Corte di Cassazione Civile sez. II 3/12/2008 n. 28753; Pres. Elefante A.

Redazione 03/12/08
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 1 marzo 1994 F.L. conveniva il notaio A.A. davanti al Tribunale di Lecce ed esponeva:

– che con atto in data 27 dicembre 1990, rogato dal convenuto, aveva acquistato da L.M. un immobile in (omissis) e con atto in data 5 novembre 1991, ugualmente rogato dal convenuto, aveva acquistato da D.C. un altro immobile in (omissis);

– che entrambi gli immobili erano risultati pignorati;

– che per liberare il primo immobile aveva dovuto pagare la somma di L. 8.750.000, mentre il debito a garanzia del quale era stato pignorato il secondo immobile ammontava a L. 66.000.000;

– sulla base di tali premesse l’attrice chiedeva la condanna del convenuto al risarcimento dei danni.

Il notaio A.A., costituitosi, deduceva che dei danni dovevano essere chiamati a rispondere anche i venditori L. M. e D.C., che avevano rilasciato mendaci dichiarazioni in ordine alla libertà degli immobili.

Nel merito eccepiva che nel primo atto di vendita F.L. si era costituita come acquirente e come procuratrice della venditrice L.M., ed in tale qualità aveva rilasciato la dichiarazione circa la libertà dell’immobile, per cui non vi sarebbe stata ragione per effettuare le visure ipotecarie; per quanto riguardava il secondo atto, era stato espressamente esonerato dalla effettuazione delle visure.

Deduceva, inoltre, di essere assicurato per la responsabilità professionale presso la soc. La Nationale, dalla quale intendeva essere garantito.

Venivano, pertanto, chiamati in causa L.M., D. C. e la La Nationale C.I.A.R. s.p.a..

L.M. chiedeva, nella eventualità che il pignoramento fosse stato effettuato nei confronti del suo dante causa, di essere autorizzata a chiamarlo in causa.

D.C. deduceva di avere acquistato simulatamente da F. L. l’immobile e che ugualmente simulatamente lo aveva rivenduto alla stessa con l’atto in data 5 settembre 1991.

La soc. La Nationale C.I.A.R. eccepiva l’improcedibilità della domanda, in quanto l’art. 38 della polizza assicurativa stabiliva l’obbligo di deferire "tutte le questioni nelle quali vi sia divergenza tra il Notaio e Compagnia" ad apposito collegio arbitrale, denominato "Comitato di Controllo" e nel merito l’inoperatività della garanzia.

Con sentenza in data 14 dicembre 2001 il Tribunale di Lecce rigettava le domande proposte da F.L., che proponeva appello, accolto dalla Corte di appello di Lecce con sentenza in data 27 febbraio 2004.

I giudici di secondo grado ritenevano che, quanto all’atto in data 27 dicembre 1990, la dichiarazione resa da F.L., quale procuratrice della venditrice, non poteva che ricadere sulla rappresentata, senza che potesse assumere alcun rilievo la momentanea coincidenza nella stessa persona della duplice qualità di parte sostanziale (acquirente) e di procuratrice della controparte, al fine dell’obbligo del notaio rogante di l procedere alle visure ipotecarie.

Nè nel comportamento di F.L. era ravvisabile un esonero implicito da tale obbligo, posto che, costituendosi nell’atto anche quale procuratrice della venditrice, non aveva inteso abdicare ai suoi diritti nei confronti della controparte e meno che mai esonerare il notaio dal rispetto delle regole di comportamento connesse alla funzione notarile.

In ordine all’atto in data 5 settembre 1991 la Corte di appello di Lecce riteneva che inutilmente il notaio invocava la scrittura privata sottoscritta in pari data con la quale le parti avevano dichiarato "espressamente e concordemente di rinunciare all’espletamento delle visure ipotecarie e catastali". Da un lato, tale dichiarazione era successiva alla stipulazione dell’atto e quindi non poteva valere come esonero da un obbligo che avrebbe dovuto essere adempiuto prima di tale stipula, e, dall’altro, la sua formulazione non consentiva di individuare in essa una rinuncia ad eventuali azioni di responsabilità nei confronti del notaio.

I giudici di secondo grado ritenevano, poi, che fondatamente la società assicuratrice invocava nei confronti del notaio la clausola della polizza la quale prevedeva un arbitrato, da ritenere irrituale, per le questioni in cui vi fosse divergenza tra il notaio assicurato ed essa società assicuratrice.

La clausola in questione, poi, non richiedeva una espressa approvazione scritta, non potendosi considerare come vessatoria.

Tale approvazione scritta non sarebbe stata necessaria neppure ritenendo che la clausola prevedeva un arbitrato irrituale, dal momento che la convenzione nella quale era stata inserita era stata stipulata tra la società assicuratrice ed una associazione di categoria della quale era socio il notaio.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, il notaio A.A..

Resistono con separati controricorsi F.L. e la MMI Assicurazioni s.p.a. (già La Nationale C.I.A.R.), che ha anche proposto ricorso incidentale condizionato, con un unico motivo, illustrato da memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi.

Con il primo motivo del ricorso principale il notaio A.A. propone due censure.

La prima riguarda l’atto in data 27 novembre 1990, con il quale F.L., che era intervenuta nello stesso anche quale procuratrice della venditrice, aveva acquistato un immobile in (omissis) da *****

In proposito, in primo luogo, nel lamentare la mancata applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 2, il quale espressamente stabilisce che il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, deduce testualmente:

Diligenza che avrebbe dovuto portare la F. a rendersi conto della situazione giuridica del bene che andava alienando e ciò perchè addirittura assumeva responsabilità in proprio quando andava dichiarando nel rogito che il bene oggetto della vendita non risultava gravato da pesi o vincoli pregiudizievoli.

E allora se il rogito risultava agganciato alla manifestazione di volontà della F. che risultava acquirente e venditrice di quel bene (per effetto di procura con la quale veniva autorizzata a vendere l’immobile a terzi o a se stessa) qualsivoglia profilo di negatività doveva sempre restare agganciato alla volontà dalla stessa manifestata.

Ed ancora:

In tema va ancora osservato che nella redazione del contratto che registrava la F. nella ricordata duplice veste non ricorreva obbligo di sorta nei sensi indicati dalla Corte perchè le indagini ipotecarie che si richiedono al notaio hanno la funzione di garantire la parte acquirente in ordine alla inesistenza di vincoli gravanti sul bene oggetto della contrattazione, ma tutto ciò le quante volte si tratti di acquirente come persona diversa dal debitore.

Quando però è la stessa venditrice che acquista, viene meno quella particolare tutela perchè l’acquirente è perfettamente a conoscenza di ciò che ella stessa propone di trasferire.

Si tratta di argomentazioni che non hanno pregio.

A prescindere dalla dubbia esattezza del riferimento all’art. 1227 c.c., comma 2, il quale presuppone l’esistenza di un illecito, ma limita il risarcimento per il comportamento del danneggiato, mentre nella specie il notaio ricorrente in via principale contesta l’esistenza stessa di una propria responsabilità, è senz’altro errata l’affermazione secondo la quale, nella specie, in sostanza, coincidendo nella stessa persona acquirente e venditrice, la prima non potrebbe pretendere il risarcimento dei danni che si era causata come venditrice.

Quando, infatti, il rappresentante contrae con se stesso, non viene ad essere concluso un contratto con una sola parte (essendo inconcepibile, ad es., che il proprietario di un bene venda a se stesso), ma emette due dichiarazioni di volontà, una in proprio e l’altra nella qualità di rappresentante dell’altra parte, con la quale, però, non si identifica.

Applicando tali principi alla fattispecie in esame ne deriva che F.L., quando ha garantito, quale procuratrice di L. M., la libertà da pesi o vincoli pregiudizievoli dell’immobile che andava ad acquistare in proprio (ammesso che le fosse stato conferito anche tale potere) non si precludeva il potere di agire nei confronti della venditrice (dalla stessa rappresentata) per ottenere il risarcimento dei danni subiti quale acquirente per l’esistenza di tali pesi o vincoli. Ne consegue ulteriormente che non poteva escludersi la responsabilità del notaio rogante per non avere effettuato le visure ipotecarie o per non avere consigliato a F. L., quale acquirente, di effettuarle a sua cura.

Sempre con riferimento all’atto in data 27 dicembre 1990 deduce il notaio ricorrente in via principale:

.. non ha considerato il giudice del gravame che non poteva sussistere o sopravvivere alcuna obbligazione perchè si era verificato il fenomeno della confusione ai sensi dell’art. 1253 c.c..

Infatti a tenore di detta norma la obbligazione si estingue quando nella stessa persona si riuniscono le qualità di creditore e debitore.

Questo profilo non è stato assolutamente considerato dal giudice dell’appello, il quale è giunto alla aberrante conclusione che il notaio A. dovrebbe rispondere del danno subito dalla F. a causa e per effetto delle false dichiarazioni dalla stessa rese come venditrice ed acquirente nel relativo rogito.

In senso contrario (a prescindere dalla eventuale novità, con conseguente inammissibilità, della questione, in quanto si afferma che i giudici di merito non l’hanno esaminata, ma non si deduce anche che la stessa era stata espressamente sollevata), è sufficiente osservare che in tal modo si presume che nel caso di rappresentante che contrae con se stesso le due parti si identificano, il che, come si è visto, non è esatto.

Con riferimento all’atto in data 5 settembre 1991 il notaio A. A. denuncia, in primo luogo, violazione dell’art. 1367 cod. civ., in base al quale il contratto o le singole clausole devono essere interpretate nel senso in cui possono avere qualche effetto anzichè in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno e deduce che i giudici di merito avrebbero dovuto spiegare quale era la funzione della dichiarazione sottoscritta successivamente alla stipulazione dell’atto pubblico, se la stessa non costituiva una rinuncia a far valere l’eventuale responsabilità del notaio per la mancata effettuazione delle visure.

La doglianza è fondata.

In effetti la Corte di appello si è limitata ad una interpretazione meramente letterale di tale dichiarazione, escludendo sia che la stessa potesse costituire una dispensa preventiva dalla effettuazione delle visure, sia che potesse valere come rinuncia ad una eventuale responsabilità del notaio per la mancata effettuazione di tali visure, senza spiegare, con riferimento a tale seconda ipotesi, quale sarebbe stata la funzione di tale documento, in considerazione anche del fatto che lo stesso risultava essere stato consegnato al notaio rogante. viene in tal modo, ad essere assorbita l’ulteriore doglianza con la quale si deduce che i giudici di merito hanno trascurato di considerare che F.L., secondo quanto sostenuto da D. C., era già l’effettiva proprietaria dell’immobile, in quanto il precedente atto di trasferimento dalla stessa in suo favore era simulato, per cui non poteva invocare la tutela dell’acquirente in relazione ad un atto di trasferimento destinato semplicemente a ristabilire la coincidenza tra intestazione ed effettiva proprietà del bene.

Con il secondo motivo del ricorso principale il notaio A. A. si duole del fatto che i giudici di merito abbiano ritenuto operante la clausola n. 38 delle condizioni della polizza del contratto di assicurazione stipulato con la società assicuratrice La Nationale.

Deduce in proposito, in primo luogo che nella specie non era sorta alcuna questione tra assicurato ed assicuratore in quanto: Si versava in una diversa ipotesi per la quale la controversia era insorta tra il presunto danneggiato e l’assicurato il quale ai sensi dell’art. 106 c.p.c., correlato all’art. 1917 c.c., aveva il diritto di chiamare in causa il proprio assicuratore il quale "è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questo .. deve pagare ad un terzo in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto.

Orbene, in una fattispecie quale quella testè delineata riesce difficile giustificare il diverso pensiero espresso dal giudice di appello nella impugnata pronuncia.

Non ha considerato questi che la chiamata in causa del terzo svolge anche e soprattutto una funzione di garanzia per quest’ultimo il quale viene posto nella condizione di poter partecipare al giudizio assumendo tutte le difese utili o a contrastare la responsabilità dell’assicurato oppure a contenere il quantum. Una presenza costruttiva che talvolta è utile per vanificare eventuali collusioni tra danneggiato e assicurato.

La doglianza è infondata.

Quando, come nella specie, l’assicuratore chiamato in garanzia dall’assicurato eccepisce la inoperatività della garanzia, sorge una questione tra assicurato ed assicuratore, per cui correttamente i giudici di merito hanno affermato la operatività della clausola n. 38, cit., a nulla rilevando, a tal fine, la opportunità della partecipazione dell’assicuratore al giudizio tra danneggiato e danneggiante-assicurato.

Il notaio A.A. ribadisce, poi, di non avere mai sottoscritto la clausola che prevedeva l’arbitrato irrituale, da ritenere vessatoria ai sensi dell’art. 1469 bis cod. civ..

Anche tale doglianza è infondata, in base alla assorbente considerazione che nessun argomento viene svolto per contrastare l’esattezza della affermazione della sentenza impugnata, secondo la quale per la validità ed efficacia della clausola compromissoria inserita tra le condizioni predisposte da uno dei contraenti non è necessaria la specifica approvazione scritta quando il contratto-tipo sia stato elaborato dalle contrapposte associazioni di categoria.

Il ricorso incidentale con il quale la società assicuratrice si duole del fatto che i giudici di merito non abbiano affermato che nella specie la copertura assicurativa non era operante, è inammissibile in quanto la questione non risulta esaminata nella sentenza impugnata, nè viene denunciata una omessa pronuncia (nello stesso ricorso incidentale si afferma che la questione era stata sollevata in primo grado, ma non anche riproposta in appello).

In definitiva, riuniti i ricorsi, va accolto il primo motivo del ricorso principale e rigettato il secondo motivo dello stesso ricorso ed il ricorso incidentale; in relazione alle doglianze accolte la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, per un nuovo esame, ad altra sezione della Corte di appello di Roma, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte riunisce i ricorsi; accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il primo motivo del ricorso principale, rigetta il secondo motivo dello stesso ricorso ed il ricorso incidentale; in relazione al motivo accolto cassa la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Lecce anche in ordine alle spese del giudizio di Cassazione.

Redazione