Corte Costituzionale 30/4/2009 n. 123; Pres. Amirante F.

Redazione 30/04/09
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SENTENZA

Nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 245, comma 3, del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale, a norma dell’articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273), promosso dal Tribunale di Napoli, sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale, nel procedimento vertente tra la Kama Italia Import & Export s.r.l. e la Honda Logistic Centre Italy s.p.a ed altra, con ordinanza del 27 maggio 2008, iscritta al n. 288 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Udito nella camera di consiglio dell’11 marzo 2009 il Giudice relatore ******************.

Ritenuto in fatto

1.- Il Tribunale di Napoli, con ordinanza del 27 maggio 2008, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 25 e 76 della Costituzione, dell’art. 245, comma 3, del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale, a norma dell’articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273).

2.- L’ordinanza premette in fatto che il giudizio principale, pendente presso il Tribunale di Campobasso, ha ad oggetto atti di concorrenza sleale, per imitazione servile di prodotti, ai sensi dell’art. 2598, n. 1, del codice civile; e che nel suo ambito erano stati concessi due provvedimenti cautelari. Il primo, ante causam, con ordinanza ex art. 700 del codice di procedura civile del 16 novembre 2002; il secondo, in corso di causa, con ordinanza del 2 luglio 2003. Nei confronti di tale provvedimento, che ordinava alla resistente la cessazione della vendita, commercializzazione e pubblicizzazione dei prodotti di cui al ricorso, era stata proposta una prima istanza di revoca delle misure cautelari, dichiarata inammissibile con ordinanza dell’8 novembre 2005 e confermata in sede di reclamo dal Tribunale di Campobasso. Una successiva istanza di revoca ex art. 669-decies cod. proc. civ., era stata rigettata dal giudice istruttore, con ordinanza del 22 gennaio 2008; avverso tale ordinanza era, quindi, stato proposto reclamo, innanzi alla sezione specializzata presso il Tribunale di Napoli, con ricorso del 4 febbraio 2008.

Secondo il rimettente, la questione di legittimità costituzionale è rilevante, in quanto la competenza della sezione specializzata in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso il Tribunale di Napoli discende, nel caso di specie, dall’applicazione dell’art. 245, comma 3, del codice della proprietà industriale, d.lgs. n. 30 del 2005, il quale dispone: «sono devolute alla cognizione delle sezioni specializzate le procedure di reclamo e le cause di merito iniziate dopo l’entrata in vigore del codice anche se riguardano misure cautelari concesse secondo le norme precedentemente in vigore».

Il reclamo in esame, infatti, risulta proposto avverso il provvedimento con cui il giudice istruttore presso il Tribunale di Campobasso del 22 gennaio 2008, aveva rigettato la richiesta di revoca delle misure cautelari concesse, ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ., con le precedenti ordinanze del 16 novembre 2002 e del 2 luglio 2003. La tutela risulta, quindi, dapprima richiesta e concessa dal Tribunale di Campobasso, quale Foro del convenuto, laddove, successivamente alla prima ordinanza cautelare, ed all’introduzione del giudizio di merito, è intervenuto il d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168 (Istituzione di Sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso tribunali e corti d’appello, a norma dell’articolo 16 della legge 12 dicembre 2002, n. 273), istitutivo delle sezioni specializzate.

Alla luce del citato decreto legislativo, le sezioni specializzate sono competenti per materia, tra l’altro, per le controversie aventi ad oggetto «fattispecie di concorrenza sleale interferenti con la tutela della proprietà industriale ed intellettuale» e, in particolare, alla sezione specializzata presso il Tribunale di Napoli spetta la competenza per le controversie che, secondo gli ordinari criteri di ripartizione della competenza territoriale, dovevano essere trattate dagli uffici giudiziari compresi nei distretti di corte d’appello di Napoli, Salerno e Campobasso.

Il rimettente precisa, inoltre, che il codice della proprietà industriale, entrato in vigore il 19 marzo 2005, con l’art. 134, a parziale integrazione dell’art. 3, ha previsto la competenza delle sezioni specializzate in materia di concorrenza sleale «con esclusione delle sole fattispecie che non interferiscono neppure indirettamente con l’esercizio dei diritti di proprietà industriale».

Posta questa premessa, il giudice a quo espone che, secondo l’orientamento ormai unanime, in tale previsione devono sicuramente essere comprese le fattispecie di concorrenza sleale per imitazione servile, che implicano necessariamente una cognizione (anche solo economica) su diritti di proprietà industriale. Conseguentemente, nessun dubbio potrebbe sussistere sulla ritenuta competenza a decidere da parte della sezione specializzata, per materia e per territorio, trattandosi di reclamo proposto nella vigenza del codice della proprietà industriale.

In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente, con riferimento all’art. 76 Cost., richiama le sentenze di questa Corte n. 170 del 2007 e n. 112 del 2008.

La prima ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 134 del codice della proprietà industriale, nella parte in cui aveva esteso alle sezioni specializzate il cosiddetto rito societario, di cui al d.lgs. n. 5 del 2003; la seconda ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 245, comma 2, del d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, nella parte in cui aveva stabilito che sono devolute alla cognizione delle sezioni specializzate le controversie in grado di appello iniziate dopo l’entrata in vigore del codice, anche nel caso in cui il giudizio di primo grado fosse iniziato e si fosse svolto secondo le norme precedentemente in vigore.

La legge 12 dicembre 2002 n. 273, avrebbe conferito al Governo due distinte deleghe, aventi rispettivamente ad oggetto: la prima, «il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di proprietà industriale» (art. 15); la seconda, l’istituzione presso tribunali e corti d’appello di sezioni specializzate in materia di proprietà industriale e intellettuale (art. 16; di seguito, sezioni specializzate).

Anche nel caso qui in esame l’iter formativo della norma in contestazione sarebbe viziato.

In particolare, l’art. 16 della legge n. 273 del 2002, che ha conferito al Governo la delega per l’adozione, entro sei mesi, di uno o più decreti legislativi «diretti ad assicurare una più rapida ed efficace definizione dei procedimenti giudiziari» nelle materie indicate, avrebbe, infatti, trovato tempestiva attuazione con l’emanazione del d.lgs. n. 168 del 2003. L’assetto processuale della riforma sarebbe stato quindi stravolto dal Codice della proprietà industriale, non solo attraverso l’introduzione del rito c.d. societario, innanzi alle sezioni specializzate, ai sensi dell’art. 134 citato, ma anche, in tema di diritto transitorio, attraverso la previsione di cui all’art. 245 citato che ha esteso notevolmente la competenza delle sezioni specializzate, rispettivamente di secondo e di primo grado, in materia di giudizi di appello e di reclamo cautelare.

Secondo il Tribunale di Napoli la norma censurata violerebbe l’art. 76 Cost., in quanto non potrebbe costituire un nuovo esercizio della delega di cui all’art. 16 citato, ormai scaduta, ed anzi già attuata con l’istituzione delle sezioni specializzate, e neppure potrebbe rientrare nell’oggetto della delega di cui all’art. 15, della legge n. 273 del 2002 citato, che si limitava ad attribuire al Governo il potere di adottare uno o più decreti legislativi «per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di proprietà industriale».

Pertanto il rimettente sostiene che la lettera del citato art. 15, i relativi principi e criteri direttivi, nonchè il contesto normativo nel quale detta norma è inserita, imporrebbero di ribadire che i profili inerenti alla istituzione ed organizzazione delle sezioni specializzate, in linea generale, erano anche in questo caso estranei alla delega, con conseguente illegittimità della disposizione censurata.

Secondo il rimettente l’art. 245, comma 3, citato violerebbe, altresì, il principio di ragionevolezza e di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., nonché il principio del giudice naturale precostituito per legge (art. 25, primo comma, Cost.).

La norma realizzerebbe, infatti, un’implicita ed ingiustificata deroga al principio della perpetuatio iurisdictionis, di cui all’art. 5 del codice di procedura civile, operante anche riguardo ai mutamenti delle norme sulla competenza.

Infatti, i giudizi instaurati precedentemente all’introduzione delle sezioni specializzate, ai sensi dell’art. 5 citato, e comunque dell’art. 6, comma 2, del d.lgs. n. 168 del 2003, restano assegnati ai giudici competenti secondo la normativa previgente, così come ad essi restano assegnate le domande cautelari proposte in corso di causa (ivi comprese le istanze di revoca e di modifica, ai sensi dell’art. 669-decies cod. proc. civ.), nel mentre per i reclami avverso tali misure cautelari, opererebbe la deroga di cui all’art. 245, comma 3, citato.

Tale riparto, oltre ad apparire del tutto irrazionale, finirebbe per sottrarre un procedimento di estremo rilievo, al suo giudice naturale, che resta invece confermato per il giudizio di merito.

Considerato in diritto

1.- La questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale ordinario di Napoli riguarda l’art. 245, comma 3, del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale, a norma dell’articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273), nella parte in cui stabilisce che sono devolute alla cognizione delle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale le procedure di reclamo iniziate dopo l’entrata in vigore del codice, anche se riguardano misure cautelari concesse secondo le norme precedentemente in vigore.

Secondo l’ordinanza di rimessione, tale norma si porrebbe in contrasto con l’art. 76 della Costituzione, in relazione all’art. 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273 (Misure per favorire l’iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza), in quanto la delega contenuta in quest’ultima norma non concerneva la disciplina della competenza ed il regime transitorio applicabile alle controversie attribuite alle sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale (di seguito, sezioni specializzate). Tali materie sarebbero, infatti, oggetto della distinta delega di cui all’art. 16 della legge n. 273 del 2002, esercitata, ed esauritasi, con l’emanazione del d.lgs. 27 giugno 2003, n. 168 (Istituzione di Sezioni specializzate in materia di proprietà industriale ed intellettuale presso tribunali e corti d’appello, a norma dell’articolo 16 della legge 12 dicembre 2002, n. 273).

La disposizione censurata contrasterebbe, altresì, con il principio di ragionevolezza e di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost. e con il principio del giudice naturale precostituito per legge, garantito dall’art. 25, primo comma, Cost., realizzando, per un verso, un’ingiustificata deroga al principio della perpetuatio iurisdictionis, sottraendo, per l’altro, il procedimento al suo giudice naturale, che resterebbe invece competente per il giudizio di merito.

2.- La questione è fondata.

Preliminarmente, va osservato che la questione è rilevante in riferimento alla parte della norma censurata con cui si stabilisce che sono devolute alla cognizione delle sezioni specializzate le procedure di reclamo iniziate dopo l’entrata in vigore del codice, anche se riguardano misure cautelari concesse secondo le norme precedentemente in vigore.

2.1.- Questa Corte ha già approfondito l’esame del contenuto delle deleghe oggetto degli artt. 15 e 16 della legge n. 273 del 2002 e la relazione fra le medesime.

La sentenza n. 170 del 2007 ha precisato che il termine per l’esercizio della delega prevista dal citato art. 16 era scaduto al momento dell’emanazione del decreto legislativo n. 30 del 2005. In particolare, detto termine era già scaduto alla data in cui era stato prorogato, per la prima volta, quello della delega conferita con l’art. 15, ad opera dell’art. 2 della legge 27 luglio 2004, n. 186, il quale aveva avuto ad oggetto soltanto il termine fissato dall’art. 15.

2.2.- Nella sentenza n. 112 del 2008 questa Corte ha ribadito che il dato letterale del citato art. 15, nonché i relativi principi direttivi ed il contesto normativo nel quale esso si collocava imponevano di ritenere che i profili, inerenti alla istituzione ed organizzazione delle sezioni specializzate, in linea generale, erano estranei alla delega. In tale pronuncia, pertanto, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 245, comma 2, del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, nella parte in cui stabilisce che sono devolute alla cognizione delle sezioni specializzate le controversie in grado d’appello iniziate dopo l’entrata in vigore del codice, anche se il giudizio di primo grado è iniziato e si è svolto secondo le norme precedentemente in vigore.

Nella medesima pronuncia, questa Corte ha sottolineato che la delega all’istituzione ed alla disciplina delle sezioni specializzate, contenuta nell’art. 16 della legge n. 273 del 2002, stabiliva anche uno specifico principio direttivo in materia di disposizioni transitorie, in virtù del quale il Governo avrebbe dovuto aver cura di evitare che le sezioni specializzate fossero gravate da un carico iniziale di procedimenti che ne impedisse l’efficiente avvio (comma 3 del citato articolo).

In attuazione di detto principio, l’art. 6 del d.lgs. n. 168 del 2003 aveva, dunque, assegnato alle sezioni specializzate soltanto i giudizi «iscritti a ruolo a far data dal 1° luglio 2003» (comma 1), disponendo che le rimanenti controversie, già pendenti alla data del 30 giugno 2003, restassero assegnate al giudice competente in base alla normativa previgente.

2.3.- Risulta quindi evidente come anche il citato comma 3 non sia riconducibile alla delega dell’art. 15 della legge n. 273 del 2002, poiché non è strumentale al «riassetto delle disposizioni vigenti in materia di proprietà industriale».

L’art. 245, comma 3, del d.lgs. n. 30 del 2005 ha, dunque, disciplinato un oggetto estraneo al contenuto della delega, determinando, altresì, una scelta incoerente rispetto al principio indicato dall’art. 16 della legge n. 273 del 2002 ed attuato con l’art. 6 del d.lgs. n. 168 del 2003. Tale scelta, infatti, non potrebbe essere ricondotta alla discrezionalità del legislatore delegato, poiché la devoluzione alla cognizione delle sezioni specializzate delle procedure di reclamo, relative alle misure cautelari concesse secondo le norme precedentemente in vigore, si pone evidentemente in posizione eccentrica rispetto al richiamato principio direttivo in materia di disposizioni transitorie, del quale, quindi, non costituisce uno sviluppo coerente.

Sussiste, pertanto, la prospettata violazione dell’art. 76 Cost. da parte della disposizione denunciata. Restano assorbiti gli ulteriori profili.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 245, comma 3, del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale, a norma dell’articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273), nella parte in cui stabilisce che sono devolute alla cognizione delle sezioni specializzate le procedure di reclamo iniziate dopo l’entrata in vigore del codice, anche se riguardano misure cautelari concesse secondo le norme precedentemente in vigore.

Redazione