Corte di Cassazione Civile sez. I 15/3/2010 n. 6175; Pres. Adamo

Redazione 15/03/10
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Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 21/3/1994, la Costadoro s.p.a. esponeva che, con scrittura 28/1/1988, aveva concesso ad *****, a nome della s.n.c. Belgio, di cui la stessa era socia unitamente a ***** e D.G. G., un mutuo di lire 70.000.000. Assumendo che l’esecuzione mobiliare contro la E. si era rivelata incapiente, e che il recupero della somma mutuata era alquanto difficile nei confronti della società Belgio, trasformatasi il 15/9/1988 in s.a.s. Belgio di ***** & C. e dichiarata fallita in data 6/10/1992, la società esponente citava i predetti R. e D.G., quali soci illimitatamente responsabili al momento in cui era sorta l’obbligazione, a comparire innanzi al Tribunale di Torino, per ivi sentirli condannare al pagamento della somma summenzionata, con gli interessi legali.
Instauratosi il contraddittorio, i due convenuti contestavano la narrativa avversaria, eccependo: che al 28/1/1988 la E. non poteva impegnare la s.n.c. Belgio, della quale era entrata a far parte come socia ed amministratrice soltanto il 9 febbraio successivo; che, peraltro, i patti sociali impedivano alla E., anche dopo tale ingresso, di contrarre mutui; che, inoltre, la scrittura 28/1/1988 era a loro inopponibile, perché, là dove era scritto che la somma veniva data a "titolo grazioso", presentava abrasioni. Di conseguenza, chiedevano di essere assolti da ogni domanda.
Espletata attività istruttoria, il Tribunale di Torino in composizione monocratica, con sentenza 6 – 26/5/2003, respingeva la domanda e condannava la società attrice alla rifusione delle spese di lite.
Il giudice osservava: a) che non era stata fornita la prova che la E. avesse sin dal 28/1/1988 assunto la qualità di socia, né tanto meno che avesse i poteri di impegnare la società sottoscrivendo pagherò cambiari; b) che il fatto che la somma controversa fosse stata annotata nel libro giornale (ma non registrata nella prima nota, tenuta sino all’8/2/1988 dalla D.G.) e iscritta nel bilancio (la cui redazione era avvenuta in data 31/12/1988 successiva alla trasformazione della società in s.a.s.) non aveva valore di ratifica da parte di quest’ultima; c) che i 42 effetti cambiari previsti nella scrittura 28/1/1988 erano stati rilasciati dalla E. in proprio, senza alcun riferimento alla società.
Con atto di citazione notificato il 12/11/2003, la Costadoro s.p.a. impugnava la sentenza summenzionata, chiedendo l’accoglimento della domanda, limitatamente alla somma che, dopo la percezione da parte della curatela fallimentare di lire 12.776.597, si era ridotta a euro 29.553,42.
Costituitisi con comparsa del 24/2/2004, i due appellati chiedevano il rigetto dell’appello.
La Corte di Torino accoglieva, con sentenza depositata il 17.9.04, l’appello della Costadoro, e, a totale riforma dell’impugnata sentenza, condannava i coniugi R. – D.G. in solido al pagamento a favore della ******à Costadoro della somma residua di euro 29.553,42 con l’aggravio degli interessi e delle spese di lite.
Avverso la predetta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i predetti coniugi sulla base di sette motivi illustrati con memoria, cui resiste con controricorso la soc. Costadoro.

Motivi della decisione

I ricorrenti con il primo motivo di ricorso si dolgono che la Corte di Torino non si sarebbe pronunciata sull’eccezione di estinzione del debito e sulla non riferibilità ai R.-D.G. dei titoli cambiari allegati all’istanza di fallimento.
Con il secondo motivo lamentano, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale, che la sola spendita abusiva del nome del terzo (società Belgio) da parte dei contraenti e sottoscriventi la scrittura privata 28/1/88 non poteva produrre effetti nei confronti di quel terzo, perché il contratto non può vincolare che i diretti sottoscriventi.
Con il terzo motivo deducono la violazione degli artt. 2702 e 2710 c.c.. La Corte di merito avrebbe disatteso le regole poste da tali norme, nel dare rilevanza risolutiva all’annotazione del debito contratto con la Costadoro nel Libro Giornale vidimato e bollato ed all’inclusione del medesimo debito tra le voci passive del Bilancio annuale 1988. Mentre la stessa Corte avrebbe negato ogni peso alle annotazioni contabili riportate sui fogli di quaderno di prima nota, non bollati e non vidimati.
Con il quarto motivo i ricorrenti ripropongono gli argomenti secondo cui la Corte territoriale avrebbe errato nel dare maggior peso alle scritture contabili bollate e vidimate rispetto ai fogli di prima nota.
Con il quinto motivo lamentano che il giudice di secondo grado avrebbe disatteso le norme ermeneutiche, dando esclusivo peso alle espressioni letterali della scrittura privata 28/1/88 e ritenendo coinvolta nella vicenda la ******à Belgio per essere stata questa ripetutamente menzionata e individuata quale controparte nel contesto del documento contrattuale, non valutando, invece, il comportamento successivo della Costadoro che, constatata l’inadempienza della soc. Belgio all’obbligo restitutorio, azionava i titoli cambiari insoluti direttamente e immediatamente nei confronti della *****, non escutendo il patrimonio sociale in via preventiva, come sarebbe stato suo obbligo legale.
Con il sesto motivo assumono che la Corte di Torino avrebbe omesso di pronunciarsi su una eccezione sollevata e risollevata in corso di causa e, cioè, che la E. O. era impossibilitata, per norma statutaria, a contrarre mutui, e pertanto, anche ammessa la sua veste di socia della S.n.c., non avrebbe potuto giammai vincolare l’ente societario.
Con il settimo motivo contestano la ritenuta iscrizione in bilancio al 31.12.88 del finanziamento Costadoro anche sotto il profilo della rilevanza poiché a quella data la società era già stata trasformata in società in accomandita semplice.
Venendo all’esame del primo motivo di ricorso va osservato che, sebbene formalmente proposto come difetto di motivazione, lo stesso in realtà deduce un vizio di omessa pronuncia come si evince dal richiamo all’art. 112 cpc.
Il motivo risulta fondato.
La sentenza impugnata, infatti, non ha preso in alcun modo in esame né si è pronunciata sull’eccezione sollevata dai ricorrenti di avvenuto pagamento del mutuo dell’importo di lire 70 milioni, ad eccezione di quattro cambiali di lire tre milioni ciascuna.
Detta eccezione risulta sollevata tanto in primo che in secondo grado nella comparsa conclusionale e nelle note di replica il cui contenuto è stato trascritto integralmente nel ricorso.
La Corte d’appello avrebbe quindi dovuto emettere pronuncia su detta eccezione non potendosi in alcun caso ritenere che la stessa sia stata implicitamente rigettata poiché, essendo quella dell’avvenuto pagamento una eccezione in senso proprio e non già una mera difesa, la stessa richiedeva uno specifico esame che la corte d’appello avrebbe dovuto effettuare di seguito al capo della sentenza che aveva ritenuto la sussistenza della società di fatto.
Il motivo va conseguentemente accolto.
Il secondo ed il quinto motivo possono essere esaminati congiuntamente e gli stessi appaiono fondati.
La giurisprudenza di questa Corte ha avuto occasione di precisare che l’esistenza di una qualunque società, semplice, di persone, di capitali, regolare, irregolare, e quindi anche di una società di fatto, richiede il concorso di un elemento oggettivo, rappresentato dal conferimento di beni o servizi, con la formazione di un fondo comune, e di un elemento soggettivo, costituito dalla comune intenzione dei contraenti di vincolarsi e di collaborare per conseguire risultati patrimoniali comuni nell’esercizio collettivo di un’attività imprenditoriale. Tale comune intenzione costituisce il contratto sociale, senza del quale qualsiasi società non può esistere. Quel che caratterizza la società di fatto, e la differenzia dalla società irregolare, non è dunque la mancanza del contratto sociale, ma il modo in cui questo si manifesta e si esteriorizza; esso infatti può essere stipulato anche tacitamente, e risultare da manifestazioni esteriori dell’attività di gruppo, quando esse, per la loro sintomaticità e concludenza, evidenzino l’esistenza della società. (Cass. 1961/00).
La concreta mancanza della prova scritta di un contratto societario relativo ad una società di fatto o irregolare (non richiesta, peraltro, dalla legge ai fini della sua validità), non impedisce al giudice del merito l’accertamento, "aliunde", della esistenza di una struttura societaria, all’esito di una rigorosa valutazione (quanto ai rapporti tra soci) del complesso delle circostanze idonee a rivelare l’esercizio in comune di una attività imprenditoriale quali il fondo comune, costituito dai conferimenti finalizzati all’esercizio congiunto di un’attività economica, l’alea comune dei guadagni e delle perdite, e l’affectio societatis, cioè il vincolo di collaborazione in vista di detta attività nei confronti dei terzi. È peraltro sufficiente a far sorgere la responsabilità solidale dei soci ai sensi dell’art. 2297 cod. civ., la esteriorizzazione del vincolo sociale, ossia l’idoneità della condotta complessiva di taluno dei soci ad ingenerare all’esterno il ragionevole affidamento circa l’esistenza della società. (Cass. 8187/97; Cass. 11957/03, Cass. 3829/83, Cass. 3712/83; Cass. 3591/83, Cass. 6471/82, Cass. 5593/82, Cass. 381/82, Cass. 6397/81; Cass. 1573/84).
Nel caso di specie, la Corte d’appello ha argomentato la ritenuta esistenza di una società di fatto in base alla considerazione che il finanziamento di 70 milioni non poteva considerarsi essere stato effettuato a titolo personale alla E. perché in tal caso "non vi sarebbe stata alcuna necessità di ripetere nella scrittura 28/1/1988, accanto al nome di ***** – e per ben tre volte – che ella era "della soc. Belgio s.n.c. di ***** & C." ed era "titolare dell’esercizio sito in Torino, Corso Belgio n. 162": ripetizione che evidentemente non può essere interpretata se non come intento della società Costadoro s.p.a. – qualificatasi come "unico ed esclusivo fornitore di caffè del suddetto esercizio" – di avere come controparte la società, nella persona di colei che – pur non avendo ancora acquistato formalmente parte delle quote intestate ai soci R. e D.G. (il che sarebbe avvenuto pochi giorni dopo) – ne era già socia di fatto".
Il giudice di seconde cure ha poi soggiunto che ciò "trovava conferma, da un lato, nella deposizione del teste ******* (con particolare riferimento all’accenno alla "stesura del preliminare" risalente a circa un mese prima) e, dall’altro lato, nella inclusione del nome della E. nella ragione sociale della soc. Belgio s.n.c. (v. primo rigo della scrittura in esame: "Tra i signori ***** della soc. Belgio s.n.c. di ***** & C. …"): una inclusione non giustificata dall’ingresso della E. nella società (la cui denominazione "Belgio s.n.c. di D.G. G. e C." rimase inalterata fino alla trasformazione in s.a.s. avvenuta il 15/9/1988) e che, all’evidenza, prendeva atto della assunzione da parte della predetta delle funzioni amministrative dalle quali la D.G. di lì a qualche giorno sarebbe cessata (v. interrogatorio R. "Dal giorno dell’atto in poi, la sig.ra D.G. ha consegnato le chiavi alla sig.ra O. e (…) non ha più avuto motivo di andare dal dott. *******").
"Né a diverso avviso – ha proseguito la Corte territoriale – inducono gli effetti cambiari rilasciati dalla E. senza la spendita della ragione sociale: una spendita che, intanto, non poteva essere resa ufficiale anteriormente al rogito e, poi, poteva essere considerata superflua se – tenuto conto che il beneficiario era il marito della E. ("sig. ********": girante a favore della Costadoro) – lo scopo del rilascio era quello di creare una separata garanzia personale dell’obbligazione restitutoria.".
Tale motivazione fornita dalla Corte d’appello circa l’esistenza della società di fatto appare inadeguata, contraddittoria e non logicamente conseguente oltre che, per certi aspetti, difforme dai dianzi citati orientamenti di questa Corte in tema di società di fatto.
La Corte d’appello ha ritenuto, in primo luogo, che l’esistenza del contratto preliminare per l’acquisto di una quota della società da parte della E., riferito dal teste *******, fosse valso a costituire una società di fatto.
Invero,come dianzi ricordato, la società di fatto presuppone la esistenza di un contratto sociale la cui esistenza, in assenza di atto scritto, va accertata in via di fatto in base alla affectio societatis, alla costituzione di un fondo comune ed allo svolgimento in comune dell’attività sociale.
La semplice stipula di un contratto preliminare di acquisto di quote di una società in nome collettivo, in mancanza di ulteriori elementi, non può di per sé far presumere che da esso potesse conseguire la costituzione di una società di fatto anche perché la stipula di un siffatto contratto, in quanto volto a far assumere alla E. la posizione formale di socia della Belgio snc, potrebbe invece fare escludere, sotto il profilo del quod plerumque accidit, la creazione di una società di fatto nelle more della [omissis] non aveva svolto alcuna funzione amministrativa il che avrebbe dovuto fare escludere l’esistenza della società di fatto.
A tale proposito, deve rilevarsi poi che, come riportato nella parte narrativa della sentenza, viene dato atto che il Tribunale aveva accertato che fino all’8.2.88 la D.G. aveva tenuto il registro di prima nota, il che costituisce un elemento contrastante con il subentro della E. nella gestione della società in data anteriore.
A ciò deve ulteriormente aggiungersi che appare inesplicata la ragione secondo cui il recarsi dal dr. ******* equivaleva allo svolgere attività di amministrazione della società.
Del tutto oscura appare poi l’argomentazione relativa alla inclusione del nome E. nella ragione sociale soc. Belgio snc di ***** & C. posto che la stessa Corte d’appello, che sembra attribuire a tale circostanza un elemento probatorio a favore della esistenza di una società di fatto, dà atto che la denominazione Belgio snc di D.G. G. & C. rimase inalterata fino al 15.9.88 e che, quindi, all’epoca la ragione sociale addotta dalla E. nel contratto era inesistente.
Sotto il profilo della coerenza logica, il riferimento che la E. ha effettuato nell’ambito del contratto di mutuo ad una ragione sociale all’epoca inesistente rende problematico il ritenere che essa, sotto il profilo dei rapporti con i terzi, abbia tenuto un comportamento atto a manifestare all’esterno l’esistenza di una società di fatto, proprio perché tale riferimento era effettuato nei confronti di una società diversa come denominazione rispetto alla Belgio snc di D.G. G. & C.
Venendo, infine, alla sottoscrizione delle cambiali rilasciate dalla E. contestualmente alla stipula del mutuo e firmate a nome proprio senza alcun riferimento alla Belgio snc, appare scarsamente coerente sotto il profilo logico l’interpretazione fornita dalla Corte d’appello secondo cui, essendo state le cambiali rilasciate in favore del marito, le stesse avevano lo scopo di creare una separata garanzia personale.
Risulta, infatti, dal testo del contratto di mutuo, per come lo stesso è riportato dai ricorrenti che, a fronte della concessione del prestito di settante milioni da parte della Costadoro, venivano rilasciati effetti con scadenze concordate che sono, per l’appunto, quelli sottoscritte dalla E..
Dal tenore di detto contratto parrebbe dedursi che le cambiali altro non erano se non dei ratei per la restituzione alla Costadoro del mutuo erogato. Discende da ciò che appare improprio, in assenza di altri elementi, quanto argomentato dalla Corte d’appello e, cioè, che detti titoli avevano una funzione di garanzia, con l’ulteriore conseguenza che appare insufficientemente motivata la ritenuta mancata rilevanza di detti titoli rilasciati in proprio ai fini del decidere circa l’assunzione personale del mutuo da parte della E..
Infine, si osserva che la Corte d’appello, che ha posto a base della decisione la deposizione del teste ******* in relazione al contratto preliminare, non ha effettuato una valutazione d’insieme della citata deposizione, non dando, in particolare, conto delle dichiarazioni del detto teste che ha espressamente affermato che la stesura del preliminare non prevedeva uno specifico finanziamento alla persona fisica E. da parte di terzi e che "la O. E. aveva fatto presente o accennato ad un finanziamento da parte della Costadoro a titolo personale che le consentisse di diventare socia. Se non fosse arrivato il finanziamento non avrebbe potuto rilevare le quote e far fronte al successivo impegno di acquisto delle quote".
È ben vero che il giudice può nella propria motivazione dare conto solo degli elementi che ritiene decisivi per la decisione non dovendo necessariamente dar conto di tutti gli elementi acquisiti in giudizio e di tutte le argomentazioni delle parti. Nel caso di specie però, in presenza di elementi contrastanti nell’ambito della stessa deposizione, occorreva dare sommariamente conto del perché si è ritenuto di dar valore ad alcuni elementi di essa a discapito di altri di segno contrario.
I motivi in esame vanno pertanto accolti.
Restano assorbiti tutti gli altri motivi.
Il ricorso va, pertanto, accolto nei termini di cui in motivazione. La sentenza impugnata va di conseguenza cassata con rinvio alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione che si atterrà nel decidere al principio di diritto dianzi enunciato e che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

Redazione