Corte di Cassazione Civile sez. I 5/12/2008 n. 28834; Pres. Carnevale C.

Redazione 05/12/08
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Brescia, con sentenza 2 agosto 2001, in accoglimento della domanda d’insinuazione tardiva proposta da M.D., ammise in privilegio al passivo del fallimento della società ************ s.r.l. nel minor importo di L. 515.250.000 rispetto a quello chiesto in L. 729.550.000, oltre interessi e rivalutazione, il credito per risarcimento del danno biologico e morale che l’istante assumeva di aver subito a causa dell’infortunio sul lavoro, occorsogli il giorno (omissis) mentre lavorava alle dipendenze della società fallita in bonis. Dichiarò la compagnia assicuratrice Nuova Tirrena s.p.a., chiamata in garanzia dal fallimento, tenuta a tener indenne la procedura anche in relazione alle spese processuali.

La Corte d’appello di Brescia, innanzi alla quale la società assicuratrice aveva interposto gravame contestando l’operatività della garanzia assicurativa, con la sentenza in esame n. 464 depositata il 3 giugno 2003, ha respinto la domanda di manleva spiegata dal fallimento ritenendo che la copertura assicurativa fosse stata dalle parti limitata al solo danno assicurativo previdenziale e non potesse pertanto estendersi anche al pregiudizio risarcitorio.

Contro quest’ultima decisione hanno proposto separati ricorsi per cassazione M.D., con unico articolato motivo, ed il curatore del fallimento ************ con due motivi.

Ad entrambi i ricorsi ha resistito con controricorso la società Nuova Tirrena.

All’udienza del 7.10 u.s., la causa introdotta con ricorso del M. è stata rinviata all’odierna udienza per la trattazione congiunta con l’altra causa.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente si dispone la riunione del ricorsi a mente dell’art. 335 c.p.c., in quanto sono stati proposti contro la stessa decisione.

Il ricorrente M., denunciando violazione del D.P.R. n. 1124 del 30 giugno 1965, artt. 10 e 11, ascrive al Giudice d’appello di aver erroneamente escluso la copertura assicurativa in relazione al credito controverso sulla base d’interpretazione del contesto rubricato difforme dall’orientamento di legittimità richiamato, già all’epoca consolidato, secondo cui la garanzia assicurativa copre tutte le obbligazioni gravanti a seguito d’infortunio del lavoratore sull’assicurato, quale civilmente obbligato, ivi compreso il ristoro del danno biologico.

Deduce in limine pur dando atto della sua estraneità al rapporto controverso, il suo interesse concreto a risultato utile discendente dall’accoglimento del ricorso.

La resistente eccepisce carenza d’interesse alla presente impugnazione, dal momento che l’odierno ricorrente ha visto integralmente accolta la sua domanda di ammissione allo stato passivo con la decisione assunta in primo grado, sul cui capo si è formato il giudicato. Nel merito rileva l’infondatezza delle censure esposte in ricorso.

Tanto premesso, devesi rilevare che il ricorrente, la cui domanda d’ammissione allo stato passivo è stata accolta con statuizione ormai inoppugnabile in quanto non gravata in parte qua, non ha interesse a proporre la presente impugnazione, siccome la decisione criticata ha statuito in ordine al rapporto di garanzia, al quale egli è estraneo.

Non ha insomma legittimazione sostanziale. Ciò perchè, come si sostiene con orientamento ormai pacifico e consolidato richiamato dalla resistente e che lo stesso ricorrente dimostra di ben conoscere, l’obbligazione dell’assicuratore al pagamento dell’indennizzo al proprio assicurato è distinta ed autonoma rispetto all’obbligazione di risarcimento, cui quest’ultimo è tenuto nei confronti del danneggiato; questi versa nella posizione di terzo, rispetto al rapporto immediato fra le parti contraenti l’assicurazione, e pertanto, a differenza di quanto accade nella "speciale" disciplina della responsabilità derivante dalla circolazione stradale, non ha azione diretta nei confronti dell’assicuratore (cfr. Cass. n. 5306/07).

Seppur possano confluire nell’alveo del medesimo processo, le cause, l’una introdotta dal danneggiato contro il responsabile del sinistro, e quella di garanzia promossa da quest’ultimo contro l’assicuratore della responsabilità civile discendente dal contratto di assicurazione, restano scindibili (cfr. Cass. nn. 12049/03, 13126/97), e il danneggiato non può legittimamente considerarsi parte del rapporto processuale instauratosi per effetto della introduzione dell’altra causa, che resta distinta dalla prima, anche nel caso in cui l’assicurato richieda all’assicuratore di pagare direttamente l’indennizzo al danneggiato, attenendo detta richiesta alle modalità di esecuzione della prestazione indennitaria (cfr.

Cass. n. 15039/05, v. n. 5444/07). Il corollario comporta che, nella specie, il ricorrente, che non ha impugnato, quale destinatario della relativa pronunciarla statuizione consequenziale all’accoglimento della domanda di garanzia avente ad oggetto il pagamento diretto in suo favore, non ha interesse al riesame della decisione relativa all’azione di garanzia siccome essa ha spiegato i suoi effetti solo tra le parti del contratto l’assicurazione, e pertanto non partecipa alla relativa causa.

Il ricorso devesi perciò dichiarare inammissibile. Il fallimento nel suo ricorso denuncia: 1.- col primo motivo violazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11, e degli artt. 1362, 1366, 167 e 1370 c.c., e, premesso che la compagnia assicuratrice, tenuta, come si sostiene da univoca giurisprudenza, in caso d’infortunio sul lavoro, a risarcire anche il danno biologico siccome rappresenta un aspetto del danno patrimoniale, non ha preteso un aumento del premio onde ricostituire il sinallagma, perciò non poteva eccepire l’inoperatività della polizza. La norma richiamata, secondo la lettura del Giudice delle leggi, contempla il diritto del lavoratore al ristoro anche della componente controversa che, peraltro, ancorchè suscettibile di liquidazione separata, rappresenta pur sempre un aspetto del danno patrimoniale già enucleato dal diritto vivente all’epoca della stipula del contratto di assicurazione in discussione. Ne discende che la polizza in oggetto deve ritenersi valida ed efficace, atteso che il richiamo al contesto normativo citato deve intendersi nel senso interpretato dalla giurisprudenza al momento della sua stipula, successiva alla pronuncia costituzionale menzionata. Richiama a conforto numerosi precedenti specie di merito, ma anche di legittimità. 2.- Col secondo motivo, deducendo omessa e/o insufficiente motivazione su punto decisivo della controversia, sostiene che secondo il disposto dell’art. 1917 c.c., comma 1, l’indennizzo controverso entra a far parte della massa attiva e non deve essere direttamente pagato al danneggiato, che, siccome ammesso al passivo, può far valere la prelazione attribuita al suo credito nell’ambito della procedura.

La compagnia assicuratrice resistente deduce in limine l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto in data 25.6.04 avverso decisione pubblicata il 3.6.03, dunque oltre il termine annuale posto dall’art. 327 c.p.c., nel quale non può computarsi anche il periodo feriale, stante la natura della controversia. Nel merito deduce l’infondatezza delle avverse censure.

L’anzidetta eccezione preliminare deve essere respinta.

La tempestività del ricorso in esame, come correttamente sollecita il ricorrente nella sua memoria difensiva, deve essere scrutinata tenendo conto dei margini temporali posti dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 c.p.c., dunque del termine di giorni venti più venti. Ciò perchè, in forza del principio dell’unicità del processo d’impugnazione contro la stessa sentenza sancito nell’art. 335 c.p.c., tutte le impugnazioni successive alla notificazione di una prima impugnazione, a prescindere dalla forma dell’atto che le abbia introdotte, perciò, ancorchè siano contenute in separato ricorso e non già nel controricorso, si convertono in impugnazioni incidentali, col corollario che la loro tempestività deve essere verificata secondo i termini previsti dalla relativa disciplina (cfr.

Cass. n. 26622/05). Occorre peraltro rilevare che l’impugnazione incidentale tardiva è comunque sempre ammissibile, anche nelle cause scindibili, poichè l’interesse all’impugnazione sorge per il solo fatto che quella principale mette in discussione l’assetto degli interessi derivante dalla sentenza, e dunque tende ad una modifica che interferisce sulla sfera anche delle parti che vi avevano fatto acquiescenza (cfr. Cass. S.U. n. 24627/2007). Nella specie, dovendo per l’effetto tenersi conto della data del 3.6.2004, in cui venne eseguita la notifica al Fallimento ************ del ricorso di M.D., che, come rilevato, deve essere qualificato principale, il ricorso in esame, notificato il giorno 26 dello stesso mese, è palesemente ammissibile.

Resta assorbita l’indagine circa l’operatività dell’istituto della sospensione dei termini per il periodo feriale al presente ricorso, peraltro, come già dianzi rilevato, indirizzato solo contro la statuizione sulla causa di garanzia, scindibile, e dunque autonoma rispetto a quella originariamente promossa, alla quale soltanto si riferisce in tesi suddetta problematica.

Il ricorso nel merito appare infondato.

La Corte territoriale, premesso che la clausola n. 13 lett. b), del contratto di assicurazione richiama tout court il disposto del D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 e 11, sostiene che, proprio perchè la polizza venne stipulata nel vigore della norma interpretata secondo la lettura del suddetto contesto normativo data dal Giudice delle leggi, le parti hanno inteso limitare la copertura al solo rischio connesso all’azione di regresso verso l’ente previdenziale, con esclusione del danno biologico e morale di cui si controverte.

Il primo motivo richiama, a sostegno della critica esposta contro tale risultato interpretativo. precedenti, sia di legittimità che della stessa Corte territoriale, che avvalorerebbero diversa interpretazione del testo del contratto di cui si discute, secondo cui, siccome la polizza conteneva rinvio alle norme indicate, la manleva opera con riguardo a tutte le componenti del danno al cui risarcimento è tenuto il datore di lavoro, dunque anche al ristoro per il danno biologico. Non indica tuttavia quali siano i canoni ermeneutici eventualmente violati dal Giudice di merito, nè sottopone effettivamente a vaglio critico la decisione impugnata, la cui conclusione di contro risulta fondata su corretto percorso esegetico, illustrato con tessuto argomentativo puntuale ed immune da vizi logici o errori di diritto.

Il Giudice d’appello ha )infatti, indagato sulla reale volontà delle parti, valorizzandone la comune intenzione anche alla luce del loro comportamento, deducendone che, proprio il fatto che la polizza fosse successiva al noto intervento del Giudice delle leggi, più volte fatto segno di richiamo dal ricorrente, depone nel senso che le parti abbiano inteso limitare la garanzia alla sola ipotesi di regresso dell’ente previdenziale, prevista dalla norma richiamata. Ha quindi ricondotto la responsabilità civile, oggetto della manleva, ai soli casi previsti dalle norme espressamente richiamate, vale a dire al danno il cui ristoro è sancito dal sistema assicurativo previdenziale di cui al D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, (****), fra cui non sono comprese le voci controverse, al cui risarcimento il datore di lavoro è si obbligato, ma secondo il sistema civilistico ordinario, ai sensi dell’art. 2043 c.c..

Tale indagine condotta secondo i criteri sanciti nell’art. 1362 c.c., di cui, come rilevato, neppure si denuncia violazione, nonchè adeguatamente motivata e perciò non sindacabile in questa sede, applica correttamente il contesto normativo asseritamente violato, che, per il periodo antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 38 del 2000, che all’art. 13, ha inserito il danno biologico nella copertura assicurativa pubblica, prevede la corresponsione dell’indennizzo in caso di infortunio sul lavoro limitatamente alla riduzione della capacità lavorativa, e non comprende, secondo l’interpretazione datane dalla Corte Costituzionale – sentenze n. 319/1981, n. 87 e 356 del 1991, nè il danno biologico nè il danno morale di cui il datore di lavoro è tenuto a rispondere secondo la regola ordinaria.

Laddove sia modellata sul sistema dell’assicurazione obbligatoria, la polizza, a meno di espressa contraria previsione contrattuale, non ricomprende anche il risarcimento del danno per le suddette ultime componenti, perchè non è coperto dal regime previdenziale delineato secondo le norme richiamate – cfr. Cass. n. 5507/2004 – che configurano un sistema di responsabilità civile del datore di lavoro ontologicamente distinto da quello governato dal regime sostanziale, escludendone la riconducibilità ad unico archetipo.

In mancanza di espresso richiamo, la garanzia assicurativa copre pertanto le sole componenti gravanti sul datore di lavoro secondo le regole dell’assicurazione obbligatoria.

La contraria esegesi propugnata dal ricorrente comporterebbe un’alterazione del sinallagma contrattuale, determinando squilibrio tra le prestazioni previste in contratto, che di certo non è giustificato per il solo fatto che il D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 10, letto alla luce degli interventi della Corte Costituzionale citati, prevede che il datore di lavoro debba rispondere in proprio anche dei danni non coperti dall’assicurazione obbligatoria – contra Cass. n. 7593/2003. Come si è rilevato, il riconoscimento di tale ultimo indennizzo, nel vigore del cit. T.U. del 1965, era estraneo al sistema risarcitorio previdenziale e, per quanto qui interessa, anche all’ambito di operatività della polizza che espressamente aveva circoscritto la manleva entro il limite previsto da detto regime previdenziale.

Non spiega alcuna rilevanza a tal riguardo l’argomento speso dal ricorrente che, consapevole dell’aggravamento del rischio conseguente all’accoglimento della contraria interpretazione, sostiene che la compagnia assicuratrice avrebbe avuto diritto ad un aumento del premio che non ha tuttavia richiesto, e pertanto non può avanzare alcuna eccezione.

La questione, prospettata in tali termini, è estranea al thema decidendum.

La reiezione del motivo esaminato assorbe l’indagine sul secondo motivo. Il ricorso per l’effetto, deve essere rigettato, con condanna dei soccombenti al pagamento delle spese della presente fase giudiziale, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi; dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta l’incidentale del Fallimento ************ srl. Condanna sia il ricorrente principale che il ricorrente incidentale al pagamento delle spese della presente fase di legittimità in favore della Nuova Tirrena spa che liquida in complessivi Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00, per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Redazione