Non può applicarsi automaticamente la misura cautelare carceraria prevista dall’art. 704, c. 3, c.p.p.

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(Annullamento con rinvio)

(Riferimenti normativi: C.p.p. art. 704, c. 3)

Il fatto

La Corte di appello di Bologna, nel dichiarare la sussistenza delle condizioni per l’estradizione di A. M., richiesta a fini esecutivi dal Governo di Albania, gli applicava, ai sensi dell’art. 704, comma 3, cod. proc. pen., la misura cautelare degli arresti domiciliari.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso la suddetta sentenza, nella parte in cui gli applicava la misura cautelare, l’estradando, a mezzo del suo difensore, proponeva appello ex art. 310 cod. proc. pen., qualificato dalla Corte di appello come ricorso per cassazione, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen..
Secondo il ricorrente, il provvedimento sarebbe stato inidoneo e superfluo in quanto mancante del requisito essenziale della sussistenza del pericolo di fuga, avendo proceduto la Corte di appello ad una automatica applicazione della misura cautelare di cui all’art. 704, comma 3, cod. proc. pen. (in tal senso venivano richiamati i principi affermati da Sez. U, n. 26156 del 28/05/2003, omissis, Rv. 224613, in tema di controllo giurisdizionale della sussistenza delle esigenze cautelari anche dopo la definizione della procedura di estradizione).
Sarebbero stati altresì presenti elementi di segno contrario al pericolo presunto (quali il radicamento dell’estradando con la sua famiglia sul territorio italiano; il pregresso stato di libertà nel corso del quale il ricorrente non avrebbe fatto perdere le proprie tracce) e comunque la misura sarebbe stata eccessivamente afflittiva, potendo le esigenze essere soddisfatte con misure non custodiali, tali da consentire lo svolgimento di eventuali attività lavorative.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Corte di Cassazione

La Cassazione accoglieva il ricorso proposto alla stregua delle seguenti considerazioni.
Una volta osservato che l’art. 704, comma 3, cod. proc. pen. stabilisce che quando “«la decisione è favorevole all’estradizione, la corte, se vi è richiesta del Ministro della giustizia, dispone la custodia cautelare in carcere della persona da estradare che si trovi in libertà», gli ermellini osservavano come la giurisprudenza di legittimità avesse seguito due diversi orientamenti nell’esegesi della suddetta norma.
Secondo un primo orientamento, la richiesta ministeriale non è vincolante per l’autorità giudiziaria anche nell’ipotesi prevista dall’art. 704, comma 3, cod. proc. pen., dovendo la misura cautelare essere comunque disposta in vista delle esigenze cautelari afferenti il procedimento di estradizione, da valutarsi autonomamente ai sensi dell’art. 714, comma 2, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 846 del 04/03/1991, omissis, Rv. 187532).
Secondo un diverso e successivo orientamento, una volta che sia intervenuta la pronunzia favorevole all’estradizione, la custodia cautelare deve essere invece applicata a semplice richiesta del Ministro della Giustizia, e dunque a prescindere dai presupposti richiesti e dai criteri di applicazione dettati nella normativa generale sull’applicazione delle misure cautelari (Sez. 6, n. 746 del 24/02/1999, omissis, Rv. 213912) evidenziandosi come nella motivazione di questa decisione la Corte avesse rilevato, per un verso, che l’estradizione è un istituto preordinato al solo scopo di consegnare una determinata persona allo Stato che ne abbia fatto richiesta, e che quindi postula la “fisica disponibilità” dell’estradando da parte dello Stato richiesto, che diviene pertanto il primo ed essenziale presupposto dell’estradizione, in difetto del quale il procedimento sarebbe privo del suo oggetto tipico e la relativa decisione sarebbe inutiliter data (in tal senso, Sez. 6, n. 2977 del 04/10/1996, omissis, Rv. 206883), per altro verso che, mentre prima che sia intervenuta la decisione sull’estradizione, le misure coercitive, e tra queste la custodia cautelare in carcere, possono – e quindi non debbono, necessariamente – essere disposte (e in ogni caso, secondo i criteri per la loro applicazione richiamati nel secondo comma dell’art. 714 cod. proc. pen.), dopo tale pronuncia viene ad operare una sorta di automatismo fondato sulla sola richiesta del Ministro.
A fronte di questi due diversi e contrapposti approdi interpretativi, gli ermellini facevano presente come le Sezioni Unite avessero affermato che, neppure l’esaurimento del procedimento principale conclusosi con la sentenza favorevole all’estradabilità dell’individuo assoggettato a misura coercitiva, può determinare “automatiche” e negative conseguenze sulla sua libertà personale e pertanto, risulti essere all’uopo necessario, anche in vista dell’esecuzione della consegna estradizionale, di valutare sia il pericolo di fuga “in concreto ed in coerenza con il precetto dell’art. 274, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.” sia la possibilità di assicurare la consegna stessa “anche mediante cautele diverse dalla custodia in carcere”, non postulandosi più in ogni caso, quale inevitabile corollario della decisione favorevole all’estradizione, la fisica disponibilità della persona dell’estradando; si richiamava inoltre, a sostegno di tale assunto decisorio, la Relazione al Progetto preliminare del nuovo codice di rito (p. 154), che aveva indicato i criteri di fondo cui il Progetto si è ispirato nei seguenti termini: “da un lato, nell’abbandono dell’idea che la custodia in carcere dell’estradando sia un elemento indispensabile del procedimento di estradizione e, dall’altro, che non vi è ragione perché all’estradando, in tema di misure di coercizione, non sia riservato lo stesso trattamento dell’imputato avanti ad un giudice italiano, salvo a prevedere come ulteriore presupposto legittimante il pericolo di fuga in considerazione della particolare situazione in cui tale soggetto viene a trovarsi ..”.
La Sez. VI, nella decisione qui in esame, evidenziava oltre a ciò come la giurisprudenza successiva alla pronuncia delle Sezioni Unite avesse fatto rilevare da un lato la pacifica continuità del principio, secondo cui, l’esaurimento del procedimento di estradizione, con decisione favorevole alla stessa, non ha efficacia preclusiva del controllo giurisdizionale sulla richiesta di revoca o sostituzione della misura coercitiva, anche in ordine all’insussistenza delle esigenze cautelari (tra tante, Sez. 6, n. 9924 del 30/01/2014, omissis, Rv. 261532), e dall’altro un persistente contrasto interpretativo con particolare riferimento alla fattispecie di cui all’art. 704, comma 3, cod. proc. pen. evidenziandosi che se nel filone tracciato dalle Sezioni unite andava segnalata in particolare Sez. F, n. 43558 del 02/09/2004, omissis, Rv. 230369 in cui la Corte (a fronte di una misura cautelare adottata con la sentenza sull’estradizione, senza fornire motivazione alcuna sulla sussistenza del pericolo di fuga, ma basandosi soltanto sulla richiesta del Ministro della Giustizia) aveva affermato come non fosse possibile far dipendere lo stato di detenzione da discrezionali scelte del Ministro della Giustizia ed in tal modo vanificare il sistema complessivo delle garanzie di habeas corpus riconosciute, in linea di principio, all’estradando al pari dell’imputato, invece, in alcuni arresti, la Corte non si era conformata ai principi affermati dalle suddette Sezioni Unite e, tra queste, si richiamava Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2007, omissis, Rv. 238128, secondo cui, qualora la corte di appello pervenga ad una decisione favorevole all’accoglimento della relativa domanda, deve disporre la custodia in carcere dell’estradando sul solo presupposto della richiesta in tal senso formulata dal Ministro della giustizia, non assumendo più alcun rilievo le esigenze cautelari cui la misura è subordinata, a norma dell’art. 714, comma 2, cod. proc. pen., quando la richiesta è valutata prima della sentenza favorevole all’estradizione fermo restando però che, in alcune pronunce, la Corte aveva ribadito tale orientamento solo per differenziare i presupposti per l’applicazione della misura cautelare nel procedimento estradizionale ovvero per stabilire le condizioni per l’applicazione delle misure coercitive nella fase amministrativa di esecuzione del decreto ministeriale di estradizione.
Una volta terminato siffatto excursus giurisprudenziale, gli ermellini, in questa decisione, sostenevano che, alla luce dei principi fissati dalle Sezioni Unite Di Filippo, non fosse sostenibile una applicazione letterale dell’art. 704, comma 3, cod. proc. pen., nel senso della “automatica” applicazione della misura cautelare carceraria posto che, a detta della Corte, non avrebbe alcun senso affermare da un lato la necessità – anche nella fase successiva alla definitività della sentenza ex art. 704, comma 2, cod. proc. pen. – del sindacato giurisdizionale sull’effettiva permanenza delle concrete ed attuali esigenze cautelari, che possano giustificare l’attenuazione o la revoca della coercizione in atto, e dall’altro escludere che proprio nel momento dell’adozione della misura cautelare, ex art. 704, comma 3, cod. proc. pen., tale valutazione debba essere del tutto omessa.
Tal che i giudici di piazza Cavour giungevano a postulare come dovesse escludersi una lettura della citata norma che comporti una automatica restrizione della libertà personale dell’estradando, che prescinda cioè dalla possibilità per il giudice di procedere a valutazioni individualizzate posto che tale automatismo verrebbe a contrastare, oltre che con l’art. 13, primo comma, Cost., quale referente fondamentale del regime ordinario delle misure cautelari limitative della libertà personale, ispirato ai principi di proporzionalità, adeguatezza e del “minimo sacrificio necessario”, anche con l’art. 3 Cost., evitando all’estradando, che sia sottoposto ad una più lieve misura cautelare, una ingiustificata differenziazione di trattamento.

Conclusioni

La sentenza è sicuramente condivisibile.
Questa decisione, difatti, oltre a conformarsi a quanto affermato dalle Sezioni Unite (a differenza di altre decisioni), sembra aderire ad una lettura costituzionalmente orientata dell’art.704, c. 3, c.p.p. proprio perché, l’escludere un’automatica applicazione della misura cautelare carceraria ivi prevista (ossia quando viene emessa una decisione favorevole alla estradizione) si palesa maggiormente aderente all’art. 13, c. 1, Cost. in ordine al rispetto dei principi di proporzionalità, adeguatezza e del “minimo sacrificio necessario” nonché all’art. 3 Cost. atteso che questo orientamento interpretativo impedisce che l’estradando sia sottoposto ad un ingiustificato trattamento restrittivo della libertà personale quando ciò non sia necessario.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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