Corte di Cassazione Civile sez. I 12/12/2008 n. 29242

Redazione 12/12/08
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Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Milano, con la sentenza in esame n. 2742, depositata il 7.10.2003, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione proposta dalla società Dental Prevention s.r.l. nei confronti di B.G. avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 7862/2001, avendo ravvisato la nullità dell’atto introduttivo, notificato il giorno 2 luglio 2002, per insufficienza del termine a comparire concesso all’appellato, indicato nell’udienza del 9 ottobre successivo, non rimasta sanata per effetto della rinnovazione della notificazione, poichè eseguita il 14 ottobre 2002, allorchè era ormai decorso il temine annuale d’impugnazione previsto dall’art. 327 c.p.c..

La società Dental ha impugnato la decisione col presente ricorso per cassazione, affidato ad unico mezzo resistito dall’intimato.

Questa Corte, cui inizialmente il ricorso è stato trasmesso in sede camerale, con ordinanza 31 maggio 2007 ne ha quindi rimesso la trattazione all’odierna udienza.

Motivi della decisione
Il resistente eccepisce in linea preliminare l’inammissibilità del ricorso per nullità della procura e mancanza di capacità processuale della società ricorrente, determinata dalla sua estinzione conseguente alla sua cancellazione dal RR.II, eseguita il giorno 30 luglio 2002, ma a seguito di istanza depositata il precedente 27 marzo, dunque precedente alla notifica dell’atto d’appello, eseguita il successivo 2 luglio dello stesso anno.

L’eccezione appare fondata.

Il disposto dell’art. 2495 c.c., nel testo introdotto dal D.Lgs. n. 6 del 2003, art. 4, prevede che la cancellazione della società dal registro delle imprese ne produce l’estinzione nonostante l’esistenza di crediti insoddisfatti, o di rapporti ancora non definiti.

L’interpretazione della citata disposizione in tal segno è ormai pacifica, e viene condivisa in questa sede senza necessità di rivisitazione. La disciplina contenuta nel riferito nuovo testo normativo, come si è sostenuto nei precedenti di questa Corte n. 18618/2006 e n. 19347/2007, non incide sui presupposti della cancellazione ma ne regola i soli effetti, operando retroattivamente, dunque applicandosi anche a fatti pregressi.

L’arresto di segno contrario n. 646/2007, che ribadisce il precedente indirizzo che correlava l’effetto estintivo non già alla predetta formalità nè allo scioglimento dell’ente, bensì all’effettivo esaurimento di tutti i rapporti giuridici facenti capo all’ente stesso, ancorchè sciolto e cancellato dal R.II., non si pone in consapevole contrasto con l’esegesi richiamata, che mostra piuttosto d’aver ignorato. Non offre perciò spunti di critica, utili per una sua eventuale rimeditazione.

Nel caso di specie la cancellazione della società dal registro delle imprese è avvenuta il 30 luglio 2002; ne ha perciò procurato l’estinzione in corso di giudizio, siccome è intervenuta in un momento successivo alla notifica dell’atto d’appello, dunque dopo la sua introduzione.

In quanto non è stato dichiarato, l’evento non ha però prodotto l’interruzione del processo, che è regolarmente proseguito fino alla sua conclusione. Nondimeno, ha procurato la perdita della capacità processuale del liquidatore, che non aveva perciò il potere di rilasciare la procura per la proposizione del presente ricorso, che devesi dichiarare affetta da nullità.

La presente impugnazione devesi perciò dichiarare inammissibile.

Ne discende la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese (liquidate come da dispositivo. Si rileva a tal riguardo, sulla scorta del principio enunciato nell’arresto delle Sezioni Unite n. 10706/2006, che poichè il difensore della ricorrente ha espletato l’attività connessa al suo ufficio munito di procura speciale, gli effetti di tale attività si riverberano sulla parte conferente, che, mantenendo tale veste ancorchè la procura, per i motivi illustrati, sia risultata invalida, per il principio di causalità, deve rispondere delle spese. Ciò a differenza del caso, ben diverso, d’impugnazione promossa da difensore che abbia agito privo di effettiva procura, ovvero munito di procura inesistente o falsa, in cui egli assume in prima persona la responsabilità delle spese (cfr. sul solco del precedente citato Cass. n. 1759/2007).

P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente al pagamento delle spese della presente fase di legittimità che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2008.

Redazione