Baratto amministrativo e nuovo Codice dei Contratti Pubblici

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Segue a pochi mesi di distanza dalla Deliberazione della Corte dei Conti Emilia Romagna n. 22 del 23.3.2016, un’altra pronuncia dei magistrati contabili in ordine all’istituto del baratto amministrativo introdotto, come è noto, dall’art. 24 del D.L. n. 133/2014, e di recente nuovamente disciplinato – senza alcuna abrogazione delle disposizioni vigenti – dal Codice dei Contratti pubblici D.Lgs n.50/2016.

 

Della necessità di un coordinamento tra le norme che contemplano detto  istituto si è, dunque, occupata la Corte dei Conti Veneto che, con la Deliberazione n.313 del 21 giugno 2016, ha svolto un preliminare inquadramento giuridico delle disposizioni normative riguardanti le fattispecie di baratto amministrativo al fine di rispondere ai quesiti formulati da un sindaco in merito all’interpretazione dell’articolo 24 del d.l. 133/2014 rubricato “Misure di agevolazione della partecipazione delle comunità locali in materia di tutela e valorizzazione dei territori”.

 

Nella specie, è stato chiesto ai giudici contabili di chiarire:

  1. Se, in assenza di agevolazioni tributarie, gli interventi realizzati da cittadini, singoli o associati, possano essere inquadrati nell’ambito dell’attività di volontariato e, di conseguenza, se possano legittimamente essere assunte a carico del bilancio del Comune le spese per le coperture assicurative dei volontari;
  2. se gli interventi resi dai cittadini, singoli o associati, qualora inquadrati come prestazioni occasionali di servizio o di lavoro, siano da ricomprendere nell’ambito delle spese del personale;
  3. se, infine, l’istituto del “baratto amministrativo” sia applicabile anche nel caso in cui debitore di tributi comunali sia un’impresa.

 

Ebbene, la Corte dei Conti Veneto previa ricostruzione dell’istituto del c.d. baratto amministrativo, così come introdotto dal citato articolo 24 e poi disciplinato dall’articolo 190 del nuovo Codice dei Contratti (d.lgs. 50/2016), ha rilevato la difficile coesistenza tra le norme ivi menzionate in ragione della mancata abrogazione, da parte del legislatore dell’art. 24 del D.L. 133/2014.

 

Un problema di coordinamento che, tuttavia, ad avviso della Corte dei Conti può essere superato grazie ad un’attenta lettura delle norme di che trattasi le quali sembrano accomunate dalla prospettiva di esaltazione del principio di sussidiarietà orizzontale, che viene anzi assunto espressamente già nella rubrica dell’art. 189, e che si traduce – in concreto – nel consentire alle Amministrazioni interessate la possibilità di adottare forme procedimentali estremamente semplificate.

 

Peraltro, la Corte ha rilevato che, a differenza dall’art. 24 del d.l. 133/2014 (che riserva tale possibilità ai soli Comuni), la disciplina del Codice dei contratti:

1        consente l’attivazione di contratti di partenariato sociale da parte di tutti gli enti territoriali;

2        non prevede che l’esenzione o riduzione dei tributi sia prevista necessariamente per un periodo limitato;

3        contempla la possibilità di affidare la valorizzazione delle vie e piazze mediante iniziative culturali di vario genere.

 

Così, la delineata distinzione tra il contenuto delle norme citate, ha consentito alla Corte di rispondere ai quesiti formulatigli.

 

In particolare, quanto al quesito volto a comprendere se le prestazioni occasionali di servizio o di lavoro siano da  ricomprendere nell’ambito delle spese del personale, i giudici veneti premettono di aderire alla conclusione secondo cui la deliberazione contemplata dal citato art. 24, “in base alla previsione contenuta nell’articolo 52 d.lgs. 446/1997 che attribuisce ai Comuni la potestà regolamentare per la disciplina dei tributi locali, fatti salvi gli aspetti riservati alla fonte legislativa statale, debba rivestire la forma regolamentare” (cfr. Sez. Emilia Romagna n. 27/2016). Ciò, quindi, implica che la competenza in materia deve essere radicata in capo al Consiglio (art. 52 d.lgs. 446/1997 e art. 42, comma 2, lett. f, del TUEL che attribuisce al consiglio la competenza a deliberare «istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote»), recando con sé la ulteriore conseguenza, tuttavia, che l’atto deve essere adottato, ai sensi del comma 2 di detto articolo 52, “non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione” per avere effetto dal 1° gennaio dell’anno successivo. Conclusioni, queste, da ritenersi ora valevoli in vigenza dell’art. 190 del Codice, che ribadisce la necessità di una apposita delibera al riguardo, che disciplini l’istituto.

 

Inoltre, è stata evidenziata la necessità di un rapporto di stretta inerenza tra le esenzioni o le riduzioni dei tributi” e “le attività di cura e valorizzazione del territorio che i cittadini possono realizzare” (Sez. Emilia Romagna n. 27/2016), per cui la relativa delibera assunta dall’ente pubblico territoriale deve motivare la decisione di avvalersi dell’istituto del baratto sulla base di una attenta valutazione di tutti gli interessi coinvolti che dimostri la convenienza, anche economica, della scelta effettuata.

 

Nell’escludere poi l’applicabilità dell’istituto alle entrate extratributarie, la Corte ha poi evidenziato che la prestazione lavorativa rientrante nel computo delle spese di personale non può che essere quella resa nell’ambito di un rapporto di pubblico impiego legalmente instaurato nei modi e nelle forme previste dalla legge. Pertanto le prestazioni richieste ai beneficiari di provvidenze comunali non possono che rivestire forme di collaborazione sociale senza corrispettività con il contributo economico elargito. E ciò per impedire l’instaurazione surrettizia di forme di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione non disciplinate dalla legge, ancorché a titolo precario, interinale e occasionale. In caso contrario ne deriverebbero oneri riflessi, fiscali, assistenziali e contributivi a carico dell’ente locale di difficile configurabilità pratica e giuridica, aventi titolo nella prestazione di lavoro resa dal beneficiario della provvidenza.

 

Con riferimento, infine, al quesito relativo all’applicabilità del baratto amministrativo nel caso in cui il debitore dei tributi comunali sia un’impresa, i magistrati contabili veneti hanno escluso che la sussidiarietà orizzontale possa essere “utilizzata per fattispecie di aiuti alle imprese”, mettendo in risalto in particolare che “in questa prospettiva, è evidente come le imprese (e gli eventuali aiuti alle stesse) nulla abbiano a che fare con il fenomeno della sussidiarietà orizzontale”: escludendo così che possa rappresentare un’espressione di sussidiarietà orizzontale quella sorta di convergenza fra interessi dei soggetti imprenditoriali privati e interessi degli enti locali.

 

Ed invero, pur consapevole della differenza tra impresa e operatore economico, ai fini del Codice dei contratti (ma sottolineando che in ogni caso la seconda definizione ricomprende in sé la prima: art. 3 comma 1 lett. p), D.Lgs. n.50/2016), la Corte dei Conti Veneto ha sottolineato il rischio dell’elusione delle regole di evidenza pubblica e dell’obbligo del confronto concorrenziale ove queste misure fossero utilizzabili da parte delle imprese.

 

Infatti, il codice dei contratti impone alle “amministrazioni aggiudicatrici” di osservare le regole della c.d. evidenza pubblica per la conclusione di contratti aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, prodotti, lavori e opere. Pertanto, la natura assolutamente inderogabile della citata normativa rende del tutto impraticabile qualunque comportamento che di fatto ne realizzi una sostanziale elusione.

 

In conclusione, quindi, la Corte dei Conti ha rimarcato che lo strumento del c.d. baratto amministrativo non può essere utilizzato per eludere regole cogenti di evidenza pubblica, ovvero aggirare vincoli di finanza pubblica, né tantomeno infine acquisire beni o servizi in violazione di precisi e puntuali divieti stabiliti dalla normativa finanziaria, anche di carattere quantitativo.

Sentenza collegata

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Avv. Cusumano Celine

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