Corte di Cassazione Civile sez. II 27/2/2008 n. 5131; Pres. Elefante A.

Redazione 27/02/08
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Svolgimento del processo

Con atto notificato il 23 marzo 1984 F.V., proprietaria di un terreno in (omissis), Via (omissis) – premesso che F.I., proprietaria di un terreno confinante con il suo, e C.M. avevano costruito un fabbricato di quattro piani ed uno sgabuzzino senza rispettare le dovute distanze dal confine,ed avevano realizzato al piano terreno di tale fabbricato un terrazzo che aveva creato una veduta anch’essa a distanza irregolare dal confine-conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di quella città, le predette F.I. e C.M. onde ottenere la riduzione in pristino dello stato dei luoghi ed il risarcimento dei danni subiti.

Costituitesi, le convenute deducevano che il fabbricato, in quanto edificato in zona destinata dal piano regolatore del Comune di Avezzano ad attrezzature di servizio,non era soggetto al rispetto di alcuna distanza, e che comunque esse, poichè il primo piano di tale fabbricato esisteva da oltre venti anni, avevano usucapito il diritto di mantenerlo nella sua attuale posizione.

Esperite una consulenza tecnica ed una prova per testi, con sentenza del 18 marzo 1994 l’adito Tribunale condannava le convenute ad arretrare fino alla distanza di cinque metri la loro costruzione sul rilievo che:

– poichè la predetta costruzione era stata realizzata in una zona destinata a servizi, e quindi soggetta, secondo il Piano Regolatore generale del Comune di Avezzano, a vincolo di inedificabilità, nella specie doveva trovare applicazione la prescrizione generale del regolamento edilizio di tale Comune che imponeva una distanza minima tra edifici ed aree non edificate pari alla metà dell’altezza del fabbricato e comunque non inferiore a metri cinque;

– il consulente tecnico aveva accertato che il fabbricato e lo sgabuzzino realizzati dalle convenute erano stati posti ad una distanza inferiore a cinque metri dal confine e che il terrazzo al piano terra insisteva con un lato sul medesimo confine;

– la sollevata eccezione di usucapione non poteva essere accolta perchè la F.I. e la C. non avevano fornito prova del fatto che il fabbricato preesistesse ai lavori eseguiti nel 1977 e che i medesimi lavori non avessero modificato la sua originaria posizione.

Proposto gravame da F.I., con sentenza del 14 aprile 2003 la Corte d’appello de L’Aquila rigettava l’impugnazione e condannava l’appellante alle maggiori spese del grado.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per Cassazione F. I. sulla base di cinque motivi. Resiste con controricorso F. V..

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

Rileva preliminarmente il Collegio che C.M., che aveva partecipato al giudizio di primo grado ed era stata condannata dal Tribunale, unitamente all’altra convenuta F.I., ad arretrare fino alla distanza di cinque metri la costruzione dalle predette edificata, non è stata chiamata in giudizio nella sede di appello in cui il gravame avverso la decisione del primo giudice è stato proposto dalla sola F.I..

Orbene, per consolidata giurisprudenza di legittimità, (vedi da ultima Cass. n. 8854/2007), quando più soggetti vengano chiamati congiuntamente in giudizio da altri soggetti o "iussu iudicis" e vi partecipino poi attivamente costituendosi o lo subiscano rimanendo contumaci, si determina, in ogni caso, una situazione di litisconsorzio processuale che, pur ove non sia configurabile anche un litisconsorzio di carattere sostanziale, da luogo, tuttavia, alla formazione di un rapporto che, ai fini dei giudizi di gravame, soggiace alla disciplina propria delle cause inscindibili e pertanto impone, nei successivi gradi o fasi del giudizio,la presenza dei soggetti tutti già presenti in quelli pregressi, ove non esplicitamente estromessi.

Di conseguenza,nel caso in cui la parte che propone l’impugnazione non provveda a notificarla alle altre parti, all’omissione deve porre rimedio, ex art. 331 c.p.c., il giudice dell’impugnazione stessa, cui, salva la decisione finale, non è consentito di eludere "in limine" tale disposizione con un diverso apprezzamento della situazione processuale, essendo, per contro, tenuto in ogni caso a disporre l’integrazione del contraddittorio per il solo fatto che la parte chiamata a partecipare al precedente grado o fase del giudizio non sia stata citata in quello d’impugnazione.

E qualora, come nel caso di specie, l’integrazione del contraddittorio non sia stata disposta nel giudizio d’appello, tale omissione determina la nullità dell’intero procedimento di secondo grado, rilevabile (anche d’ufficio) in sede di legittimità, con la conseguenza che la Corte di Cassazione è tenuta a rimettere, ai sensi del combinato disposto egli artt. 331 e 383 c.p.c., le parti dinanzi al giudice d’appello per un nuovo esame della controversia, previa integrazione del contraddittorio nei confronti della parte pretermessa (vedi, tra le tante, Cass. n. 8519/2004).

Alla stregua delle svolte considerazioni,che non consentono l’esame dei motivi di ricorso, la sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio della causa ad altra Sezione della Corte d’appello de L’Aquila che provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, pronunciando sul ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa,anche per le spese del giudizio di Cassazione, ad altra sezione della Corte d’appello de L’Aquila.

Redazione