Corte d’Appello Sezione minorenni Bologna 24/2/2009 n. 221; Pres. de Robertis L.

Redazione 24/02/09
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 16 marzo 2007 il Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna disponeva l’apertura del procedimento per l’accertamento dello stato di adottabilità del minore M. P. (omissis), nato a Bologna il (omissis) ottobre 2006, figlio di G. A. e B. C., sospendeva la potestà dei genitori e nominava un tutore provvisorio; contestualmente prevedeva il collocamento del minore in idoneo ambiente protetto, con regolamentazione dei rapporti con i genitori, valutazione delle rispettive capacità affettive ed educative e verifica della eventuale esistenza di parenti entro il quarto grado che avessero mantenuto rapporti significativi col minore e fossero disposti ad accoglierlo. Osservava il Tribunale che: a) la madre del minore soffriva di un disturbo di personalità di tipo borderline e non era mai stata una valida risorsa per il figlio mentre il padre era a lui affettivamente legato; b) i genitori stavano attraversando un periodo di crisi coniugale, contraddistinta da elevata conflittualità; c) i Servizi sociali, che avevano effettuato un intervento ai sensi dell’art. 403 c.c., collocando il minore in ambiente protetto con la madre, avevano constatato che questa appariva concentrata soltanto sul rapporto con il compagno, riservando poco tempo all’assistenza del figlio, fino a quando si era allontanata dalla comunità con l’obiettivo di ricostituire il rapporto coniugale.

Con decreto del 25 giugno 2007, dopo aver ripercorso le fasi in cui si era articolata la vicenda, il Tribunale per i Minorenni dichiarava lo stato di adottabilità del minore, rilevando che dopo il provvedimento del 16 marzo 2007, di apertura della procedura, non si erano verificate sostanziali modifiche della situazione pregressa, sicché il bambino risultava in uno stato di evidente e prolungato abbandono a causa delle gravissime e non transitorie condizioni psichiche della madre, che le impedivano di prendersi convenientemente cura del figlio, e della impossibilità per il padre di farsi carico di lui, compensando adeguatamente le carenze della compagna.

Avverso la decisione, con ricorso depositato il 27 agosto 2007, G. A. e B. C. proponevano opposizione davanti al Tribunale per i Minorenni che, esaurita l’attività istruttoria mediante audizione dei vari operatori intervenuti in relazione al nucleo familiare del minore, dei genitori e degli affidatari nonché acquisizione della documentazione prodotta dagli opponenti, con sentenza del 4 marzo 2008, depositata il successivo 2 aprile, rigettava l’opposizione.

Avverso la pronuncia, con ricorso depositato il 13 giugno 2008, G. A. e B. C. proponevano impugnazione, deducendo in particolare che il Tribunale per i Minorenni: a) quanto alla situazione della B. C., in mancanza di un accertamento tecnico d’ufficio, non aveva potuto esaminare la sua effettiva condizione clinica e valutare le implicazioni del suo disturbo psichico sulla relazione madre-bambino; b) quanto alla situazione dell’ G. A., non aveva considerato che egli non era affetto da alcuna patologia, non aveva mai fatto uso di sostanze stupefacenti, ad eccezione di alcuni spinelli nel solo periodo di "sovraccarico emotivo" successivo alla nascita del figlio, aveva sempre lavorato e si era occupato costantemente sia della compagna che di M. P..

I genitori del minore chiedevano pertanto alla Corte di accogliere le conclusioni indicate in ricorso e trascritte in epigrafe.

L’avv. ******************, curatore speciale del minore, si costituiva, formulando in via gradata le seguenti richieste: "a) integrazione dell’istruttoria con provvedimento interlocutorio di ripresa dei rapporti genitori-figlio e con osservazione della ripresa dei medesimi previa fissazione di incontri anche frequenti; b) integrazione dell’istruttoria sulle condizioni psico-fisiche della madre del minore, B. C., da verificare soprattutto all’attualità; c) revoca della sentenza n. 84/08 con cui il Tribunale per i Minorenni ha rigettato l’opposizione proposta da G. A. e B. C. avverso il decreto emesso dal medesimo Tribunale in data 25.26-06-2007 dichiarativo dello stato di adottabilità del minore M. P. (omissis)".

Con ordinanza del 10 luglio 2008 la Corte nominava un consulente tecnico d’ufficio, conferendogli l’incarico di verificare se, tenuto conto della personalità dei genitori, approfonditamente esaminata anche in relazione alle reciproche interazioni, il minore potesse ricevere nell’ambito della famiglia di origine un supporto adeguato rispetto alle sue esigenze di crescita sia materiali che, soprattutto, morali.

All’udienza del 16 ottobre 2008, fissata per il giuramento del consulente, si costituiva il tutore del minore, chiedendo il rigetto dell’appello.

All’udienza del 12 febbraio 2009, successiva al deposito della relazione del consulente tecnico d’ufficio, comparivano i difensori delle parti e il Procuratore Generale.

La Corte, quindi, si riservava di decidere.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Le ragioni che hanno indotto questa Corte a un approfondimento istruttorio in adesione all’istanza degli appellanti, supportata anche da analoga richiesta del curatore speciale, si rinvengono nell’ordinanza di nomina del consulente tecnico d’ufficio, laddove si è evidenziata l’esigenza di sciogliere definitivamente il dubbio se le difficoltà della madre, dovute essenzialmente a problemi di ordine psicopatologico, potessero in ipotesi essere adeguatamente compensate dalla presenza del padre del minore che, in più occasioni, si era dimostrato idoneo a contenere le intemperanze della compagna e disposto a supportarla anche in relazione alla cura e all’assistenza del figlio.

Per rispondere adeguatamente al quesito, il consulente ha esaminato la copiosa documentazione in atti, tra cui le molteplici relazioni degli operatori che, dalla nascita del minore, si erano occupati della vicenda, riassumendone correttamente il contenuto: ben presto i Servizi di Tutela Minori, attivati dallo stesso ******* per le difficoltà insorte nell’ambito della coppia subito dopo la nascita del bambino, dovettero rendersi conto della sostanziale incapacità della madre di occuparsi del neonato e di gestirne le esigenze: ciò non soltanto dal punto di vista dell’assistenza materiale ma soprattutto da quello della interazione emotiva; consapevole dell’impossibilità di supplire da solo alle carenze della compagna, G. A. formulò una esplicita richiesta di aiuto ai Servizi sociali, che attuarono l’inserimento di madre e figlio in una struttura; anche lì la madre non riuscì a occuparsi del piccolo, che venne accudito dagli operatori; soltanto pochi giorni dopo la madre fece ritorno a casa per risolvere i problemi di coppia; il bambino venne trasferito da solo in un’altra struttura; le visite dei genitori al figlio furono caratterizzati da una sostanziale indifferenza verso la condizione del bambino: essi apparivano molto concentrati su se stessi e sui racconti della loro vita; la relazione con il minore si ridusse allo scattare numerose fotografie usando un telefono cellulare, con modalità disturbanti per il bambino; i genitori disertarono gli appuntamenti con gli operatori, destinati alla valutazione delle loro capacità genitoriali.

Dopo aver valutato il quadro iniziale di riferimento, il consulente tecnico d’ufficio è passato all’esame delle condizioni attuali della coppia: ha avuto colloqui sia con entrambi i genitori sia con ciascuno di essi separatamente. Entrambi hanno narrato la loro vita, contraddistinta da eventi molto dolorosi: il racconto di B. C. è risultato "impressionistico, per immagini a forte coloritura" e contraddistinto da una "costante tematica autocommiserativa"; nel racconto di G. A. il consulente ha riscontrato la seguente dinamica di pensiero: "(egli) si associa alla compagna nel minimizzare le problematiche familiari e nel sottolineare le responsabilità dei Servizi che hanno ingigantito e inventato anche elementi al fine di toglier loro il piccolo M.. Se da una parte incensa B. anche come madre, più volte tende a rimarcare, sopravvalutandolo, il suo ruolo di compensatore delle di lei crisi, sostanzialmente facendo intravedere una forte svalutazione sottostante".

All’esito della valutazione dei colloqui, il consulente si è così espresso: "La coppia vive gli eventi e si rappresenta su un duplice piano. Da un lato entrambi riconoscono nell’incontro con l’altro la svolta epocale della propria vita, all’interno di una immagine di coppia altamente idealizzata, nel senso di una magnificazione degli aspetti positivi con scissione e non riconoscimento delle conflittualità. D’altro canto il riconoscimento dell’aspetto salvifico e del ruolo di aiuto di G. nei confronti di B. si accompagna a un costante, felpato senso di svalutazione dell’uno verso l’altra; inoltre il dislivello riaccende una dinamica di richieste e inevitabili frustrazioni che innesca una effettiva forte conflittualità, causa di potente investimento affettivo per entrambi che ha portato anche a un ricovero per B.. In pratica o sono toto corde in regime di una certa maniacalità (vedi l’interdizione conseguente per B.) o entrano in forte conflitto. I racconti concernenti il bambino sono superficiali, reiterati e declinati solo sulla categoria del bello, come se ne venisse enfatizzato il risultato di un buon prodotto della coppia. Il racconto dei fatti, come detto, è rigido e ripetitivamente impostato sulla minimizzazione degli aspetti critici e conflittuali; è assente la capacità di autocritica, anche se espressamente richiesta. La rivendicatività copre le riflessioni sulla soggettività del bambino: per loro ciò che conta è il sacrosanto diritto al loro amore genitoriale. Manca infatti la consapevolezza della situazione…Sicuramente sono presenti affetto e una reale sofferenza da parte di entrambi; tale affetto però appare più di natura egocentrica, centrata sui propri vissuti di ingiustizia e dolore…D’altronde uno stile unidirezionale di comunicazione, in cui latita l’ascolto dell’altro, è stato pressoché l’unico modello comunicativo dei colloqui".

Il consulente ha dunque riscontrato nei singoli componenti della coppia e di questa nel suo complesso aspetti di grande problematicità, relativi alle dinamiche di coppia, al rapporto dei genitori con il figlio, alla mancanza di autocritica e alla incapacità di affrontare con consapevolezza le situazioni.

Concludendo la sua analisi, il consulente ha espresso le seguenti riflessioni e considerazioni: "…La signora B. C. è presa dal bisogno coattivo di consolidare un’immagine di famiglia completa e catturata dal susseguirsi di istanze personali che via via le si presentano imperiosamente. È incapace di rappresentarsi il figlio come soggetto portatore di bisogni, richiedente cura e attenzioni specifiche. Sembra che la figlia deprivata che fu e che si presenta ancora oggi in cerca di risarcimento oscuri e sovrasti la possibilità di pensare il figlio reale. La mamma che ne consegue non riesce a farsi carico adeguato per le richieste del corpo e soprattutto della mente del figlio, ancora assolutamente dipendente da una funzione siffatta. Per così dire è ancora lei una bimba incontinente nelle pulsioni e nei comportamenti che richiede continue funzioni contenitive. Il sig. G. A. condivide il medesimo sogno idealizzato di una famiglia serena, completa, aconflittuale, con la conseguente minimizzazione dei problemi. È indubbio che rappresenti per certi versi un buon compagno per la moglie, e lei per lui, ma le sue capacità di contenimento e accudimento hanno presto mostrato la corda sia verso la moglie che verso il figlio. Entrambi vivono una unità simbiotica che funziona bene solo se sono in accordo e se gli aspetti conflittuali e frustranti sono denegati, in un certo registro ipomaniacale che li porta a disconoscere limiti e problemi…Non è assente in loro l’affetto per il figlio: esso è mal gestito, è monco della componente di cura, attenzione, specifico riconoscimento dell’altro…La incapacità a preoccuparsi nella quotidianità del bimbo, la difficoltà a tenerlo in braccio e generalmente a tenerlo (holding) rappresentano purtroppo il fallimento di quella funzione materna primaria necessaria per la vita dei figli. Così il padre sembra insufficiente sia nelle funzioni paterne, quali protezione della coppia madre-figlio, autorità e aiuto alla madre nelle funzioni di holding. Hanno bisogno loro per primi di essere visti, aiutati, ristorati narcisisticamente, contenuti con autorità e rassicurati…".

Nelle analisi e valutazioni – condotte con particolare scrupolo e competenza – del consulente tecnico d’ufficio trovano conferma le conclusioni cui era pervenuto il Tribunale per i Minorenni circa l’impossibilità per la coppia di svolgere – anche in maniera minimale – il suo ruolo nei confronti del figlio; tale impossibilità, riconducibile alle caratteristiche di personalità dei genitori che si sono andate strutturando nel corso degli anni e alle dinamiche interne al rapporto di coppia, ha posto il minore in uno stato di abbandono, gravemente pregiudizievole per il suo sviluppo psico-fisico e certamente non emendabile in tempi compatibili con le sue tappe psicoevolutive: dopo i primi mesi di vita, in assenza di idonee sollecitazioni, egli manifestò un percepibile deficit psico-evolutivo, che si traduceva in una apatia fisica ed emotiva; sol-tanto dopo il suo inserimento in un nuovo nucleo familiare, il bambino ha trovato le condizioni di tranquillità e serenità, indispensabili per una sua equilibrata crescita, superando quei gravi segni di malessere che, restando nella famiglia di origine, si sarebbero perpetuati e aggravati, compromettendone in via definitiva la salute psico-fisica.

Tutte le esposte considerazioni inducono al rigetto del gravame, risultando provate tutte le condizioni cui la giurisprudenza di merito e quella di legittimità ricollegano lo stato di abbandono (esistenza di una obiettiva e non transitoria carenza di quel minimo di cure materiali, calore affettivo e aiuto psicologico, necessario per assicurare al minore un ambiente confacente e idoneo a consentirgli un adeguato sviluppo e la realizzazione della personalità).

Tenuto conto della natura della controversia, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del presente procedimento; quelle di consulenza tecnica d’ufficio – liquidate in via definitiva nella misura risultante dal separato decreto emesso in pari data – devono essere poste a carico degli appellanti in via solidale, stante il loro comune interesse nella causa.

P.Q.M.

respinge l’appello proposto da G. A. e B. C. avverso la sentenza n. 84/2008 del Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna del 4 marzo/2 aprile 2008, che conferma integralmente;

compensa integralmente tra le parti le spese del presente procedimento; quelle di consulenza tecnica d’ufficio, nella misura liquidata con separato decreto in pari data, sono a carico degli appellanti in via solidale.

Redazione