Corte di Cassazione Civile sez. II 14/3/2008 n. 7043; Pres. Corona R., Est. Migliucci E.

Redazione 14/03/08
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Svolgimento del processo

L.R. e L.L. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze il Condominio di Via (omissis) per sentire annullare la delibera con cui l’assemblea del 25-2-1992 aveva posto anche a loro carico le spese di restauro della facciata perimetrale di un manufatto ubicato sopra la copertura del fabbricato denominato " stanza sopra vano scala".

Deducevano al riguardo la loro estraneità ai lavori,in quanto relativi a un vano di cui non avevano l’uso e dal quale non ne traevano alcun vantaggio.

Il convenuto chiedeva il rigetto della domanda, rilevando che il manufatto in oggetto doveva considerarsi di natura condominiale, perchè aveva funzione di copertura dell’edificio e le sue pareti dovevano considerarsi alla stregua di muri maestri.

Con sentenza del 15 settembre 1999 il Tribunale rigettava la domanda, Con sentenza del 29 marzo 2000 la Corte di appello di Firenze, in parziale accoglimento dell’impugnazione proposta dagli attori,riteneva questi ultimi tenuti a contribuire alle spese relativamente soltanto a uno dei muri del vano ubicato al piano superiore del predetto manufatto.

Secondo i giudici di appello, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, doveva escludersi che avessero natura condominiale le quattro pareti del corpo di fabbrica realizzato sul lastrico solare,non avendo le stesse la funzione di reggere la copertura dell’edificio che per quasi tutta la sua estensione era munito di una sua copertura a lastrico solare; in realtà, le predette pareti davano vita a un manufatto architettonicamente aggiuntivo, composto da due piani, il primo ubicato alla stessa quota della terrazza circostante, alla quale dava accesso ed adibito a stenditoio, il secondo al piano superiore con la specifica funzione di ricovero dell’ascensore.

La funzione di copertura del vano scala, assolta dal piano di calpestio del piano superiore,era passata per forza di cose al solaio che ricopre quest’ultimo, tant’è vero che gli appellanti non avevano rifiutato di partecipare alle relative spese di manutenzione, discendendo tale obbligo dagli artt. 1117 e 1123 c.c., che presuppongono la natura condominiale del lastrico solare,indipendentemente dall’appartenenza del piano ad esso sottostante.

La sentenza ha,quindi, ritenuto che gli attori fossero tenuti alla manutenzione di uno soltanto dei muri del vano ubicato al piano superiore del predetto manufatto,in quanto sopraelevazione di uno dei muri perimetrali dell’edificio e, perciò,da considerare portanti dell’intero edificio, mentre gli altri tre lati, ricadendo all’interno del terrazza, non potevano essere considerati comuni, se non nell’ambito degli stessi condomini cui la sopraelevazione apparteneva,e ciò non diversamente da un piano attico regolarmente abitato: pertanto,gli appellanti non potevano essere tenuti alle relative spese. Peraltro,tale considerazione valeva soltanto per il piano superiore (ove erano allocati il macchinario per l’ascensore e l’ormai dismessa centrale termica di cui gli attori non avevano l’uso) ma non anche per quello sito al piano inferiore che era di proprietà comune perchè serviva da accesso al lastrico solare.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Condominio di (omissis) sulla base di due motivi.

Resistono con controricorso L.R. e L.L..

Le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Con i due motivi il ricorrente,nel lamentare violazione e falsa applicazione dell’art. 1117 c.c., nonchè contraddittorietà della motivazione, sostanzialmente formula la medesima censura, deducendo l’erroneità della sentenza gravata laddove aveva escluso la natura condominiale delle tre pareti che, sorreggendo il lastrico solare di copertura,dovevano avere natura di muri maestri o perimetrali che, in mancanza di titolo contrario, devono presumersi comuni; doveva ritenersi contra legem l’affermazione, secondo cui il primo piano aveva natura condominiale mentre il secondo era di proprietà esclusiva dei condomini che lo usano e il soprastante solaio di copertura era condominiale.

La doglianza è fondata.

La sentenza ha dapprima escluso la condominialità del muri perimetrali del piano superiore del manufatto ubicato sul lastrico solare sul rilievo che il solaio da essi sorretto non svolgeva la funzione di copertura dell’intero edificio:peraltro,nel descrivere il manufatto de quo come un autonomo corpo di fabbrica ubicato sulla terrazza che costituisce il lastrico solare dell’edificio,ha ritenuto comune il solaio di copertura del predetto manufatto in considerazione della funzione di copertura del vano scala.

Il giudice di appello ha quindi limitato l’obbligo degli attori di contribuire alle spese di manutenzione delle pareti relative al piano superiore al solo muro che,in quanto la prosecuzione del muro perimetrale dell’edificio, doveva ritenersi comune.

Orbene,la sentenza,pur avendo ritenuto di proprietà comune il vano ubicato al piano inferiore (perchè adibito a dare accesso al lastrico solare),ha erroneamente escluso che fossero da ritenersi comuni le pareti del piano superiore che,costituendo la proiezione verticale dei muri del piano sottostante, invece erano, ai sensi dell’art. 934 c.c., pure esse oggetto di comunione in assenza di un titolo contrario: oltretutto, le stesse dovevano considerarsi condominiali in relazione alla loro destinazione, avendo necessariamente la funzione di reggere il solaio che, secondo la stessa sentenza, era stato ritenuto di proprietà comune.

Il ricorso va pertanto accolto.

Al riguardo va formulato il seguente principio di diritto: "per stabilire l’appartenenza, in proprietà comune od esclusiva di un condomino, di un manufatto, occorre verificare la natura condominiale o meno del suolo su cui esso sorge, salva l’esistenza del titolo contrario". la sentenza va cassata; non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto,la causa va decisa nel merito,ai sensi dell’art. 384 c.p.c.: deve essere respinta la domanda proposta dagli attori, attesa la legittimità dell’impugnata delibera.

Le spese relative al giudizio di merito e alla fase di legittimità vanno poste in solido a carico dei resistenti.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito,rigetta la domanda proposta dagli attori.

Condanna i resistenti al pagamento in solido in favore del ricorrente delle spese processuali: a) di primo grado, che liquida in Euro 900,00 per spese vive e di consulenza, Euro 750,00 per diritti di procuratore ed Euro 1.000,00 per onorari di avvocato; b) relative al giudizio di appello, liquidate in Euro 150,00 per spese vive, Euro 450,00 per diritti di procuratore ed Euro 900,00 per onorari di avvocato; c) di legittimità, liquidate in Euro 1.600,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre a spese generali ed accessori di legge.

Redazione