Corte di Cassazione Civile sez. II 21/4/2008 n. 10324; Pres. Pontorieri F., Est. Mazzacane V.

Redazione 21/04/08
Scarica PDF Stampa

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 22.1.2000 il Condominio di (omissis) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Torino la S.n.c. Samoa chiedendo dichiararsi la illegittimità dell’apertura da quest’ultima praticata nel muro perimetrale dell’edificio condominiale al confine con l’adiacente Condominio di (omissis), nonchè la condanna della convenuta ad eliminare tale apertura ripristinando il muro prima esistente.

L’attore assumeva che la società Samoa, proprietaria dell’unità immobiliare sita al piano terreno, aveva richiesto nel 1991 all’assemblea condominiale l’autorizzazione a realizzare una apertura di collegamento con altra unità immobiliare sita nel Condominio di (omissis) in cui la convenuta aveva la sede sociale, e che l’assemblea aveva rifiutato di concedere tale autorizzazione;

aggiungeva che la Samoa aveva aperto comunque il collegamento nel dicembre del 1998 e che tale apertura configurava un uso illegittimo della cosa comune ed era altresì vietata dalle disposizioni del regolamento condominiale.

La convenuta restava contumace.

Con sentenza del 5.3.2002 il Tribunale di Torino dichiarava l’illegittimità della suddetta apertura e condannava la Samoa alla sua eliminazione ed al ripristino del muro perimetrale.

Proposto gravame da parte della Samoa Ristorante cui resisteva il Condominio di (omissis) la Corte di Appello di Torino con sentenza del 17.9.2003 ha rigettato l’impugnazione.

Per la cassazione di tale sentenza la società Samoa Ristorante ha proposto un ricorso affidato ad un unico motivo cui il Condominio di (omissis) ha resistito con controricorso depositando successivamente una memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo formulato la società ricorrente, denunciando violazione dell’art. 1102 c.c., censura la sentenza impugnata per aver ritenuto illegittima l’apertura praticata dalla società Samoa nel muro perimetrale dell’edificio condominiale al confine con il vicino Condominio di (omissis) in quanto in tal modo si imponeva la costituzione di una servitù di passaggio a favore di un altro immobile estraneo al Condominio.

La ricorrente, premesso che l’art. 1102 c.c., assicura a ciascun condomino le più ampie possibilità di godimento della cosa comune, purchè venga rispettato il divieto di alterarne la destinazione e di impedirne il pari uso da parte degli altri Condomini, rileva che nella specie occorreva solamente accertare se il varco aperto nel muro comune che divide il Condominio di (omissis) dall’immobile di proprietà dell’esponente compreso nel Condominio di (omissis) dove veniva gestito il Ristorante Samoa ostacolasse il godimento della cosa comune da parte degli altri condomini o arrecasse danno alla staticità dell’edificio o alla sua estetica o se imponesse un peso agli altri condomini; tali evenienze erano in realtà escluse, trattandosi di muro interno a proprietà esclusiva inutilizzabile dagli altri condomini perchè intercluso tra due proprietà private, e perchè inoltre, trattandosi dell’apertura di un preesistente armadio a muro interno in mattoni, non vi erano danni all’estetica ed alla stabilità dell’edificio.

La ricorrente rileva inoltre che la disposizione dell’art. 1102 c.c., esclude che la suddetta apertura del muro condominiale possa dar luogo alla costituzione di servitù, in quanto tale apertura è solo espressione del diritto di ciascun condomino di utilizzare come meglio crede la cosa comune nel rispetto dei limiti sopra richiamati;

pertanto nella fattispecie a trarne utilità dall’apertura del muro condominiale era l’esponente quale partecipante al Condominio di (omissis) e non l’immobile estraneo a tale Condominio.

La censura è infondata.

La sentenza impugnata ha ritenuto illegittimo il comportamento della società Samoa che aveva proceduto all’apertura di un varco nel muro perimetrale dell’edificio condominiale al fine di realizzare un collegamento fra la sua unità immobiliare compresa nel Condominio di (omissis) ed altro immobile pure di sua proprietà estraneo al suddetto Condominio e facente parte di un altro edificio condominiale vicino; in proposito ha evidenziato che l’art. 1102 c.c. – che attribuisce ad ogni partecipante alla comunione la facoltà di usare la cosa comune per conseguirne una maggiore utilità purchè resti immutata la sua destinazione e venga salvaguardato il diritto degli altri partecipanti di farne parimenti uso – opera esclusivamente nei rapporti tra i condomini dello stesso edificio condominiale, e non riguarda al contrario i rapporti tra il condominio ed il proprietario del fondo contiguo, cosicchè ogni condomino può disporre della cosa comune per ritrarne maggior godimento con riferimento all’unità immobiliare inclusa nello stabile condominiale e non invece in relazione a proprietà situate al di fuori dello stesso; pertanto non può essere consentito al singolo condomino di utilizzare la cosa comune a servizio di un altro immobile di sua proprietà non compreso nell’edificio condominiale perchè ciò comporterebbe inevitabilmente l’imposizione di una servitù sulla cosa comune per la cui costituzione è necessario il consenso di tutti i condomini.

Orbene tale convincimento è pienamente condivisibile e conforme all’orientamento consolidato di questa Corte secondo cui i muri perimetrali di un edificio condominiale sono destinati al servizio esclusivo dell’edificio stesso, di cui costituiscono parte organica per la suddetta funzione e destinazione, cosicchè possono essere utilizzati dal singolo condomino solo per il miglior godimento della parte del fabbricato di sua proprietà esclusiva, ma non possono essere usati, senza il consenso di tutti i comproprietari, per l’utilità di altro immobile di proprietà esclusiva di uno dei condomini e costituente una unità distinta rispetto all’edificio comune, in quanto ciò comporterebbe la costituzione di una servitù a carico del suddetto edificio per la quale occorre il consenso di tutti i comproprietari; pertanto costituisce uso indebito della cosa comune, alla stregua dei criteri indicati nell’art. 1102 c.c., l’apertura praticata dal condomino nel muro perimetrale dell’edificio condominiale per mettere in collegamento una unità immobiliare di sua esclusiva proprietà, esistente nell’edificio condominiale, con altro immobile, sempre di sua proprietà, ricompreso in un diverso stabile condominiale (Cass. 7.3.1992 n. 2773; Cass. 13.1.1995 n. 360;

Cass. 18.2.1998 n. 1708; Cass. 22.12.2000 n. 16117; Cass. 19.4.2006 n. 9036).

Alla luce di tale indirizzo, cui questa Corte ritiene di poter pienamente aderire, la censura della ricorrente si rivela infondata in particolare nella parte in cui riconduce la legittimità della apertura praticata nel muro perimetrale condominiale alle facoltà attribuite al singolo condomino dall’art. 1102 c.c., trascurando di considerare che tale apertura può dar luogo all’acquisto di una servitù a carico delle parti comuni dell’edificio condominiale ed in favore della proprietà immobiliare non compresa nel Condominio di (omissis); in altri termini l’art. 1102 c.c., consente al singolo partecipante alla comunione una più intensa utilizzazione della cosa comune in quanto condomino, e non quale terzo proprietario di altro immobile non compreso nell’edificio condominiale, come correttamente affermato dalla sentenza impugnata.

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di Euro 100,00 per spese e di Euro 2000,00 per onorari di avvocato.

Redazione