Corte di Cassazione Civile 8/2/2010 n. 2717; Pres. Rovelli

Redazione 08/02/10
Scarica PDF Stampa
Svolgimento del processo

F. D.B. conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Ancona, M.L. P. esponendo di aver stipulato con la convenuta un contratto preliminare di vendita di un immobile sito in Numana, per la somma di L. 300.000.000 di cui L. 100.000.000 da versare subito quale caparra e con la clausola di immediato trasferimento ad esso attore, quale promissario acquirente, del possesso dell’immobile medesimo.
Esponeva altresì che, versata la caparra, e formalmente invitata la venditrice a presentarsi dinanzi al notaio B. per il 7 settembre 1993 alle ore 18 per la stipula dell’atto pubblico, la P. aveva omesso di comparire. Concludeva chiedendo dichiararsi l’inadempienza della convenuta all’obbligo di concludere il contratto definitivo e, per l’effetto, disporre il trasferimento coattivo, ex art. 2932 cc, dell’immobile "de quo", ordinando alla Conservatoria di effettuare le necessarie volturazioni a cura della parte attrice e a spese della convenuta.
Si costituiva la P. contestando la pretesa avversaria e proponendo domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni subiti ad opera dell’attore.
Eccepiva la convenuta che il preliminare era stato redatto in mancanza del suo consenso, in quanto, essendo di lingua francese, non aveva compreso l’esatto significato delle espressioni contenute nell’atto.
In particolare, equivocando sui termini promittente e promissario, aveva ritenuto che la facoltà di chiedere la stipula del definitivo spettasse a lei e che la disponibilità del bene promesso dovesse rimanere a lei fino alla stipula del definitivo, tant’è che aveva consegnato le chiavi dell’immobile al D.B. al solo scopo di permettergli la visione dello stesso e ne aveva poi preteso l’immediata restituzione.
Chiedeva pertanto che il Tribunale pronunciasse l’annullamento del contratto preliminare, ai sensi degli artt. 1437 e 1439 cc, ovvero la rescissione del medesimo per lesione "ultra dimidium".
Con sentenza del 15 gennaio 2001 il GOA della Sezione Stralcio presso l’adito Tribunale, in accoglimento della domanda attorea, disponeva, ai sensi dell’art. 2932 cc, il trasferimento della proprietà del villino sito in Numana, località Montefreddo, via (omissis), mandando al Conservatore dei Registri Immobiliari di Ancona di trascrivervi la sentenza;condannava l’attore a versare alla convenuta la residua somma di L. 200.000.000; respingeva la domanda riconvenzionale della P. e la condannava altresì alle spese del giudizio.
Sosteneva il GOA che l’attore aveva fornito la prova documentale dell’esistenza del preliminare, di aver versato la caparra da esso prevista, di aver offerto realmente l’estinzione del suo debito e di aver invitato formalmente la convenuta a presentarsi dal notaio per la stipula del definitivo. La P., al contrario, non aveva provato il fondamento della propria eccezione circa l’annullamento e la rescissione del contratto.
Proposto gravame dalla soccombente, con sentenza del 20 dicembre 2004 la Corte d’appello di Ancona rigettava e dichiarava inammissibile l’impugnazione, accertava e dichiarava che il D.B. non era tenuto al pagamento degli interessi in favore della convenuta dalla data del 5.11.2001 sulla somma di L. 200.000.000 oggetto della gravata sentenza e condannava l’appellante alle maggiori spese del grado.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione M.L. P. sulla base di tre motivi.
Resiste con controricorso F. D.B..
Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 1418, 1427, 1428, 1429 e 1439 cc nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Contesta la ricorrente la statuizione della Corte del merito secondo la quale vi sarebbe stato un valido consenso di essa P. sul contenuto del preliminare.
La circostanza sarebbe contraddetta da svariati elementi tra i quali, oltre alla mancata conoscenza della lingua italiana, essendo l’attuale ricorrente cittadina francese, il mancato vaglio della prova documentale costituita dalla confessione del D.B., valida ed efficace ai sensi dell’art. 2735 cc.
Invero nella lettera del 15 marzo 1993 l’attuale resistente aveva scritto ad essa P. che i termini dell’accordo per il preliminare erano: a) prezzo pari a L. 300.000.000; b) pagamento da effettuarsi quanto a L. 70.000.000 (poi divenuti 100.000.000) al compromesso, ed il resto entro tre anni; b) possibilità di effettuare interventi e modifiche strutturali da subito.
L’accordo non prevedeva: 1) la consegna ed il possesso immediato che non veniva indicato dal D.B.; 2) l’esclusione degli interessi per il periodo di dilazione; 3) l’esclusione dell’ipoteca legale a garanzia del credito della venditrice nel caso in cui la stipulazione fosse stata richiesta dall’acquirente prima del termine previsto per il saldo del prezzo; 4) la condizione della stipulazione del definitivo "ad libitum" del compratore; 5) la cessione di tutti gli arredi.
Tal che i punti "concordati amichevolmente", precisamente indicati dal D.B. nella confessione, erano completamente diversi dal contenuto del preliminare, con indubbia influenza negativa sulla validità del consenso.
La doglianza non può essere accolta.
Invero la Corte marchigiana, con motivazione adeguata, esente da vizi logici e da errori giuridici, e pertanto insindacabile nell’attuale sede di legittimità, alla luce delle inequivocabili dichiarazioni rese dal teste notaio B. che aveva redatto il preliminare del 7 febbraio 1993, ha ritenuto priva di pregio la tesi sostenuta dall’appellante P. circa il presunto dissenso e la mancata convergenza delle parti sui diversi elementi della convenzione a causa della non piena conoscenza della lingua italiana e, in particolare, dei termini giuridici da parte della medesima.
Il teste invero aveva precisato:
che per quanto riguardava la conoscenza della lingua italiana da parte della P. egli non aveva avuto in proposito alcun dubbio avendo colloquiato con la stessa in italiano, senza intermediari e senza problemi;
che per quanto concerneva la capacità d’intendere e di volere, nulla dal colloquio con le parti era trapelato da fargli dubitare della pienezza della capacità di entrambe, alle quali aveva anche spiegato le conseguenze, sia utili che onerose della immissione in possesso, così come stabilita nel preliminare, precisando che tra quelle onerose c’era anche il pagamento delle imposte.
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2932 cc; concomitante violazione degli artt. 1213 – 1214 cc; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Contesta la ricorrente il fatto che il giudice d’appello abbia dichiarato inammissibile la sua richiesta di rigetto della domanda ex art. 2932 secondo comma cc proposta da controparte, per inadempimento della medesima che non aveva eseguito la sua prestazione né ne aveva fatto offerta nei modi di legge, sul presupposto che si trattasse di "domanda nuova", come tale non proponibile in quella sede.
La doglianza è fondata.
L’attuale ricorrente, in sede di gravame di merito, aveva richiesto, in via subordinata gradata rispetto alla azione di nullità del contratto preliminare proposta in via principale, il rigetto della domanda del D.B. intesa al trasferimento in suo favore della proprietà dell’immobile, sul rilievo che il predetto non aveva eseguito la prestazione dovuta né aveva offerto la stessa nei modi di legge.
La Corte anconetana ha ritenuto inammissibile tale richiesta trattandosi di domanda nuova poiché la P. non aveva mai chiesto nel giudizio di primo grado il rigetto della domanda avversaria ai sensi dell’art. 2932 secondo comma cc a causa del presunto inadempimento dell’acquirente D.B..
Senonché, posto che la suindicata norma pone come condizione per l’accoglimento dell’istanza di trasferimento l’esecuzione da parte dell’acquirente della propria prestazione o l’offerta della stessa nei modi di legge, la Corte territoriale non ha tenuto conto della circostanza che involgendo l’eccepito inadempimento del D.B. una questione attinente alle condizioni dell’azione dallo stesso proposta e quindi rilevabile d’ufficio, la stessa ben poteva essere svolta per la prima volta con l’atto di appello (vedi Cass. n. 3281/83, n. 9382/99, n. 23696/2004, n. 421/2006, n. 18493/2006, n. 11108/2007).
Né va trascurato il rilievo che, nonostante la ritenuta novità della domanda, il giudice d’appello abbia, nella proposizione immediatamente successiva a tale statuizione, dato atto che "l’offerta del pagamento del residuo prezzo e(ra) stata effettuata dal D.B. secondo correttezza e buona fede" così pronunciandosi, in modo, tra l’altro, del tutto generico ed apodittico, in merito a ciò che poche righe prima era stato dallo stesso giudice sanzionato come inammissibile.
L’impugnata sentenza va pertanto sul punto cassata con rinvio della causa alla stessa Corte in diversa composizione, la quale esaminerà la domanda della P., erroneamente ritenuta inammissibile, mentre resta assorbito il terzo motivo di ricorso denunciante la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 cpc in relazione agli artt. 1218 – 1223 cc.
Il giudice del rinvio provvederà anche a determinare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte rigetta il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo, dichiara assorbito il terzo, cassa, in relazione al motivo accolto, l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.

Redazione