Corte di Cassazione Civile sez. II 11/6/2010 n. 14087

Redazione 11/06/10
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Svolgimento del processo
Con atto notificato il 6 settembre 1988 i coniugi Sc.Ro. e C.N., assumendo di essere proprietari di un immobile costituito da un’abitazione di vani cinque ed accessori posta nel vecchio abitato di (omissis) (immobile confinante con via (omissis) e con proprietà di Gi.An. e V.A.) convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Brindisi, F. e G.A. nonchè S.R., eredi di Gi.An., allo scopo di far accertare che costoro non erano titolari di alcun diritto reale o personale di godimento sulla terrazza sovrastante l’immobile di proprietà di essi istanti.

Precisavano gli attori che in favore di ****** era stata pronunziata, in un giudizio possessorio da lui promosso, sentenza con cui era stata disposta la reintegrazione in possesso della terrazza che sovrastava la loro casa di abitazione ed inoltre l’eliminazione delle opere che su questa erano state costruite.

I coniugi Sc. – C. chiedevano altresì la condanna di F. e G.A. nonchè di S.R. al risarcimento dei danni.

Dei convenuti si costituivano G.A. e S. R., quali eredi legittimi di Gi.An., contestando il fondamento della domanda avversaria e spiegando domanda riconvenzionale. Rilevavano in proposito i convenuti che la terrazza in questione, per la sua struttura e funzione quale terrazza a livello, doveva essere considerata parte integrante dell’immobile di loro proprietà, mentre esercitava rispetto ai vani di proprietà degli attori mera funzione di copertura.

I G. e la S. chiedevano pertanto che si accertasse che la terrazza era parte integrante della loro proprietà, quale terrazza a livello, ed in via subordinata che si dichiarasse che essi ne avevano usucapito la proprietà o l’uso esclusivo con la condanna degli attori alla eliminazione della canne fumarie e del rubinetto di presa d’acqua che costoro avevano installato sulla terrazza durante il periodo dello spossessamento.

Il giudizio petitorio nel quale era stato, poi, citato Sa.

A. su istanza di G.A. e S.R. al fine dell’esercizio della garanzia ai sensi dell’art. 1485 c.c. e art. 1476 c.c., n. 3 era stato definito, dopo l’espletamento di consulenza tecnica disposta d’ufficio e l’assunzione di numerose prove testimoniali, con sentenza del 21 marzo 2001 con cui l’adito Tribunale, rigettata la domanda degli attori nei confronti dei convenuti e del terzo chiamato, accoglieva la riconvenzionale dichiarando che la terrazza a livello, costituita dal lastrico solare di copertura della casa di abitazione degli attori, faceva parte integrante dell’immobile di proprietà G. – S. e condannando alla rimozione delle canne fumarie e del rubinetto di presa d’acqua i coniugi Sc. – C.. Proposto gravame dai soccombenti, con sentenza dell’11 novembre 2004 la Corte d’appello di Lecce, in accoglimento parziale dell’impugnazione, rigettava la domanda riconvenzionale di G.A. e S.R. dichiarando che il lastrico solare in questione era di proprietà degli appellanti.

Condannava gli appellati in solido alle spese del doppio grado anche in favore di Sa.An.. Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione G.A. in proprio e nella qualità di erede di G.F. e S.R. sulla base di due motivi. Resistono con controricorso Sc.Ro. e C.N. che hanno anche depositato memoria.

Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso si denunzia insufficiente, erronea, contraddittoria motivazione circa le modalità di accertamento e valutazione di fatti afferenti a punti decisivi per la controversia;violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 102, 330, 331 e 332 c.p.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4, e 5; intervenuto giudicato.

Contesta la ricorrente l’assunto della Corte del merito secondo cui, sul rilievo della sussistenza di un litisconsorzio necessario ex art. 331 c.p.c. in presenza di cause inscindibili, non si era nel caso di specie formato il giudicato, nonostante l’accertata tardività della notifica dell’atto di appello ad essa G..

Rileva, al contrario, che nella fattispecie, mentre era senz’altro da qualificarsi inscindibile la domanda proposta nei confronti di G.F. e S.R., quella di garanzia per evizione svolta dagli Sc. – C. nei confronti del terzo chiamato Sa., da qualificarsi quale domanda di garanzia impropria, era indubitabilmente scindibile e quindi sottratta in sede di impugnazione alla disciplina dell’integrazione obbligatoria del contraddittorio di cui all’art. 331 c.p.c., regolata invece dall’art. 332 c.p.c., con l’effetto che la regolare notifica dell’appello al chiamato non sanava il giudicato formatosi sul rapporto principale.

La doglianza è infondata.

Invero, poichè nella specie, a seguito della riconvenzionale spiegata dai convenutagli attori di prime cure avevano proposto domanda di garanzia per evizione nei confronti del Sa., avente per consolidata giurisprudenza di legittimità natura di garanzia propria, tra le cause si era instaurato un vincolo di dipendenza tale da giustificare l’assoggettamento delle stesse al regime della conservazione necessaria del litisconsorzio instaurato nella precedente fase del giudizio, in virtù di quanto stabilito dall’art. 331 c.p.c. il cui ambito di applicazione non è circoscritto alle cause inscindibili, ma si estende anche a quelle tra loro dipendenti (vedi Cass. n. 21240/2009). Con la conseguenza che correttamente la Corte salentina ha ritenuto l’appello degli Sc. – C. ammissibile nei confronti di tutte le parti, anche se tardivo nei riguardi della G.A., assumendo l’impugnazione notificata oltre il termine di legge il carattere di atto integrativo del contraddittorio (Cass. n. 1228/2000, n. 7761/2004).

Con il secondo motivo si deduce insufficiente, erronea, contraddittoria motivazione circa le modalità di accertamento e valutazione di fatti afferenti a punti decisivi per la controversia;violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 102, 330, 331 c.p.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c, nn. 3, 4 e 5;

nullità del giudizio e della sentenza.

Rileva la ricorrente che anche ammesso che l’integrazione del contraddittorio potesse considerarsi effettuata nei confronti di essa G.A., alla quale l’atto di appello "integrativo" era stato notificato in data 11 luglio 2001, e nei confronti degli eredi di G.F., ai quali tale atto era stato notificato il 16 luglio 2001, non poteva assolutamente affermarsi che integrazione vi fosse stata nei confronti della S.R., risultando il relativo atto di appello notificato presso il difensore avv.to ************ in luogo diverso da quello dell’elezione di domicilio effettuata in prime cure.

La censura non ha pregio giacchè, a parte che la stessa è stata avanzata per la prima volta in questa sede, non essendo stata la relativa questione nè proposta nè trattata nella precedente fase di gravame di merito, non può certo parlarsi di inesistenza o in subordine di nullità della notifica in discorso non potendo in alcun modo affermarsi che nel caso di specie la consegna dell’atto medesimo sìa avvenuta a persona e in luogo in nessun modo riferibili al destinatario (Cass. n. 4753/2000).

Con il terzo motivo si denunzia insufficiente, erronea e contraddittoria motivazione circa le modalità di accertamento e di valutazione di fatti rilevanti afferenti a punti decisivi per la controversia; violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Lamenta sostanzialmente la ricorrente che i giudici d’appello, disattendendo le prove, non avrebbero tenuto presente che la qualificazione del lastrico come terrazza a livello emergesse anche dalla sua destinazione ad uso esclusivo del suo appartamento e dalla esistenza dell’unica possibilità di accesso a questo. Aggiunge inoltre che i coniugi Sc. – C. si erano sottratti al rigoroso onere probatorio che l’azione di rivendica poneva a loro carico ai sensi dell’art. 948 c.c..

La doglianza non ha fondamento.

La Corte territoriale, con incensurabile apprezzamento di merito, sostenuto da motivazione immune da vizi logici e da errori giuridici, sulla base della relazione tecnica e dell’allegata planimetria ha fissato la situazione di fatto dello spazio conteso.

Ha rilevato quel giudice che "una superficie scoperta che esplichi funzione di copertura del piano o dei piani sottostanti, può ritenersi di proprietà esclusiva del proprietario dell’appartamento da cui si accede alla terrazza stessa, solo quando essa faccia parte integrante da un punto di vista strutturale e funzionale del piano cui la superficie è annessa, di guisa che, prevalendo la destinazione funzionale, la funzione di copertura dei piani sottostanti si profili come meramente sussidiaria". Ed ha aggiunto:

"Invero come emerge dagli atti di causa (v. fotografie allegate al giudizio possessorio) e dalla relazione del ctu, i due immobili siti nel vecchio abitato di (omissis) e confinanti tra loro, sono strutturalmente e funzionalmente indipendenti e autonomi".

Stando così i fatti, esclusa, quindi, l’ipotesi di edificio unico diviso per piani orizzontali singolarmente appartenenti a proprietari diversi, indiscussa essendo l’appartenenza in proprietà ai coniugi Sc. – C. dell’immobile al primo piano di via (omissis), la Corte salentina ha ritenuto che anche la proprietà del lastrico solare sovrastante dovesse appartenere ai medesimi. Alla stregua delle svolte argomentazioni il proposto ricorso va respinto con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore di Sc.Ro. e C.N., delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 200, 00, oltre ad Euro 2.000,00 per onorari, con gli accessori di legge.

Redazione