Corte di Cassazione Civile sez. I 19/3/2009 n. 6703; Pres. Morelli M.R.

Redazione 19/03/09
Scarica PDF Stampa
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale fallimentare di Lecce, col provvedimento ora impugnato depositato il 30 marzo 2004, provvedendo sul reclamo che D.N. L. quale legale rappresentante della società Merco s.r.l. aveva proposto a mente della *******., art. 26, indirizzandolo espressamente "contro l’operato del giudice delegato e del curatore qualora abbia aggiudicato l’immobile destinato a Centro Servizi Ricettivi Socio Sanitari"- sito in (OMISSIS) e rientrante nell’attivo de fallimento della Amerco s.r.l. – in quanto gli organi sarebbero stati privi di legittimazione ed il bene sarebbe stato venduto sulla base di valutazione eseguita da un tecnico estraneo al settore", ha provveduto nei sensi che seguono:

1. – ha respinto la censura con cui il reclamante aveva dedotto che la sentenza di fallimento n. (OMISSIS) fosse improduttiva d’effetto, in quanto raggiunta da sequestro preventivo disposto il 30.11.2000 ai sensi dell’art. 321 c.p.p., in relazione al reato d’usura, che aveva posto su di essa un vincolo d’indisponibilità erga omnes. Ha smentito la stessa esistenza del provvedimento cautelare, avendo rilevato che l’originale dell’atto si trovava custodito nella cassaforte della cancelleria commerciale. E, premesso che la procedura fallimentare aveva quindi seguito il suo corso legittimamente, ha dichiarato inammissibile la querela di falso proposta dalla reclamante onde accertare se fosse falsa la sentenza di fallimento asseritamente depositata presso la cancelleria commerciale, ovvero la sentenza che risultava invece custodita prima presso l’ufficio del P.M. e quindi presso il g.i.p., e della quale sarebbe stata rilasciata copia, in quanto siffatta proposizione, effettuata in via incidentale, avrebbe potuto al più trovare collocazione solo nell’alveo del processo d’opposizione alla stessa sentenza dichiarativa di fallimento.

2. – ha respinto la censura di nullità del provvedimento 28.11.02 del Presidente del Tribunale che, accolta l’istanza d’astensione del g.d. originariamente designato nella sentenza di fallimento, aveva disposto la nomina di altro g.d. nella persona del dott. O., siccome proveniente dall’autorità munita del potere di provvedere alla sostituzione. Nessun dubbio di legittimità investiva inoltre la nomina del curatore nella persona del dott. B.M., in quanto designato all’ufficio dal Tribunale a seguito della rinuncia del precedente professionista nominato nella sentenza di fallimento.

3.- ha sostenuto che l’adunanza *******., ex art. 96, che la reclamante assumeva viziata per effetto del rigetto della richiesta del fallito di procedere al progetto di formazione dello stato passivo, era pienamente legittima, siccome la prassi consolidata di concentrare in unica udienza tutte le attività di verifica non procura lesione dei diritti di alcuno dei soggetti coinvolti nella procedura, tanto meno del fallito, posto che la sua audizione all’udienza di verificazione *******., ex art. 95, non è necessaria.

4. – citando a conforto il precedente di questa Corte n. 667/2000, ha escluso il diritto o la facoltà del fallito di prendere visione delle domande di ammissione allo stato passivo prima dell’udienza di verificazione, siccome il combinato disposto della *******., artt. 95 e 96, gli attribuisce solo il diritto di parteciparvi.

5.- ha ritenuto inammissibili le censure mosse circa le ragioni che avrebbero indotto il creditore istante Banca Popolare Pugliese a chiedere il fallimento, siccome al più avrebbero potuto trovare ingresso nel giudizio d’opposizione introdotto *******., ex art. 18.

6.- ha assunto analoga statuizione in ordine alla dedotta nullità dello stato passivo per illiceità dei crediti ammessi, di cui il fallito non avrebbe potuto dolersi neppure con i mezzi impugnatori previsti nella L: ****., artt. 98 – 100 e 102, perchè tanto più improponibili con lo strumento attivato *******., ex art. 26.

7.- suddetto mezzo rappresentava strumento inutilizzabile anche in ordine all’asserita incompatibilità alla carica di g.d. del dott. O., dedotta per i motivi esposti.

8. – esaminando infine le censure riguardanti il provvedimento d’aggiudicazione, ha rilevato la genericità delle contestazioni mosse con riguardo al prezzo dell’immobile, il cui asserito valore ammonterebbe ad Euro 350.000, in quanto circa 10 anni prima un terreno limitrofo avente analoga destinazione sarebbe stato alienato a L. 585.000, al mq.. L’allegazione sarebbe rimasta indimostrata in quanto non trovava riscontro documentale. Il prezzo indicato dal c.t.u. nominato nella persona dell’ing. D.V. corrispondeva alle condizioni dell’immobile, sito in zona periferica, allo stato rustico, quasi del tutto privo di pavimentazione, con gli impianti predisposti ma non completati ed infissi divelti, e danneggiato nelle altre parti. Non si prestava peraltro a critica. Quanto al sistema di pubblicità utilizzato, ha rilevato che l’avviso pubblicato su due giornali d’informazione locale ed il sito internet, aveva offerto idonea garanzia d’informazione.

Contro questo provvedimento la società Amerco ha proposto il presente ricorso per cassazione con 9 mezzi resistiti dalla procedura intimata. Il ricorrente ha depositato memoria difensiva ai sensi dell’art. 378 c.p.c.. Il difensore del ricorrente ha chiesto in sede di discussione di acquisire tutti gli atti della procedura.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In linea preliminare devesi dichiarare l’irricevibilità della "denuncia e sollecitazione" depositata all’odierna udienza dal D. N., sia perchè proveniente dalla parte in proprio, sia perchè depositata oltre il termine sancito dall’art. 378 c.p.c., sia infine per il suo contenuto, teso a sollecitare l’avvio di un procedimento penale, con cui rappresenta a questo collegio istanza illustrativa di vari illeciti penali i asseritamente commessi dal curatore e dai Giudici che si sono occupati della procedura, non interferente con la decisione del presente ricorso.

Ancora in limine (devesi rigettare la richiesta di acquisizione di tutti gli atti della procedura formulata in sede di discussione dal difensore del ricorrente siccome, a parte il fatto che la sua genericità non consente di verificarne nè il fine nè la rilevanza, dato il carattere meramente processuale di alcune delle censure coltivate in ricorso nonchè i profili di merito sollevati in altri motivi, sollecita l’esercizio di un potere istruttorio che è assolutamente estraneo alle funzioni demandate a questa Corte. Del resto il ricorrente, laddove avesse ritenuto l’esame di alcuni degli atti decisivo ai fini della presente decisione, avrebbe dovuto riprodurne il testo nel corpo dei motivi, in modo da soddisfare il requisito dell’autosufficienza postulato per il ricorso per cassazione che consente il controllo di legittimità sulla base delle sole deduzioni contenute nell’atto senza necessità di indagini integrative.

Col primo motivo il ricorrente, nella qualità spesa, deduce d’aver proposto istanza di ricusazione di tutti e tre i componenti del collegio che ha pronunciato il provvedimento impugnato, della quale manca in esso ogni riferimento, con grave compromissione del suo diritto di difesa, non essendo comprensibile il percorso logico seguito nè la ratio decidendi sulla loro compatibilità.

Il mezzo appare formulato con genericità. Non riferisce infatti con la necessaria autosufficienza i termini della vicenda, segnatamente se siano state presentate un’unica ovvero tre separate istanze di ricusazione, se siano state definite e da quale autorità, se l’organo competente secondo il codice di rito ovvero gli stessi Giudici "a quibus"; se infine questi ultimi, giusta sommaria delibazione circa l’ammissibilità della richiesta, abbiano ritenuto di proseguire nella trattazione del reclamo e quindi di definirlo.

Peraltro la formulazione del motivo non consente di coglierne il senso, cioè se il ricorrente abbia inteso dolersi del fatto che i Giudici che ha ricusato non si siano astenuti, ovvero se contesti le ragioni di denegata ricusazione, se miri a sottoporre a questa Corte i motivi d’incompatibilità sottostanti detta istanza per inferirne nullità del provvedimento assunto, o infine si dolga in questa sede del suo rigetto.

Di qui la palese inammissibilità della censura. Col secondo mezzo il ricorrente deduce violazione degli artt. 40, 650 e 644 c.p., e art. 321 c.p.p., e denuncia omessa motivazione in ordine alla validità e genuinità dell’attestato del direttore della cancelleria commerciale del tribunale di Lecce circa il sequestro preventivo, disposto ex art. 321 c.p.p., in relazione ai reati di usura ed estorsione, sia dell’originale della sentenza di cui si discute sia di quella che ha dichiarato il fallimento della D.. Sostiene l’evidente contraddittorietà dell’affermazione che la sentenza sia custodita presso inesistente cassaforte di cui disporrebbe la cancelleria fallimentare. Si tratta infatti di copia dell’atto, la cui presenza non smentisce l’esistenza della misura cautelare. La procedura è quindi proseguita illegittimamente, benchè sia il g.d. che il curatore fossero sforniti di legittimazione, di cui furono privati dal provvedimento di sequestro.

Ancora inesistente è la motivazione in ordine all’inammissibilità della querela di falso. Il motivo appare infondato. Coltiva censura fondata sull’esposizione di un coacervo di circostanze di fatto che avvalorerebbero le doglianze sottoposte al tribunale fallimentare, di cui in sostanza si sollecita rivisitazione, ma non coglie il senso della decisione impugnata che è sorretta da specifica ratio decidendi, contro cui non risulta indirizzata alcuna effettiva critica, se non nell’ottica di un difetto di motivazione, fatto segno di mera enunciazione, ma non esplicitato con alcuna argomentazione critica. Il Tribunale ha infatti sostenuto che la sedes materiae in cui potrebbe trovare ingresso la querela di falso va individuata nel giudizio d’opposizione alla sentenza di fallimento, con affermazione assolutamente corretta siccome, secondo la sistematica concorsuale, il reclamo *******., ex art. 26, rappresenta strumento di tutela che affida al tribunale il riesame dei decreti assunti dal giudice delegato nell’esercizio dei poteri dirigenziali e propulsori attribuitigli ai sensi del precedente art. 25, cui resta estraneo il controllo sulla legittimità del titolo fondante quei poteri, vale a dire sulla legittimità e/o correttezza della sentenza di fallimento, che trova ingresso nel solo giudizio d’opposizione introdotto *******., ex art. 18. Il motivo non confuta affatto la correttezza giuridica di tale costruzione, nonostante il suo valore decisivo.

Piuttosto sconfessa lo stesso postulato della proposta querela di falso, siccome smentisce la stessa contraffazione del documento controverso, asserendo che la cancelleria commerciale custodisce la copia conforme della sentenza di fallimento che assume sequestrata, in tal modo escludendone dunque la supposta falsità.

Ad ogni buon conto, occorre rilevare che l’adozione della misura cautelare, rimasta comunque indimostrata, non avrebbe determinato la sospensione degli effetti della sentenza, siccome la L. Fall., art. 16, comma 3, ne prevede la provvisoria (secondo dottrina melius l’immediata) esecutività, pacificamente insuscettibile finanche di sospensione ex art. 351 c.p.c.. Suddetti effetti, come si è più volte ribadito, o vengono definitivamente rimossi col passaggio in giudicato della successiva sentenza di revoca, ovvero possono essere rimossi anche prima, ma mediante sospensione non certo della stessa procedura, ma della sola attività liquidatoria, che peraltro è rimessa al prudente apprezzamento degli organi della procedura, dunque a valutazione discrezionale, come tale insindacabile da parte di questa Corte (cfr. per tutte Cass. nn. 10383/97, 10792/2003).

Col terzo mezzo il ricorrente ribadisce la nullità del procedimento e del decreto impugnato per violazione dei diritti di difesa, poichè non è stato consentito conoscere le domande di ammissione allo stato passivo nonchè per violazione della *******., artt. 95 e 96, che prescrivono il deposito dello stato passivo nel termine di tre giorni antecedenti l’adunanza. Il motivo è inammissibile in quanto espone mera ripetizione delle doglianze illustrate nel reclamo, alle quali il tribunale fallimentare ha fornito adeguata e puntuale risposta, contro cui non è stata indirizzata alcuna critica. Il fallito è infatti privo di legittimazione sostanziale e processuale a contestare le pretese creditorie, dunque ad impugnare lo stato passivo (Cass. n. 3719/2003), nè il reclamo *******., ex art. 26, è esperibile per contestare l’ammissione di un credito allo stato passivo ovvero la stessa formazione dello stato passivo. Contro il decreto che ne dichiara l’esecutività previsto dalla *******., art. 97, sono infatti esperibili, ma da parte dei soli soggetti tassativamente individuati, i rimedi di cui alla *******., artt. 98, 100 e 102, (Cass. n. 650/2003).

Col quarto motivo si deduce ancora nullità del procedimento discendente dalla nullità della nomina sia del g.d. nella persona del dott. O., che del curatore dott. B., sia perchè provenienti da organo sprovvisto di competenza, potere e legittimazione, sia perchè successive al sequestro. Il primo non venne designato dal tribunale fallimentare, in violazione del combinato disposto della *******., art. 16, e *******., art. 23, e art. 25 Cost., nè vi è prova che quella nomina fosse l’unica possibile. Anzi risulta falso che fossero incompatibili i magistrati E., P. e Pe. perchè trattavano procedimenti che riguardavano esso ricorrente. Anche questo motivo è inammissibile.

La decisione del tribunale risulta corretta, siccome afferma che la nomina di altro g.d. nella persona del dott. O. proviene dall’autorità munita del potere di provvedere alla sostituzione.

Nessun dubbio di legittimità investiva inoltre la nomina del curatore nella persona del dott. B.M., in quanto designato all’ufficio dal Tribunale a seguito della rinuncia del precedente professionista nominato nella sentenza di fallimento.

Siffatta statuizione appare sicuramente rispettosa del dettato dell’art. 51 c.p.c., u.c., che affida al capo dell’ufficio la decisione in materia. La designazione del Giudice che deve sostituire quello astenuto è affidata peraltro a scelta discrezionale dell’organo anzidetto, che non necessita di motivazione, tanto meno di giustificazione circa la disponibilità o indisponibilità di altri Giudici. Analogamente è a dirsi in ordine alla sostituzione del curatore, alla quale ha provveduto lo stesso tribunale fallimentare.

Il mezzo in esame reitera peraltro le stesse argomentazioni illustrate a sostegno del reclamo, sorreggendole con considerazioni svolte in punto di fatto, come tali precluse in questa sede. Il quinto motivo reitera questione di nullità per vizi attinenti al procedimento di formazione dello stato passivo. Valgono perciò a proposito le considerazioni svolte in ordine al terzo mezzo.

Col sesto motivo il ricorrente deduce vizi di nullità per violazione dell’art. 194 c.p.c., e artt. 90, 91 e 92 disp. att. c.p.c., assumendo che le consulenze del prof. A.S. e del dott. M.L. sarebbero mille per violazione del diritto di difesa non essendo stata data comunicazione dell’inizio delle operazioni nè ai reclamanti nè ai loro difensori. Il motivo devesi dichiarare inammissibile in ragione della sua genericità. Non riproduce infatti con la necessaria autosufficienza le circostanze che sostengono la censura, che appare oltretutto nuova. Il settimo motivo espone contestazione sulle caratteristiche dell’immobile, ubicato al centro città e non già in zona periferica, produttivo in tesi di un reddito netto di Euro 500 mila annui per il quale è pervenuta offerta d’acquisto di Euro 3 milioni non presa in considerazione dal g.d..

Il mezzo è anch’esso inammissibile in quanto affida la critica esposta all’indicazione di circostanze di fatto, mirando ad una loro rivisitazione che in questa sede è inammissibile.

Con l’ottavo motivo il ricorrente, denunciando violazione della *******., artt. 93 e 96, e artt. 1418, 1283, 1284, 1325, 1346, 1939 e 2697 c.c., e artt. 629 e 644 c.p., lamenta che le domande d’ammissione allo stato passivo delle banche e della Fime proiettano in sede fallimentare il loro piano estorsivo ed intimidatorio già denunciato in sede penale. Svolge tutta una serie di considerazioni sull’attività illecita delle banche che ne hanno procurato il fallimento, le cui pretese sarebbero prescritte, infondate, illegittime, illecite, indimostrate, come attestano le iniziative assunte in sede penale, specificamente riferite. Anche questo motivo appare inammissibile. Il tribunale ha ritenuto inammissibili le censure mosse circa le ragioni che avrebbero indotto il creditore istante Banca Popolare Pugliese a chiedere il fallimento, siccome al più avrebbero potuto trovare ingresso nel giudizio d’opposizione introdotto *******., ex art. 18.

Il ricorrente non confuta la correttezza di questa ratio decidendi, assolutamente ineccepibile, contro cui non indirizza alcun argomento di critica, ma reitera il compendio delle circostanze di fatto già vagliate in sede di reclamo, la cui disamina in questa sede di legittimità comunque non potrebbe trovare ingresso. L’opposizione governata dalla L. Fall., art. 18 e ss, resta sede unica ed esclusiva in cui le doglianze illustrate possono trovare collocazione ed essere verificate, rilevando ai fini di un’eventuale revoca della sentenza di fallimento. Restano invece estranee all’ambito cognitivo demandato al giudice del reclamo, come si è già puntualizzato, le questioni attinenti alla correttezza della sentenza di fallimento.

Il nono motivo deduce nullità del procedimento e del decreto per violazione della *******., art. 16, e art. 40 c.p.. La presentazione d’istanze di fallimento rivelatesi false, illecite ed inefficaci, avrebbe dovuto comportare per il Giudice civile, quale atto dovuto consequenziale all’accertamento del reato d’usura, la sospensione di ogni attività connessa alla procedura. Trattasi di omissione, consumata in violazione dell’art. 40 c.p., in quanto in sede penale si ebbe ad accertare che il tasso praticato dalle banche era del 300%, dunque usurario. In ragione di tanto si fece richiesta di sospensione degli effetti esecutivi della sentenza di fallimento, con parere favorevole del P.M..

In conclusione, le domande delle banche sono sprovviste del titolo, dei documenti giustificativi, e della prova del rapporto obbligatorio.

Con riguardo alle riferite argomentazioni si richiamano le osservazioni svolte con riferimento al precedente motivo.

Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere respinto con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00, per esborsi oltre spese generali ed accessori di legge.

Redazione