Corte di Cassazione Civile sez. II 24/5/2010 n. 12617

Redazione 24/05/10
Scarica PDF Stampa
Svolgimento del processo
Con citazione del maggio 1989 D.R., deducendo che Z.A., proprietario del quartino sovrastante, contraddistinto con il n. 13, aveva costruito un locale bagno, che occupava l’area di un cavedio e oscurava le aperture del latistante magazzino di sua proprietà, chiedeva la condanna del convenuto all’eliminazione delle opere con ripristino dello stato dei luoghi.

Il convenuto, costituitosi, contestava l’avverso dedotto e, assumendo che la proprietà dell’attore versava in stato di degrado, con pericolo di infiltrazioni di umidità nel proprio appartamento, chiedeva in via riconvenzionale la condanna dello stesso all’esecuzione delle opere di manutenzione necessarie per evitare il lamentato pericolo.

Il Tribunale, esperita c.t.u., con sentenza n. 259/97 condannava il convenuto a demolire il locale bagno edificato a sbalzo sul muro perimetrale condominiale, in quanto costruito senza il consenso dei condomini, con lesione del diritto di costoro sul bene comune e con privazione di aria e luce in precedenza godute dal sottostante immobile del D.; rigettava la riconvenzionale del convenuto, che condannava al pagamento di un terzo delle spese di lite.

La Corte di Appello di Genova con sentenza n. 42/04, depositata il 18.12.03, rigetta tanto l’appello principale proposto dallo Z. quanto quello incidentale del D., confermando la decisione del Tribunale e compensando per intero le spese del grado.

Per la cassazione della decisione ricorre lo Z. esponendo due motivi, cui resiste l’intimato con controricorso.

Motivi della decisione
Con il primo motivo del ricorso si ripropone la questione della legittimazione passiva della domanda, avanzata in sede conclusionale di primo grado sul presupposto, non provato, che l’appartamento, ove era stato costruito il locale bagno, apparteneva in proprietà alla società semplice *****, cui era stato venduto da tale B.M. L. con atto per notaio **** 19.1.1984, mentre lo Z.A. ne era divenuto l’amministratore unico.

Con il secondo motivo di ricorso si contesta l’addebitabilità dei fatti allo Z., per avere costui agito in nome della società e perchè il manufatto era di epoca precedente al 19.7.1989. inammissibile, perchè coperta dal giudicato, è la prima questione, in quanto, avanzata in sede conclusionale di primo grado, non è stata riproposta in sede di appello.

Ed invero, pur volendosi accedere alla tesi della rilevabilità di ufficio della vexia questio, la medesima trova la preclusione del giudicato, stabilita dall’art. 346 c.p.c., per non essere stata riproposta in sede di appello.

Non migliore sorta incontra il secondo motivo di ricorso, perchè attiene ad una questione di fatto, non suscettibile di esame in sede di legittimità, perchè alla medesima è stata data adeguata risposta.

Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile e il ricorrente sopporta le spese del presente giudizio.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spose del giudizio di Cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200, 00 per spese, oltre spese generali ed oneri accessori come per legge.

Redazione