Corte di Cassazione Civile sez. II 14/10/2009 n. 21883

Redazione 14/10/09
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FATTO E DIRITTO

Il giudice di pace di Civitavecchia con sentenza del 15 dicembre 2005 accoglieva l’opposizione proposta da C.D. avverso il comune di Cerveteri per l’annullamento del verbale di contestazione n. (OMISSIS) elevato per circolazione in area pedonale senza permesso di accesso. Rilevava che l’ordinanza sindacale di divieto prevedeva la presenza di una catena sorretta con due piloni, che erano però risultati assenti, potendosi riscontrare sul sedime stradale solo due piccoli scavi per erigere i due piloni. Aggiungeva che alcuni cittadini, come il parroco e lo spazzino, beneficiavano personalmente della piazza e che vi era "necessità" degli abitanti delle vie vicine di sostare per pochi minuti, come nel caso di specie.

Il Comune di Cerveteri ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 28 aprile 2006, al quale C. ha resistito con controricorso.

Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso perchè manifestamente fondato.

Fissata l’adunanza in camera di consiglio, veniva disposto per due volte rinvio a nuovo ruolo per notificare l’avviso di udienza al controricorrente personalmente, essendo deceduto il suo difensore domiciliatario. La causa perveniva quindi all’odierna udienza.

Con unico motivo di ricorso, il Comune fondatamente lamenta che l’opponente aveva motivato il ricorso deducendo che il segnale stradale di area pedonale, posto all’ingresso della piazza, non recava sul retro il numero dell’ordinanza. Sostiene la irrilevanza della mancanza dei piloni e della catena, pur previsti dall’ordinanza sindacale, dovendo l’automobilista soggiacere al segnale stradale che vietava l’accesso alla piazza e la sosta.

Il ricorso è fondato. Parte controricorrente nel suo atto difensivo ha confermato la presenza in loco del cartello di divieto di accesso, insistendo sulla mancanza sul retro di esso degli estremi del provvedimento autorizzativo. Peraltro la stessa sentenza riconosce che "il parcheggio era avvenuto in una sottozona interdetta".

Orbene, il giudicante è incorso nella lamentata violazione dell’art. 7 C.d.S., nonchè in illogica motivazione, laddove ha ritenuto che la mancata completa esecuzione dell’ordinanza sindacale, che precludeva l’accesso alla sottozona, valesse a giustificare la violazione del divieto risultante dal segnale presente sul posto. Ai sensi dell’art. 38 del codice gli utenti della strada devono rispettare le prescrizioni rese note a mezzo della segnaletica stradale, ancorchè in difformità con le altre regole di circolazione. Inoltre la stessa norma stabilisce che le prescrizioni dei segnali verticali prevalgono su quelle dei segnali orizzontali. Pertanto la presenza del cartello di divieto imponeva all’automobilista di attenersi alla prescrizione da esso derivante, prescindendo dalla mancata presenza di piloni e catena, la cui apposizione non è condizione di validità del divieto. Si trattava invero di misura meramente rafforzativa del divieto stesso, la cui previsione, attuazione o ritardata attuazione non incideva sulla validità di quanto ordinato e prescritto nelle forme legali. Illogicamente si è preteso quindi di far prevalere sul segnale verticale non un segnale contrastante, ma l’assenza di un segnale rafforzativo di quello esistente, assenza che paradossalmente avrebbe addirittura annullato la prescrizione. Parimenti irrilevante era peraltro la ulteriore pretesa irregolarità (mancanza di estremi dell’ordinanza, risultata tuttavia esistente) denunciata dall’opponente, che nulla toglieva alla validità del segnale. Non è previsto infatti alcun effetto in caso di mancanza di tali estremi (cfr. art. 77 reg. C.d.S. Vedi Cass. 13.4.06 n. 8660).

Discende da quanto esposto l’accoglimento del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo.

Si fa luogo, con decisione di merito ex art. 384 c.p.c., al rigetto dell’originaria opposizione, giacchè non constano altri motivi di opposizione oltre quelli qui disattesi, nè è stato proposto ricorso incidentale.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria opposizione. Condanna parte controricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in Euro 400,00, per onorari, 100,00, per esborsi, oltre accessori di legge.

Redazione