Corte di Cassazione Civile sez. I 22/7/2009 n. 17154; Pres. Vitrone U.

Redazione 22/07/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Il 23 aprile 1993 il Credito italiano s.p.a. ottenne dal Presidente del Tribunale della Spezia decreto ingiuntivo nei confronti della s.n.c. A. M. & C. per il pagamento della somma di L. 110.000.000 oltre accessori e in base al suddetto titolo iscrisse, il (omissis), ipoteca per L. 170.000.000 su beni immobili di proprietà dei soci illimitatamente responsabili della società suddetta. Con sentenza 14 gennaio 1994 il Tribunale della Spezia dichiarò il fallimento della s.n.c. A. M. & C. e con esso il fallimento personale dei soci illimitatamente responsabili della società suddetta A.M., A.W., A. B., P.L..

Con istanza depositata il 5 ottobre 1994 il Credito Italiano chiese l’ammissione al passivo fallimentare del proprio credito di L. 125.350.550 con la prelazione ipotecaria, oltre interessi e spese fino alla data della dichiarazione del fallimento, con riserva di precisazione delle ulteriori somme dovute. In sede di formazione dello stato passivo il giudice delegato ammise al passivo, con riserva, il credito dell’Istituto per L. 128.238.088.

La s.p.a. Credito Italiano propose opposizione *******., ex art. 98, e, con ordinanza del 2.10.1996 il giudice delegato, preso atto che nell’udienza del 31 gennaio 1995 il curatore aveva aderito all’ammissione del credito richiesta dalla banca, dispose la modificazione dello stato passivo in conformità a quanto richiesto dal Credito Italiano s.p.a..

Contro tale decisione, il Curatore del fallimento propose, in data 11 maggio 1999, ricorso ai sensi della *******., art. 102, esercitando l’azione di revocazione contro il credito come sopra ammesso, assumendo che l’ammissione della garanzia ipotecaria era stata inficiata da errore di fatto, e chiedendo che l’ammissione dello stesso fosse riconosciuta solo limitatamente a L. 125.350.550 in via chirografaria. Contestualmente, il Curatore chiese la revoca del decreto 7 ottobre 1994 e dell’ordinanza 2 ottobre 1996 emessa in via di definizione del procedimento di opposizione allo stato passivo.

All’udienza ex art. 183 c.p.c. il curatore modificò la domanda e chiese la dichiarazione di nullità assoluta e/o di inesistenza dell’ordinanza del 2.10.1996, con le statuizioni conseguenti quanto all’ammissione in via privilegiata del credito e, in subordine, chiese la revoca del decreto di ammissione e dell’ordinanza del 2.10.1996 relativamente alla garanzia ipotecaria con conseguente ammissione del credito in via chirografaria per L. 125.350.550.

Con sentenza del 13 settembre 2002 il Tribunale di La Spezia dichiarò l’inesistenza dell’ordinanza del 2.10.1996, compensando le spese.

La Corte di appello di Genova, con sentenza del 31 gennaio 2004, in riforma della decisione del tribunale, respinse il ricorso della curatela per la dichiarazione di inesistenza dell’ordinanza e dichiarò inammissibile il ricorso per la declaratoria di nullità della stessa ordinanza nonchè il ricorso *******., ex art. 102, contro l’ordinanza e il decreto di ammissione.

Osservò la Corte territoriale che l’ordinanza emessa dal giudice istruttore sulla non opposizione del curatore andava riguardata come provvedimento avente natura sostanziale di sentenza, peraltro viziato per difetto di costituzione del giudice ex artt. 158 e 161 c.p.c. che avrebbe dovuto essere eccepito in sede di impugnazione, in concreto non proposta, e l’irrevocabilità del provvedimento impediva di rilevare la nullità. La revocazione *******., ex art. 102, poi, secondo la Corte di merito era inammissibile perchè rivolta contro un’ordinanza e non contro un decreto del giudice delegato o una sentenza del tribunale, come previsto dalla predetta norma. Inoltre, la revocazione del decreto del giudice delegato *******., ex art. 97 era inammissibile per difetto di interesse del curatore, avendo ammesso il credito in chirografo.

L’inammissibilità assorbiva le questioni relative alla sussistenza dei presupposti per la revocazione *******., ex art. 102, prospettate dalla banca appellante. Contro la sentenza di appello la curatela del fallimento ha proposto ricorso per Cassazione affidato a due motivi.

Resiste con controricorso la s.p.a. UniCredit Banca.

MOTIVI DELLA DECISIONE

2.1.- Con il primo motivo la curatela ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione della *******., artt. 98 e 102, degli artt. 50 bis, 176, 178, 158 e 161 c.p.c. e relativo vizio di motivazione.

Deduce che la Corte di merito non ha rilevato la disomogeneità tra conciliazione, cessazione della materia del contendere e "ordine di modificazione dello stato passivo" conseguente alla mancata opposizione del curatore. Nell’ultimo caso il giudice istruttore emette una pronuncia avente valore di sentenza suscettibile di giudicato ex art. 2909 c.c. ma affetta da vizio così radicale da determinarne l’inesistenza giuridica non soggetta al limite di cui all’art. 161 c.p.c. Richiama la giurisprudenza delle Sezioni unite n. 9692 del 2002 sulla *******., art. 101 e ne invoca l’applicazione trattandosi di fattispecie analoga. Deduce che la Corte di merito ha omesso di considerare che nella concreta fattispecie non era il creditore a rinunciare alla domanda bensì il curatore a non coltivare l’opposizione all’ammissione del credito come richiesta.

2.2.- Con il secondo motivo la curatela ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione lamentando che la Corte di merito non abbia preso in considerazione un punto decisivo della controversia rilevabile d’ufficio, costituito dall’inefficacia della transazione in mancanza di autorizzazione da parte del Tribunale fallimentare. Deduce che la sentenza impugnata "ha apoditticamente affermato il principio di conversione del motivo di nullità dell’ordinanza impugnata in semplice motivo di impugnazione" trascurando di considerare l’inefficacia della transazione che avrebbe dovuto far ritenere inesistente il provvedimento.

3.- Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato con il conseguente assorbimento del secondo mezzo.

Infatti, da tempo questa Corte (Sez. 1, Sentenza n. 5557 del 1997) ha puntualizzato che "l’opposizione allo stato passivo proposto ai sensi della *******., art. 98 comporta l’instaurazione di un procedimento contenzioso disciplinato dal successivo art. 99 che attribuisce al Tribunale la competenza a decidere e si conclude con atto che deve presentare i caratteri della sentenza.

Pertanto allorchè, come nel caso in esame, lo stesso giudice delegato decida sull’opposizione con proprio provvedimento, pronunciando così al di fuori dei casi previsti dalla L. Fall., art. 25, comma 1, n. 2, si configura certamente un atto giuridicamente inesistente per carenza assoluta del potere di emetterlo.

Conseguentemente, non essendo tale atto idoneo a produrre l’efficacia propria del giudicato sostanziale, non è ammissibile il ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., ma è esperibile invece l’azione di nullità (quaerela nullitatis) che costituisce un’ordinaria azione di accertamento, esercitabile dall’interessato senza limiti di tempo, per sentire dichiarare l’inefficacia di atti emanati dal giudice al di fuori della sfera delle sue attribuzioni (Sez. Un. 9.4.1984 n. 2258; Sez. Un. Ord. 22.12.1989 n. 726; Cass. 6.10.1988 n. 5408; Cass. 6.4.1992 n. 4214; Cass. 5.5.92 n. 5306;

Cass. 4.2.93 n. 1402)". Nell’analoga ipotesi nella quale il giudice delegato, anzichè provvedere all’istruzione della causa introdotta a seguito di insinuazione tardiva, in presenza dell’opposizione del curatore, direttamente provveda all’esclusione, in tutto o in parte, del credito, si sono pronunciate le Sezioni unite affermando il principio per il quale "il decreto con il quale il giudice delegato, a fronte dell’opposizione del curatore, in luogo di provvedere alla istruzione della causa e rimettere la decisione al collegio, direttamente escluda, in tutto o in parte, il credito oggetto della domanda d’insinuazione tardiva al passivo della procedura fallimentare o comunque neghi il rango privilegiato prospettato, è atto radicalmente inesistente, in quanto emesso da un giudice privo di poteri decisori, e pertanto insuscettibile di produrre effetti giuridici; ne consegue che il giudice dinanzi al quale esso venga impugnato con uno dei mezzi previsti dal codice di rito non può pronunciare nel merito nè rimettere le parti dinanzi al primo giudice, ma deve limitarsi a dichiarare l’inesistenza del provvedimento impugnato, restituendo le parti nella situazione in cui esse si trovavano prima della pronuncia del provvedimento dichiarato inesistente" (Sez. U, Sentenza n. 9692 del 4/07/2002. Nello stesso senso, recentemente, Sez. 1, Sentenza n. 3013 dell’8/02/2008).

Analogo vizio di inesistenza giuridica, dunque, va riconosciuto nel provvedimento emesso nella concreta fattispecie perchè il giudice delegato, benchè sulla base della non opposizione da parte del curatore, non avrebbe potuto definire il procedimento di opposizione allo stato passivo con ordinanza di modifica dello stato passivo medesimo e avrebbe dovuto investire della decisione il collegio.

Talchè l’impugnata sentenza deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la Corte può decidere la causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c. dichiarando l’inesistenza giuridica dell’ordinanza del 2.10.1996.

La varietà degli orientamenti manifestati sulla materia dalla giurisprudenza e dalla dottrina giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali dell’intero giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo.

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara l’inesistenza dell’ordinanza del 2 ottobre 1996. Compensa tra parti le spese processuali dell’intero giudizio.

Redazione