Corte di Cassazione Civile sez. II 11/2/2009 n. 3389; Pres. Pontorieri F.

Redazione 11/02/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.M. e F.T. convenivano in giudizio A. E. esponendo: che il (omissis) avevano acquistato un fondo sito nel Comune di (omissis) confinante con la strada comunale e con varie proprietà, tra le quali quella di A. E.; che il fondo era stato loro venduto libero da pesi, vincoli, e servitù passive; che sulla particella (omissis) di detto fondo insisteva una stradina, probabilmente realizzata ai primi degli anni (omissis), della quale l’A., senza averne diritto, si serviva per accedere alla strada comunale (omissis); che l’A., invitato a cessare l’esercizio della servitù di transito, aveva sostenuto di aver usucapito il relativo diritto e che, in ogni caso, non vi era altra via per accedere alla sua abitazione; che, al contrario, non era ancora decorso il termine per la prescrizione acquisitiva ed inoltre l’A. aveva la possibilità di accedere alla sua proprietà per altra via.

Gli attori chiedevano quindi che, accertata l’insussistenza della servitù di transito, l’A. fosse condannato al eliminare la strada restituendo la porzione di terreno alla coltivazione agricola e che fosse loro consentito di recintare il fondo in modo da impedirne l’attraversamento.

L’A.resisteva alla domanda deducendo: che la stradina in questione, realizzata da moltissimi anni, era stata da lui sempre utilizzata per accedere al proprio fondo acquistato nel (omissis); che non era possibile realizzare un accesso da via (omissis); che poteva essere ripristinato un vecchio percorso attraverso il quale era possibile accedere alla via (omissis). Questa strada era stata realizzata dal precedente proprietario a servizio di quello che un tempo era un unico fondo e successivamente ricadente nella sua proprietà e in quella degli attori. L’A. proponeva in via gradata due domande riconvenzionali chiedendo, con la prima, la costituzione di una servitù coattiva di passaggio e, con la seconda, il ripristino del vecchio percorso verso la via (omissis) sul quale sosteneva essersi costituita una servitù per destinazione del padre di famiglia.

Con sentenza 20/3/2001 l’adito tribunale di Ancona: dichiarava costituita, con l’atto di divisione 13/2/1975 e per destinazione del padre di famiglia, servitù gratuita di passaggio attraverso le particelle (omissis) per l’accesso alla proprietà A. E. di via (omissis); ordinava agli attori di ripristinare il detto passaggio a proprie cure e spese; dichiarava che il convenuto non aveva diritto alla servitù di passaggio sulla particella (omissis) per l’accesso alla via (omissis); rigettava le altre domande degli attori.

Avverso la detta sentenza M.M. e F.T. proponevano appello al quale resisteva l’A. che spiegava appello incidentale.

Con sentenza 23/1/2004 la corte di appello di Ancona rigettava il gravame principale osservando: che era infondato il primo motivo dell’appello principale circa l’asserita inesistenza della servitù per destinazione del padre di famiglia sulle particelle (omissis) di proprietà M.- F. con accesso sulla via (omissis); che, come accertato dal c.t.u., era sempre esistito un passaggio attraverso le dette particelle che dalla via (omissis) arrivava sino alla corte dei due fabbricati appartenenti all’unico proprietario B.V.; che esisteva quindi la prova che la parte di terreno allo stato di proprietà A. era stata sempre servita dalla stradina evidenziata nella planimetria allegata alla c.t.u.; che con la divisione immobiliare del 1975 l’unico fondo era stato frazionato tra R.D., M.A. (dante causa dell’ A.) e M.C.; che in tale atto di divisione non si menzionava la detta stradina per cui doveva ritenersi costituita la servitù per destinazione del padre di famiglia come affermato dal primo giudice; che era del pari infondato il secondo motivo dell’appello principale posto che le richieste di condanna del convenuto a cessare il transito sulla particella (omissis) e di declaratoria del diritto degli attori di recingere il proprio fondo non avevano ragion d’essere in quanto trattavasi di questioni già comprese ed assorbite nella statuizione della sentenza impugnata e, cioè, nella declaratoria secondo cui il convenuto A. non aveva diritto di passaggio sulla particella (omissis); che quella di recingere il fondo costituiva una precisa facoltà del proprietario ex art. 841 c.c. per cui non era necessaria una pronuncia in tal senso da parte del giudice; che era infondato anche il terzo motivo di appello in quanto l’ordine agli attori di ripristinare il passaggio attraverso le particelle (omissis) era la diretta conseguenza della declaratoria di costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia ed era motivato dal fatto che il detto passaggio, da sempre esistente, era stato ultimamente sbarrato dagli attori e reso inutilizzabile; che il rigetto dell’appello principale e la conseguente integrale conferma della sentenza impugnata esimevano di prendere in esame l’appello incidentale proposto in via subordinata all’accoglimento dell’appello principale.

La cassazione della sentenza della corte di appello di Ancona è stata chiesta da M.M. e F.T. con ricorso affidato a tre motivi illustrati da memoria. A.E. ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale condizionato.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti a norma dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo del ricorso principale il M. e la F. denunciano violazione dell’art. 1062 c.c. e vizi di motivazione deducendo che la corte di appello ha preso in esame la sussistenza del necessario requisito della "apparenza" della servitù e la soluzione positiva è data unicamente con il richiamo alla sentenza Cass. n. 277/1997 senza soffermarsi sulla situazione di fatto oggetto del giudizio. Nella totale assenza di prova a supporto del requisito della "apparenza", e in presenza di prove contrarie, la corte di merito ha affermato l’esistenza del detto requisito per il solo fatto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, per tale requisito sono necessarie opere stabili ed apparenti. Tale decisione è viziata ed illegittima poichè: 1) viola l’art. 1062 c.c.; 2) omette di motivare dando per esistenti e provati fatti insussistenti e indimostrati. Con riferimento alla violazione dell’art. 1062 c.c. i ricorrenti richiamano il principio giurisprudenziale secondo cui:

"qualora un unico fondo venga lasciato con testamento a due eredi, per quote indivise, e poi da questi ultimi, in sede di divisione, sia frazionato in porzioni distinte, la situazione di assoggettamento di fatto dell’una all’altra porzione non può determinare la costituzione di una servitù prediale per destinazione del padre di famiglia con riferimento al momento della successione, tenuto conto che la cessazione dell’appartenenza dell’immobile all’unico proprietario si è verificata solo posteriormente con la divisione della comunione ereditaria". Nella specie dopo la divisione non vi è stato un assoggettamento del fondo di essi ricorrenti al fondo A., nè alcun collegamento di quest’ultimo con la stradina verso via (omissis). La sentenza impugnata ha ignorato quanto dedotto da essi appellanti su tale decisivo aspetto della controversia. La Corte di appello neppure ha affrontato la questione della sussistenza nel caso in esame di opere stabili idonee ad attestare una servitù di transito sulla stradina verso via San Sisto a favore del prefabbricato A..

Le dette censure – con particolare riferimento alla parte relativa ai denunciati vizi di motivazione – sono fondate nei sensi e nei limiti di seguito precisati.

Occorre premettere che, in tema di costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, questa Corte ha avuto modo di affermare i seguenti principi che il Collegio condivide e ribadisce in questa sede:

– la mera esistenza di una strada, come ogni altra sua visibile componente, non è di per sè sola idonea ad integrare il requisito della apparenza, necessario per l’acquisto della servitù per usucapione o per destinazione del padre di famiglia ma è altresì essenziale che essa mostri chiaramente di essere stata posta in essere allo scopo di dare accesso, attraverso il fondo servente, a quello dominante, con la presenza di visibili e permanenti segni ed opere, costituenti indice non equivoco, come mezzo necessario all’esercizio della servitù, del peso imposto al fondo servente (sentenze 14/7/1997 n. 6357; 14/1/1997 n. 277);

– in tema di opere visibili e permanenti destinate all’esercizio della servitù, sia che se ne vanti (o se ne neghi) l’usucapione sia che se ne pretenda (o se ne neghi) la costituzione per destinazione del padre di famiglia, ai sensi degli artt. 1061 e 1062 c.c., non è sufficiente accertare la presenza di opere visibili o permanenti idonee all’esercizio della servitù ma è anche necessario verificare se dette opere siano state destinate o siano concretamente servite a esercitarla, pur non avendo rilievo il fatto che le stesse si trovino sul fondo servente. L’esistenza fisica delle opere, infatti, ne assicura l’apparenza, la visibilità ed eventualmente la non precarietà, ma tali requisiti non sono sufficienti per l’acquisto o la costituzione della servitù richiedendosi dall’art. 1061 c.c. anche l’ulteriore requisito della destinazione all’esercizio di essa.

Inoltre, sia i requisiti dell’apparenza e della non precarietà che quello della destinazione all’esercizio sono necessari alla configurazione della fattispecie acquisitiva della servitù, sia per usucapione che per destinazione del padre di famiglia, e l’accertamento della loro sussistenza è riservato all’indagine da compiersi dal giudice di merito, le cui conclusioni possono essere censurate in sede di legittimità soltanto quando siano state raggiunte senza adeguata motivazione o siano frutto di un "iter" motivazionale illogico e contraddittorio (sentenza 11/5/2007 n. 10861);

– in tema di servitù di passaggio, il requisito dell’apparenza richiesto dall’art. 1061 c.c. ai fini dell’usucapione deve consistere nella presenza di opere permanenti, artificiali o naturali, obiettivamente destinate al suo esercizio, visibili in modo tale da escludere la clandestinità del possesso e da farne presumere la conoscenza da parte del proprietario del fondo servente. Le opere visibili permanenti devono avere avuto tale destinazione per tutto il tempo necessario ad usucapire. Non è quindi sufficiente, di per sè, l’esistenza di una strada o di un percorso idoneo allo scopo, poichè è necessario un "quid pluris" che dimostri la specifica destinazione (sentenze 10/7/2007 n. 15447; 26/11/2004 n. 22290);

– il requisito dell’apparenza, indispensabile ai sensi dell’art. 1061 c.c. per l’acquisto della servitù per usucapione, comporta, nell’ipotesi che le opere visibili e permanenti necessarie all’esercizio della servitù stessa ricadano esclusivamente sul fondo servente, al quale servono o possono servire, la presenza di un segno di raccordo non necessariamente fisico ma almeno funzionale delle opere con il fondo dominante in modo che risulti con chiarezza che quelle esistono anche in funzione dell’utilità di questo (sentenza 15/10/2007 n. 21597);

– perchè la servitù risulti costituita per destinazione del padre di famiglia, non è sufficiente che, nel momento in cui entrambi i fondi cessano di appartenerne allo stesso proprietario, nulla sia disposto sulla sorte del rapporto di servizio che egli abbia in precedenza stabilito tra di loro, ma è necessario – tra le altre condizioni – che risulti privato l’effettivo, pregresso rapporto di soggezione in cui uno dei fondi sia stato posto nei confronti dell’altro, sì da trarne utilità e da riprodurre, in via di fatto, il rapporto corrispondente al contenuto di una servitù. Al silenzio dell’atto sulla sorte del rapporto di servizio è attribuito lo specifico significato di mantenere ferma la situazione di fatto a condizione che un tale rapporto tra i fondi sussista e risulti provato (sentenza 17/3/1995 n. 3116);

– la costituzione di una servitù prediale per destinazione del padre di famiglia ai sensi dell’art. 1062 c.c. postula che le opere permanenti destinate al suo esercizio predisposte dall’unico proprietario preesistano al momento in cui il fondo viene diviso fra più proprietari. Deve escludersi pertanto l’anzidetta costituzione quando risulti che le opere assuntivamente destinate all’esercizio della servitù siano state realizzate dopo che il fondo, inizialmente unico, è stato diviso tra più proprietari (sentenza 16/10/2002 n. 14693);

– non è configurabile l’acquisto di servitù per destinazione del padre di famiglia quando un fondo venga lasciato con testamento a due eredi per quote indivise e da questi sia frazionato in sede di divisione, occorrendo, al suddetto fine, non solo che due fondi appartenenti in origine ad uno stesso proprietario vengano da questo posti di fatto in una situazione di assoggettamento l’uno all’altro, ma anche che siano trasferite porzioni distinte individuate o concretamente individuabili (sentenza 28/4/1986 n. 2930);

– la costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, prevista dall’art. 1062 c.c. deriva da una fattispecie giuridica complessa non negoziale postulando, oltre all’esistenza di opere visibili e permanenti destinate all’esercizio della servitù stessa, l’originaria appartenenza dei due fondi ad un unico proprietario prima dell’acquisto di uno di essi da parte di un altro soggetto, una situazione oggettiva di subordinazione o di servizio dell’uno all’altro fondo corrispondente al contenuto di una servitù prediale, il perdurare di tale situazione sino alla separazione della proprietà dei due fondi che determina l’automatica conversione dello stato di fatto in stato di diritto. L’impedimento di siffatta costituzione deriva invece da una fattispecie negoziale, consistente in una manifestazione di volontà contraria alla costituzione della servitù, contenuta in seno al negozio con sui si attua la separazione della proprietà dei due fondi (sentenza citata 28/4/1986 n. 2930).

Ciò posto va osservato che il giudice di appello è pervenuto alla conclusione della sussistenza della servitù di passaggio – pretesa dall’ A. – per destinazione del padre di famiglia omettendo di tener conto dei sopra riportati principi e, principalmente, sulla base di una motivazione del tutto carente in merito agli elementi che debbono caratterizzare tale fattispecie e debbono essere accertati in punto di fatto in relazione alle risultanze processuali ed alle deduzioni delle parti.

In particolare nella sentenza impugnata non si fa alcun concreto e specifico riferimento agli elementi di fatto acquisiti tali da far ritenere provati i necessari requisiti dell’apparenza, ossia della presenza – con riferimento al momento del decesso del proprietario dell’unico fondo lasciato per testamento a più eredi e al momento della divisione della comunione ereditaria – di opere visibili e permanenti idonee e direttamente destinate all’esercizio della servitù di passaggio.

In accoglimento del primo motivo del ricorso principale la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla corte di appello di Bologna la quale provvedere ad un nuovo esame uniformandosi ai principi di diritto sopra enunciati e tenendo conto dei rilievi sopra esposti. In particolare il giudice del rinvio provvedere a colmare le evidenziate carenze, lacune ed incongruità di motivazione. Al giudice del rinvio si rimette anche la pronuncia sulla spese del giudizio di cassazione.

Dall’accoglimento del primo motivo di ricorso principale deriva logicamente l’assorbimento del terzo motivo di detto ricorso con il quale i coniugi M. si lamentano dell’obbligo loro imposto di ripristinare la strada di collegamento tra la proprietà A. e la via S. Sisto attraverso il fondo di proprietà di essi ricorrenti.

Di tale questione si dovrà occupare il designato giudice del rinvio solo ove ritenga sussistenti nella specie i requisiti richiesti per la costituzione (ravvisata nella sentenza impugnata) della servitù per destinazione del padre di famiglia.

E’ invece infondato il secondo motivo del ricorso principale con il quale i coniugi M. denunciano violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 949 c.c., nonchè vizi di motivazione, deducendo che la corte di appello ha rigettato il motivo di gravame – avente ad oggetto sia la richiesta di condanna del convenuto a cessare il transito attraverso la loro proprietà, sia declaratoria del loro diritto a recingere la loro proprietà – affermando che le dette richieste erano superate ed assorbite dalla statuizione con la quale era stato affermato che l’A. non aveva diritto di passaggio sulla particella (omissis). Secondo i ricorrenti principali la corte di merito non ha considerato che il convenuto, avendo il possesso quindicennale di quel transito, non intendeva rinunciarvi sulla base di una mera declaratoria. Il giudice di secondo grado ha violato l’art. 949 c.c. che riconosce il diritto del proprietario alla inibitoria, domanda non compresa nella declaratoria.

La detta tesi dei ricorrenti principali non è fondata: la sentenza impugnata è sul punto ineccepibile e si sottrae alle critiche di cui è stata oggetto con il motivo in esame.

Va in proposito rilevato che effettivamente – come dedotto dai ricorrenti principali – in base all’art. 949 c.c., comma 2, il proprietario può esperire azione negatoria non solo per far dichiarare l’inesistenza di diritti affermati da altri sulla cosa (comma 1), ma anche per far cessare eventuali turbative o molestie (comma 2).

E’ del pari vero, però, che – come precisato da questa Corte – l’"actio negatoria servitutis" non soccorre il proprietario del bene nell’ipotesi in cui, ancorchè si verifichi una molestia o un turbamento del possesso o godimento del bene medesimo, la turbativa non si sostanzi in una pretesa di diritto sulla cosa, essendo apprestati in tal caso a favore del proprietario altri rimedi di carattere essenzialmente personale (sentenza 29/5/2001 n. 7277).

Inoltre non è precluso a colui che abbia ottenuto – con sentenza passata in giudicato – una pronuncia di inesistenza di una servitù di passaggio su un fondo di sua proprietà a favore di altri fondi, di agire in giudizio per far cessare il comportamento dei proprietari di questi ultimi, i quali, nonostante il giudicato a loro sfavorevole, abbiano continuato il transito sul fondo dell’attore (sentenza 8/10/1988 n. 5436).

Nella specie la corte di appello ha correttamente rilevato che le richieste dei coniugi M. di condanna dell’ A. a cessare il passaggio sul terreno distinto con la particella (omissis) e di declaratorio di recingere tale terreno non erano accoglibili in quanto: la prima richiesta doveva intendersi assorbita e compresa nella statuizione del giudice di primo grado (oggetto dell’appello incidentale proposto dall’ A. e ritenuto assorbito dalla corte di appello) di rigetto della pretesa dell’ A. di aver diritto di passaggio sul terreno in questione (pertanto, ove si formi il giudicato sul punto e l’A. continui a passare per il detto fondo, i M. potranno far valere detto giudicato); il diritto del proprietario di chiudere e recintare in qualunque momento il proprio fondo trova la sua fonte diretta nella disposizione dettata dall’art. 841 c.c. senza necessità di una pronuncia giudiziaria al riguardo.

Va infine dichiarato inammissibile (e non assorbito) il ricorso incidentale condizionato affidato ad un solo motivo con il quale l’A. censura la sentenza della corte di appello nella parte in cui ha omesso di esaminare la domanda riconvenzionale da esso ricorrente incidentale proposta in via subordinata volta alla costituzione di una servitù coattiva di passaggio sul tratto di strada che dal fondo di esso A. conduce alla via (omissis) ed incidente per un breve tratto sul fondo dei M..

In proposito occorre rilevare che, come questa Corte ha avuto modo di precisare, presupposto della dichiarazione di assorbimento del ricorso incidentale condizionato conseguente al rigetto del ricorso principale è l’ammissibilità del ricorso incidentale medesimo.

Infatti, la dichiarazione di assorbimento del ricorso incidentale condizionato, che consegue all’accertamento dell’infondatezza del ricorso principale (condizionante), comporta pur sempre un apprezzamento del merito dell’impugnazione condizionata, il quale, a sua volta, implica l’ammissibilità di questa e la subordinazione dell’interesse ad impugnare del ricorrente incidentale alla riconosciuta fondatezza del ricorso principale. Se il ricorso incidentale è invece a priori inammissibile, la subordinazione dell’interesse ad impugnare all’accoglimento, anche parziale, del ricorso principale non vale ad impedire alla Corte di Cassazione l’esercizio del suo potere – dovere di accertarne e dichiararne l’inammissibilità, indipendentemente da qualunque eccezione sollevata dalle parti (tra le ultime, sentenza 28/2/2007 n. 4787).

Ciò posto va evidenziato che, come è pacifico nella giurisprudenza di legittimità, è inammissibile il ricorso incidentale condizionato con il quale la parte vittoriosa, sollevi (come appunto nella specie) questioni che il giudice di appello non abbia deciso in senso ad essa sfavorevole avendole ritenute assorbite in quanto tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso principale, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio: quindi in merito a dette questioni manca la soccombenza, che costituisce il presupposto della impugnazione (sentenze 19/10/2006 n. 22501; 18/10/2006 n. 22346; 23/5/2006 n. 12153).

P.Q.M.

la Corte riunisce i ricorsi; accoglie il primo motivo del ricorso principale; rigetta il secondo motivo ed assorbito il terzo motivo di detto ricorso principale; dichiara inammissibile il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo di ricorso accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Bologna.

Redazione