Corte d’Appello Napoli sez. I 22/1/2007

Redazione 22/01/07
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 4/6/05 S.P. provvedeva a riassumere la domanda già svolta dinanzi al giudice di pace di Maddaloni di tipo risarcitorio nei confronti della convenuta A. Assicurazioni S.p.A. al fine di recuperare il 20%, o anche percentuale minore, del premio di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione del veicolo di sua proprietà, erogati negli anni 99/2000, dopo la sentenza di incompetenza dell’adito giudice di pace.
Adduceva a sostegno il contenuto del provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n. 8546 del 28/7/00, della sentenza del TAR Lazio n. 6139 del 5/7/01, della sentenza del Consiglio di Stato n. 2199 del 23/4/02, dell’art. 2 co. 2 della legge 287/90.
Instauratosi il contraddittorio, la convenuta si costituiva in giudizio, e con la comparsa spiegava ampia resistenza alla domanda, della quale eccepiva l’inammissibilità e l’infondatezza.
Deduceva che dal contenuto dei provvedimenti dell’autorità di garanzia e dei giudici amministrativi non era dato ricavare un giudicato utile a fondare l’azione recuperatoria dell’attore; che non era sufficiente all’attore addurre la partecipazione all’intesa sullo scambio di informazioni, ma era suo onere anche provare l’incidenza dell’intesa sul livello del premio.
Precisate le conclusioni, all’udienza del 13/10/2006, scaduto il termine di cui all’art. 190 co. 1 c.p.c., la Corte prendeva la causa in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda è infondata e deve essere rigettata.
L’attore in buona sostanza adduce esercizio deviato, anormale del diritto soggettivo della società assicuratrice di fissare liberamente il premio commerciale, e addita la causa della deviazione "al rialzo" del premio, fonte, a un tempo, di nullità della clausola pattizia che quel premio ha stabilito, nel comportamento anticoncorrenziale rilevato e sanzionato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nel provvedimento del 28/7/00 n. 8456, ovvero nello scambio di informazioni su dati sensibili a mezzo della società R.
Deduce che il detto comportamento nella sua configurazione di contrario alla normativa antitrust ha superato il vaglio di legittimità del giudice amministrativo, del TAR Lazio con la sentenza n. 6139 del 5/7/01, e del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2199 del 23/4/02. Chiede reintegrazione al giudice ordinario.
Sostiene che la sanzione patita dalla società assicuratrice, nel rapporto con l’infrazione sulla quale è stata fondata, sarebbe di per sé sufficiente, fatto uso evidentemente delle presunzioni, a fornire la prova di pagamento di premio illecitamente maggiorato.
L’assunto non può in alcun modo essere condiviso.
La Corte ritiene che, anche dopo che sia accolta nel giudizio di risarcimento la qualificazione attribuita dal Consiglio di Stato alla pratica di scambio di informazioni, di pratica cioè vietata in sé e per sé, siccome "potenzialmente" disturbatrice della normale e tranquilla competitività tra le imprese di assicurazione, non può la detta pratica essere utilizzata come fatto noto inducente a ritenere certa la maggiorazione del premio di assicurazione pagato dall’attore.
In diritto è pacifico che l’accertamento presuntivo non deve lasciare spazio a dubbi rilevanti, e che, dunque, la maggiorazione del premio assertivamente patita dall’attore dovrebbe profilarsi, in base a dati di comune esperienza, come la conseguenza univoca dello scambio di informazioni, negativamente valutato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato.
Orbene, dal contesto nel quale è stata irrogata la sanzione alla convenuta, e dall’ambito accertato della sua condotta anticoncorrenziale, non si ricavano indizi tali da dar corpo al fatto attraverso il quale poter risalire alla maggiorazione indebita del premio.
Il garante prima, e il giudice amministrativo poi, nell’effettuare la mediazione interpretativa con le clausole comportamentali della concorrenza, si sono invero arrestati a valutare la potenzialità anticoncorrenziale dello scambio di informazioni, ma non hanno dichiarato il tipo del danno che in atto la pratica arrecava.
Non hanno soppesato vantaggi e pregiudizi derivanti dalla pratica, per dichiarata applicazione dell’art. 2 co. 2 della legge 10/10/90 n. 287, che attribuisce natura alternativa ai due requisiti dell’oggetto e dell’effetto.
La sanzione è stata irrogata sul presupposto che non era necessario accertare la violazione della concorrenza sui prezzi, ed effettivamente la concorrenza sui prezzi non è l’unica forma efficace di competizione tra le imprese, che ben possono alterare il gioco concorrenziale per uno scopo diverso da quello di determinazione del prezzo sopracompetitivo.
La "pratica facilitante" dello scambio di informazioni è stata sanzionata per la sua attitudine a incidere sulla connotazione del rischio d’impresa, apparso alleggerito, e però non per questo dimostratosi in atto, per quel che qui interessa, causativo di prezzi sopracompetitivi.
La Corte deve sottolineare che di effetto anticoncorrenziale riverberatosi sui premi non v’è affermazione nei provvedimenti invocati, e che in essi non si è superata la soglia della constatazione di maggior crescita dei premi di assicurazione nel raffronto con la media Europea all’indomani della liberalizzazione delle tariffe, senza confronto alcuno con i tipi e le categorie dei soggetti e degli oggetti dislocati nel tessuto social-giuridico-economico del comparto assicurativo nazionale, e, tantomeno, di quello locale, nel quale si è formato il premio pagato dall’attore.
E mancata nei detti provvedimenti quella valutazione improntata a rigidi criteri economici.
In questa sede invece in cui si chiedono i danni in conseguenza ad una condotta comportante – si assume – un illecito squilibrio determinatosi nelle sfere economiche di assicuratore e consumatore, l’indagine è necessaria.
In particolare è mancato il confronto, ben rilevante in un contesto in cui si discute di tariffe maggiorate, con il dato certo, già affermato nel parere reso nel corso del procedimento amministrativo dall’ISVAP, della condizione di perdita in cui, all’epoca dell’indagine conoscitiva, alla quale è seguita la sanzione, operavano le società di assicurazione, e cosi pure il confronto con le cause determinative di tale condizione.
Il collegamento tra il tipo della condotta dell’assicuratore sanzionato dal garante e l’asserita maggiorazione del premio che, come si è detto non è stato accertato nella sede amministrativa, non è stato dimostrato dall’attore in questa sede come invece necessario.
Se è vero che l’ordinamento riconosce "i diritti civili nel mercato", e considera meritevole di tutela l’interesse dell’utente, fondato sul rispetto delle regole della concorrenza, a conseguire prestazioni rispettose della sua integrità patrimoniale, il confronto con l’elemento dell’equilibrio costi-ricavi dell’impresa è pur sempre decisivo quando, come nella specie, viene dedotto arricchimento dell’imprenditore e impoverimento dell’utente del servizio per prezzo sopracompetitivo praticato dal primo.
Né il confronto con la norma di cui all’art. 2043 c.c. può avvenire con uso di criterio diverso da quello economico, poiché solo l’uso del criterio economico può essere utile a rappresentare all’interprete un modello possibile di comportamento dell’assicuratore univocamente diverso quanto a fissazione del premio nell’ipotesi di sua mancata adesione alla pratica dello scambio di informazioni sanzionata dal garante.
L’attore, in altri termini, avrebbe dovuto provare, e non ha provato, che era esigibile dall’altro soggetto del mercato, l’assicuratore, siccome consentito dalla regola di mercato, la fissazione di premio di minor importo, e che tanto non è avvenuto per motivo di inserimento nel procedimento di determinazione del premio, dello specifico premio da lui pagato, della pratica anticoncorrenziale di scambio di informazioni.
Stante la natura del giudizio e le questioni trattate ancora nuove all’epoca dell’instaurazione del presente giudizio si stima di compensare integralmente le spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta la domanda e compensa le spese.

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