Corte di Cassazione Civile sez. II 18/3/2010 n. 6556

Redazione 18/03/10
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Svolgimento del processo
Con atto notificato il 6 giugno 2001 la Utac Viaggi srl proponeva gravame avverso la sentenza resa dal Giudice di pace di Brindisi il 3 aprile 2001 con la quale era stata rigettata l’opposizione proposta dalla stessa Utac contro il decreto ingiuntivo emesso in favore dell’avv.to M.A. per il pagamento della somma di L. 4.847.760 a titolo di competenze per l’attività giudiziale svolta in suo favore nella causa promossa contro C.N. ed avente ad oggetto riduzione del canone di locazione,risarcimento danni da inadempimento del locatore e restituzione somme.

Chiedeva l’appellante declaratoria di nullità ed inefficacia del decreto ingiuntivo o comunque la revoca dello stesso o in subordine una congrua riduzione dei liquidati compensi professionali; instava altresì per la condanna dell’avversario al risarcimento dei danni da liquidarsi secondo giustizia come richiesto con la domanda riconvenzionale proposta in prime cure. Prodotta varia documentazione,con sentenza del 30 ottobre 2003 il Tribunale di Brindisi rigettava l’impugnazione e condannava l’appellante alle maggiori spese del grado.

Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la Utac Viaggi srl sulla base di tre motivi.

Resiste con controricorso M.A., che ha anche depositato memoria.

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si denunzia,in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in materia di onere della prova,nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Osserva parte ricorrente che il M. non aveva fornito, come era suo onere, la prova piena e rigorosa delle prestazioni professionali di cui chiedeva il pagamento ed anzi aveva associato arbitrariamente alla difesa l’avv.to R.V. senza informare di ciò l’amministratore di essa UTAC, cagionando per il suo comportamento negligente e gravemente inadempiente danni ad essa società che, sia pur richiesti in via riconvenzionale, non erano stati valutati dal giudice "a quo".

La doglianza è infondata.

Ha invero affermato il Tribunale,con motivazione adeguata,esente da vizi logici e da errori di diritto e pertanto incensurabile nell’attuale sede di legittimità:

che in atti era ampiamente documentata l’attività professionale svolta dall’avvocato M. per conto della Utac Viaggi nella causa promossa da quest’ultima contro C.N. ed avente ad oggetto l’accertamento dell’inadempimento del locatore e le domande di riduzione del canone di locazione,di restituzione di somme e di risarcimento danni per vizi dell’immobile, risultando in particolare prodotti dinanzi al giudice di pace sia gli atti introduttivi di quel giudizio sia copia dei verbali di causa;

che era del tutto irrilevante il fatto che l’avv.to R.V. (soggetto terzo rispetto al presente giudizio) avesse o meno svolto una qualche attività professionale per conto della UTAC Viaggi ed all’insaputa di quest’ultima trattandosi di circostanze del tutto estranee al giudizio in corso avente per oggetto l’accertamento dell’attività giudiziale prestata personalmente dal M. per conto della Utac ed in forza di mandato rilasciatogli dal legale rappresentante della società;

che pienamente legittimo era il rigetto da parte del primo giudice della domanda riconvenzionale proposta dalla Utac Viaggi per il risarcimento dei danni che sarebbero stati provocati dalla condotta professionalmente negligente ed illegittima del M., atteso che nel corso del giudizio non era emersa la prova di alcun comportamento professionale dell’attuale resistente che potesse esser qualificato tale o disciplinarmente censurabile.

Con il secondo mezzo si deduce, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2233 c.c..

Rileva la ricorrente l’eccessività del liquidato compenso rispetto alla modesta opera prestata dal professionista, soprattutto in considerazione del fatto che il medesimo all’epoca delle prestazioni era iscritto nel Registro dei Praticanti Procuratori.

Deduce che in ogni caso il giudice "a quo" avrebbe quanto meno dovuto attenersi alle disposizioni di cui all’art. 2233 c.c., disapplicando la tariffa forense per violazione degli artt. 85 e 86 del Trattato di Roma come da pronuncia della Corte di giustizia Europea C – 35/96 del 18 giugno 1998.

Le censure non hanno pregio.

Invero con motivazione del pari adeguata il Tribunale ha insindacabilmente in questa sede ritenuta pienamente legittima e congrua sia la liquidazione degli onorari operata dall’Ordine degli Avvocati di Brindisi e confermata dal giudice di pace, sia la liquidazione dei diritti effettuata da quest’ultimo dovendo il giudizio promosso contro il C. – ed avente ad oggetto la domanda di rimborso delle spese sostenute dalla Utac in qualità di conduttore in locazione per il rifacimento dell’impianto elettrico nonchè la domanda di riduzione del canone di locazione per l’esistenza di gravi vizi dell’immobile ed infine quella di risarcimento danni ex art. 1578 c.c., considerarsi di valore indeterminabile o comunque non inferiore a L. 10.000.000. Da ciò conseguiva che in base alle tariffe vigenti gli onorari erano stati liquidati dal giudice di primo grado assolutamente entro i limiti medi ed in misura comunque da ritenersi congrua in relazione all’importanza dell’attività svolta dal professionista consistita oltre che nella redazione della citazione,nella partecipazione ad almeno otto udienze nel corso delle quali erano state ammesse ed espletate prove testimoniali e consulenza tecnica d’ufficio. Competevano pertanto al professionista tutte le voci di onorari riconosciute dall’Ordine in sede di liquidazione ed inoltre tutte le singole voci dei diritti riportate nella specifica a firma dello stesso avvocato M. e allegate al fascicolo di parte, mentre si era correttamente proceduto alla riduzione degli importi dei diritti di procuratore del 50% per tutto il periodo nel corso del quale il M. era ancora iscritto all’albo degli esercenti la pratica forense.

Quanto,poi,al dedotto obbligo del giudice di merito di attenersi alle disposizioni dell’art. 2233 c.c., disapplicando la tariffa forense per violazione degli artt. 85 e 86 del Trattato di Roma come da pronuncia della Corte di Giustizia Europea C – 35/96 del 18 giugno 1998 è sufficiente ricordare che secondo il mutato orientamento espresso dalla stessa Corte di giustizia con la sentenza 19 febbraio 2002 (causa C – 35/99) è stata al contrario ritenuta legittima l’applicazione delle tariffe professionali (nella specie forensi) che fissano i minimi e i massimi degli onorari dei membri degli ordini professionali qualora, come è avvenuto in Italia, siano adottate con misura legislativa o regolamentare da parte di uno stato membro dell’Unione Europea (vedi Cass. n. 12745/2006). Con il terzo motivo si denuncia,infine,in riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., per non aver il Tribunale compensato in tutto o in parte le spese e competenze del giudizio sia in primo grado che in appello liquidandole,tra l’altro,in entrambi i gradi, in misura eccessiva e sproporzionata all’attività svolta.

La doglianza è infondata giacchè entrambi i giudici di merito si sono attenuti al criterio della soccombenza mentre in ordine alla dedotta eccessività della liquidazione delle spese parte ricorrente non ha specificato le singole partite contestate nè ha indicato le eventuali voci violate della tariffa professionale.

Alla stregua delle svolte argomentazioni il proposto ricorso va respinto con la condanna della ricorrente alle spese di questo giudizio,liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore di M.A., delle spese del presente giudizio,che liquida in Euro 200,00 oltre ad Euro 800,00 per onorari, con gli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2010.

Redazione