Corte di Cassazione Civile sez. II 10/11/2009 n. 23807; Pres. Triola R.M.

Redazione 10/11/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Condominio sito in (omissis) conveniva in giudizio la s.r.l. ******** davanti al Giudice di Pace di quella città per sentirla condannare, alla rimozione del condizionatore dalla medesima installato in loco nonchè al ristoro dei danni patiti in conseguenza delle eccessive emissioni sonore dallo stesso provocate.

La convenuta, costituendosi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda, eccependo fra l’altro il difetto di legittimazione attiva del Condominio ad azionare diritti di natura personale; spiegavano intervento volontario i condomini dello stabile V.I., M.N., B.I., C.U., C. B., S.A., G.M.L., formulando domande identiche a quelle dell’attore.

Con sentenza depositata del 2 marzo 2000 il Giudice di Pace rigettava le domande.

Con sentenza depositata l’11 maggio 2004 il Tribunale di Bologna, in riforma della decisione impugnata sia dal Condominio sia dai condomini interventori, condannava la srl Trendfin a rimuovere l’impianto di condizionamento installato al servizio dell’immobile sito nel condominio di via (omissis) ed a pagare, a titolo di risarcimento del danno morale, a favore di V.I. e di M.N. la somma di Euro 4.000,00, per ciascuna, oltre agli interessi legali su tale somma dal 27-1-2004 al saldo nonchè al pagamento in favore degli appellanti delle spese del doppio grado di giudizio.

Per quel che interessa nella presente sede, i giudici di appello disattendevano l’eccezione di carenza di legittimazione attiva del Condominio sollevata dalla Srl Trendfin sul rilievo che, a fondamento dell’azione il predetto aveva dedotto non la lesione del diritto alla salute, configurabile esclusivamente in relazione alla persona fisica, ma la violazione dell’art. 15 del regolamento condominiale dettato a tutela della tranquillità e della salubrità dell’intero condominio; quindi qualificavano quale intervento c.d. principale rispetto al quale non sussistevano le eccepite limitazioni all’impugnazione della sentenza impugnata quello spiegato dai condomini, in quanto diretto a far valere in giudizio anche quel diritto alla salute dei singoli condomini che il Condominio in quanto tale non era legittimato ad azionare nel merito, ritenevano illecite le immissioni perchè poste in violazione del divieto imposto dalla norma del regolamento condominiale, rilevando l’inapplicabilità ai rapporti fra i privati disciplinati dell’art. 844 c.c. e art. 32 Cost., della normativa dettata a tutela dell’interesse pubblico ambientale dalla L. n. 447 del 1995, e dal D.P.C.M. 1 marzo 1991, (ora D.P.C.M. 14 novembre 1997) in materia di inquinamento acustico.

Dopo avere ritenuto che, secondo la giurisprudenza di merito, sono da considerarsi intollerabili le immissioni superiori di 3 decibel al rumore di fondo, alla stregua delle misurazioni effettuate dall’ARPA il 16-8-2001, la cui documentazione prodotta nel corso del giudizio di appello era considerata ammissibile, nonchè dei rilievi effettuati dal consulente tecnico d’ufficio, accertavano che tale limite era superato relativamente alle immissioni acustiche negli immobili delle predette V. e M., a favore delle quali era liquidato il danno morale sul rilievo che, pur non sussistendo la prova della lesione del diritto alla salute, le accertate immissioni integravano l’ipotesi contravvenzionale di cui all’art. 674 c.p..

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la s.r.l.

Trendfin sulla base di sei motivi.

Resistono con controricorso gli intimati che hanno depositato memoria illustrativa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., (art. 360 c.p.c., n. 3), deduce che la domanda di risarcimento dei danni subiti dagli interventori per la prima volta con le conclusioni dell’atto di appello era da ritenersi domanda nuova.

Il motivo è infondato.

Dall’esame delle conclusioni delle parti trascritte nella sentenza di primo grado (consentito dalla natura di error in procedendo del vizio denunciato) è risultato che già in quel giudizio gli interventori avevano chiesto, a titolo di risarcimento, proprio la somma di euro 4.000 che è stata poi liquidata a favore delle condomine V. e M. quale danno morale: pertanto, deve escludersi che la domanda di risarcimento del danno accolta dal Tribunale sia stata per la prima volta formulata in sede di gravame.

Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza impugnata che aveva erroneamente qualificato come intervento principale quello spiegato dagli interventori che nel giudizio di primo grado l’avevano sempre ed unicamente qualificato come intervento adesivo dipendente : i condomini si erano limitati ad appoggiare le domande del Condominio, senza formulare alcuna autonoma e distinta domanda.

Con il terzo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., nonchè omessa motivazione, denuncia che il Tribunale aveva disposto il risarcimento dei danni a favore di due dei condomini senza che da parte degli interventori vi fosse stata domanda di un risarcimento in via autonoma, tanto più che tale risarcimento era stato liquidato a favore di due condomini soltanto: non era stato in alcun modo giustificato perchè fosse da ritenersi equa e sufficiente la somma che era stata determinata nel cospicuo importo di Euro 4.000,00.

Il secondo e il terzo motivo che, essendo strettamente connessi, vanno trattati congiuntamente sono infondati nei limiti di cui si dirà in motivazione.

La sentenza ha correttamente qualificato come principale e non adesivo dipendente l’intervento spiegato dai singoli condomini, posto che, come si è detto in occasione dell’esame del primo motivo, la domanda dai medesimi proposta aveva ad oggetto il risarcimento del danno riferibile alla persona dei singoli condomini intervenuti:

pertanto, con l’intervento i condomini non si erano affatto limitati a sostenere le ragioni del Condominio ma avevano agito, spiegando una domanda autonoma e distinta a tutela della loro posizione soggettiva.

Per quel che concerne la doglianza relativa alla misura del danno liquidato si rinvia all’esame del quinto motivo.

Con il quarto motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 184 bis c.p.c. e art. 345 c.p.c., comma 3 (art. 360 c.p.c., n. 3), censura la sentenza impugnata che, facendo erroneamente riferimento al citato dell’art. 184 bis c.p.c., aveva ammesso una produzione documentale (dichiarazione ARPA) formatasi successivamente all’udienza di conclusioni che, come tale, era da considerarsi del tutto nuova ed estranea al giudizio, senza avere neppure giustificato in che modo la stessa fosse da ritenersi indispensabile.

Il motivo va disatteso.

La ricorrente non ha interesse a fare valere la dedotta censura, posto che la sentenza, nel ritenere intollerabili le immissioni acustiche provenienti dal condizionatore d’aria, non ha fondato il proprio convincimento sugli accertamenti dell’ ARPA ma ha fatto riferimento anche alle indagini e alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio che peraltro non aveva tenuto conto delle risultanze di cui alla predetta produzione documentale: infatti, secondo i rilievi compiuti dall’ausiliare, il ed valore differenziale era risultato nella proprietà V. pari a 10,4 decibel a finestre aperte ed a 8,8 decibel a finestre chiuse e nella proprietà M. di a 15,6 decibel a finestre aperte ed a 9 decibel a finestre chiuse.

Con il quinto motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e art. 2059 c.c., (art. 360 c.p.c., n. 3), censura la sentenza impugnata laddove, nel liquidare il danno morale in favore di due condomini, aveva ritenuto che le immissioni in questione concretizzassero la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 674 c.p., senza che tale accertamento fosse stato mai richiesto dagli appellanti; inoltre tale accertamento era stato effettuato senza motivazione e in modo errato, non sussistendo l’elemento soggettivo del reato, posto che il condizionatore installato era conforme ai requisiti di legge.

Il motivo va accolto nei limiti di quanto si dirà in motivazione.

La sentenza è affetta dal vizio di ultrapetizione denunciato, giacchè il Giudice di appello, dopo avere escluso l’esistenza di un danno alla salute, ha riconosciuto a favore delle condomine V. e M. il danno morale sul rilievo che le immissioni in questione concretizzassero la fattispecie contravvenzionale di cui all’art. 674 c.p., senza peraltro che gli interventori avessero mai allegato e dedotto che la condotta tenuta dalla convenuta integrasse l’ipotesi di reato configurato dai giudici: in tal modo la sentenza impugnata, in violazione dell’art. 112 c.p.c., ha posto a base della decisione un comportamento che, non essendo stato dedotto dagli interventori, era estraneo al thema decidendum e non poteva, perciò, formare oggetto di indagine da parte del giudice di merito; pertanto, le altre doglianze pure formulate con il motivo così come quella relativa all’entità della somma liquidata (di cui al terzo motivo di cui si è detto) sono assorbite.

Con il sesto motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., (art. 360 c.p.c., n. 3), censura la sentenza impugnata che, nel liquidare le spese processuali a favore degli appellanti, aveva assegnato un cospicuo importo in modo impreciso senza precisare a quale parte dovesse essere corrisposta e come dovesse essere suddivisa la liquidazione medesima.

Il motivo è assorbito dall’accoglimento del quinto.

Pertanto, va accolto il quinto motivo per quanto in motivazione, mentre devono rigettarsi il primo, il secondo, il terzo e il quarto – questi ultimi due per quanto in motivazioneassorbito il sesto la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio,anche per le spese della presente fase, al Tribunale di Bologna in persona di altro magistrato.

P.Q.M.

Accoglie il quinto motivo del ricorso per quanto in motivazione rigetta il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo, questi ultimi due per quanto in motivazione, assorbito il sesto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese della presente fase, al Tribunale di Bologna in persona di altro magistrato

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