Corte di Cassazione Civile sez. II 10/11/2010 n. 22881

Redazione 10/11/10
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(omissis)
yyy propose davanti al Giudice di pace di …. opposizione a verbale di accertamento della violazione dell’art. 180 comma 8 del codice della strada, elevato dalla Polizia Stradale e notificatogli il 14 maggio 2005 per avere, quale destinatario di precedente verbale di accertamento di violazione dell’art. 142 (eccesso di velocità) in quanto proprietario del veicolo, omesse di comunicare, entro 30 giorni dalla richiesta, le generalità del conducente dei medesimo veicolo, ai sensi dell’art. 126 bis, comma 2 quarto periodo.
Dedusse di non essere tenuto alla comunicazione avendo impugnato il verbale di accertamento dell’eccesso di velocità davanti al medesimo Giudice di pace.
Il giudice adito accolse l’opposizione ritenendo la contestazione dell’illecito di omessa comunicazione dei dati del conducente, ai sensi dell’art. 126 bis comma 2, e art. 180 comma 3 del codice della strafa inibita dalla pendenza del giudizio di opposizione avverso il verbale relativo il l’eccesso di velocità, come confermato dal sopraggiunto annullamento dello stesso, che imponeva l’annullamento di ogni atto successivo.
Il Ministero dell’Interno ha quindi proposto ricorso per cassazione deducendo un solo motivo di censura, cui non ha resistito l’intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Con l’unico motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto, il Ministero sostiene che la pendenza del ricorso sulla violazione presupposta non sospende l’indagine degli organi di polizia volta all’identificazione dell’effettivo trasgressore, né, conseguentemente, il potere dei medesimi di contestare l’illecito di omessa comunicazione dei dati del conducente.
2. – Il motivo è fondato.
Recita, invero, l’art. 126 bis comma 2, IV periodo, del codice della strada nel testo anteriore alla modifica introdotta dall’articolo 2 comma 164, lett. a), del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito con modificazioni, in legge 24 novembre 2006, n. 286: "La comunicazione deve essere effettuata a carico del conducente quale responsabile della violazione; nel caso di mancata identificazione di questi, la segnalazione deve essere effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro trenta giorni dalla richiesta, all’organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione".
Il termine assegnato al proprietario per comunicare all’organo di polizia che procede i dati relativi al conducente decorre, dunque, non dalla definizione del procedimento di opposizione avverso il verbale di accertamento dell’illecito presupposto, ma dalla richiesta rivolta al proprietario dall’organo di polizia; né è previsto che quest’ultimo debba soprassedere alla richiesta in attesa della definizione della contestazione dell’illecito.
E in proposito vi è sostanziale continuità anche nel testo della norma come modificato nel 2006: la nuova formulazione stabilisce, infatti, che il termine decorre "dalla data di notifica del verbale di contestazione" dell’infrazione presupposta.
Non convince, pertanto, l’affermazione secondo cui la corretta esegesi della norma porterebbe a concludere che "in nessun caso …il proprietario è tenuto a rivelare i dati personali e della patente del conducente prima della definizione dei procedimenti giurisdizionali o amministrativi per l’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione", fatta dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 27 del 2005 nel respingere l’eccezione di incostituzionalità, per violazione dell’art. 24 della Costituzione, della prevista decurtazione dei punti patente a carico del proprietario in caso di omessa identificazione del conducente (eccezione invece accolta sotto il diverso profilo della violazione dell’art. 3 Cost.) e ripresa nella sentenza impugnata.
Va infine aggiunto che neppure l’annullamento del verbale di contestazione dell’infrazione presupposta comporta esclusione della sanzione prevista dall’articolo 180 comma 8 del codice della strada, attesa l’autonomia delle due infrazioni, la seconda delle quali attiene a un obbligo di collaborazione nell’accertamento degli illeciti stradali e dei loro autori (cfr. Cass. 13488/2005, 3123/2002, 9924/2001) che rileva in sé stesso e non in quanto collegato alla effettiva commissione di un precedente illecito.
3. – La sentenza impugnata va pertanto cassata.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può altresì essere decisa nel merito, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 1, ultima parte, con il rigetto dell’opposizione proposta dal ricorrente
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo; non vi è luogo, invece, a provvedere sulle spese del giudizio di merito non essendosi l’amministrazione avvalsa, in quella fase, di patrocinio professionale.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria opposizione.
(omissis)

Redazione