Corte di Cassazione Civile sez. II 24/5/2010 n. 12620

Redazione 24/05/10
Scarica PDF Stampa
Svolgimento del processo
Con sentenza del 9 luglio 1999 il Pretore di Roma – adito da L., M., A. e E.F. nei confronti dei condomini degli edifici siti in via (omissis) in quella città – confermò il provvedimento possessorio, con cui aveva ordinato ai convenuti di arretrare le sbarre mobili collocate all’accesso di una strada privata di proprietà comune, per consentire il passaggio veicolare fino ai locali con destinazione commerciale appartenenti agli attori;

respinse l’ulteriore domanda di questi ultimi, intesa ad ottenere il risarcimento dei danni che assumevano di aver subito.

La Corte d’appello di Roma – su gravame principale di E.M. (in proprio e quale erede di E.L.), E.A., nonchè Ma., P. e E.A. (quali eredi di E.F.) e su gravame incidentale dei condomini di via (omissis) – con sentenza del 18 febbraio 2004, in riforma della decisione di primo grado, ha rigettato anche la domanda di riduzione in pristino proposta dagli originar attori, ritenendo che fosse mancato nella specie l’elemento soggettivo necessario per la configurabilità di uno spoglio, perchè i convenuti avevano agito in ottemperanza alle prescrizioni degli artt. 87 e 87/A del regolamento generale edilizio del comune di Roma.

E.M. ha proposto ricorso per Cassazione, in base a due motivi. I condomini di via (omissis) si sono costituiti con distinti controricorsi.

Motivi della decisione
Con sentenza n. 1793/08 del 28 gennaio 2008 questa Corte ha rigettato il ricorso che E.M., per gli stessi motivi fatti valere in questa causa, aveva proposto avverso un’altra sentenza della Corte d’appello di Roma, avente contenuto analogo a quella ora in considerazione e pronunciata con riferimento a una diversa sbarra di chiusura, collocata all’accesso di una delle strade private del comprensorio immobiliare in cui sono ubicati i locali di proprietà del ricorrente.

Il collegio condivide tale decisione, sicchè ne viene qui di seguito testualmente trascritta la motivazione, che si attaglia esattamente anche al ricorso qui in esame.

"Il primo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 87 e 87 A del Regolamento generale edilizio del Comune di Roma ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto, in contrasto con la sua ratio ed il suo tenore letterale, che invece garantisce il libero transito dei veicoli, che l’art. 87 A del citato Regolamento imponga lo sbarramento delle strade private sulle vie pubbliche.

Il motivo è infondato.

L’interpretazione della norma regolamentare fornita dal giudice di merito appare corretta e pienamente aderente al suo significato letterale. Tale conclusione si impone invero in forza della chiara formulazione della disposizione in parola, la quale nello stabilire che: "L’autorizzazione a costruire strade private non previste nel Piano particolareggialo di esecuzione può essere concessa in sede di approvazione del piano di lottizzazione dell’isolato, previo impegno da parte del richiedente di provvedere convenientemente alla sistemazione, alla illuminazione ed allo sbarramento della strada privata, agli imbocchi con la strada pubblica, mediante muri, cancellate o termini lapidei collegati o meno a catene", dichiara, nel comma 2, tali limitazioni applicabili anche "alle strade private di fatto già esistenti e nelle quali siano state eseguite costruzioni".

Per contro, l’assunto del ricorrente secondo cui la citata norma regolamentare consentirebbe, nelle predette strade, il libero transito dei veicoli, risulta smentito dall’art. regolamentare citato, comma 3 che ammette tale possibilità ma non in generale, bensì a condizione che siano stati eseguiti i lavori di sistemazione ed assunto l’obbligo di manutenzione previsti dall’art. 87, comma 2 e previa speciale autorizzazione da parte del Comune, condizioni la cui esistenza, nel caso concreto, non risulta essere stata nè allegata nè tanto meno dimostrata dai ricorrenti.

L’interpretazione della norma regolamentare accolta dalla Corte di merito, da cui questa fa discendere la doverosità del comportamento dei Condomini che hanno provveduto allo sbarramento della strada privata in questione, con conseguente esclusione della illiceità del fatto lamentato, merita quindi di essere condivisa.

Il primo motivo va pertanto respinto.

Il secondo motivo di ricorso denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1168, 1027 e 1028 c.c., ed insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, per avere la Corte Territoriale, nell’escludere che la condotta denunziata integrasse lo spoglio, del tutto omesso di considerare la destinazione commerciale dei locali dei ricorrenti e che, di conseguenza, la sbarra mobile contestata ostacolava il raggiungimento degli stessi da parte dei clienti, con grave danno degli istanti.

Questo motivo va dichiarato assorbito, atteso che il suo eventuale accoglimento non potrebbe mai travolgere la sentenza impugnata, la quale continuerebbe a fondarsi sull’altra ed autonoma ratio decidendi che ha rigettato la domanda dei ricorrenti in ragione della rilevata mancata illegittimità della condotta dei convenuti, tale da escludere la ricorrenza, in concreto, del c.d. animus spoliandi".

Il ricorso viene pertanto rigettato, con conseguente condanna del ricorrente a rimborsare ai resistenti le spese del giudizio di cassazione, che si liquidano, per ognuno, in 200,00 Euro, oltre a 1.500,00 euro per onorari, con gli accessori di legge.

P.Q.M.
LA CORTE rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare ai resistenti le spese del giudizio di cassazione, liquidate, per ognuno, in 200,00 Euro, oltre a 1.500,00 Euro per onorari, con gli accessori di legge.

Redazione