534).

La regola che impone di contestare l’infrazione, quando non è possibile farlo immediatamente, entro un preciso termine di decadenza decorrente dall’accertamento, onde consentire la piena esplicazione delle possibilità di difesa dell’interessato, non vale, infatti, a superare il rilievo che la pura constatazione dei fatti nella loro materialità non coincide necessariamente con l’accertamento degli estremi della violazione e che vi sono ambiti, come, in specie, quello del riciclaggio, nei quali, essendo l’accertamento condizionato da una attività istruttoria e valutativa dei fatti constatati, l’osservanza del termine deve essere individuato secondo le particolarità dei singoli casi e indipendentemente dalla data di compilazione e ricezione della nota informativa degli organi addetti alla vigilanza.

A tale regola non si è adeguata la decisione di merito, giacchè, pur avendo correttamente richiamato il principio sopra enunciato e riconosciuto che solo dalla data di ricezione della segnalazione, e cioè "a partire dal 26.6.98 l’opposto ebbe la possibilità di vagliare la regolarità dell’operato della Guardia di Finanza onde decidere se dare inizio o meno al procedimento amministrativo volto all’irrogazione delle sanzioni", ha poi fatto decorrere il termine per la notifica degli estremi della violazione dalla stessa data, ravvisandone l’inosservanza per soli per quattro giorni, anzichè che da quella in cui il Ministero aveva positivamente vagliato l’operato della g.d.f. ovvero aveva manifestato una immotivata inerzia nel decidere se dare inizio o meno al procedimento sanzionatorio.

Alla fondatezza del motivo segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Alba, in persona di altro magistrato.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese, al Tribunale di Alba, in persona di altro magistrato.

Redazione