Avvocato in gravidanza e legittimo impedimento

Redazione 19/06/18
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Il solo stato di avanzata gravidanza dell’avvocato non può di per sé costituire, anche per nozione di comune esperienza, causa di legittimo impedimento, in mancanza di specifiche attestazioni sanitarie indicative del pericolo derivante dall’espletamento delle attività ordinarie e/o professionali.

E’ il principio invocato dalla Corte di Cassazione, sesta sezione penale, nella sentenza n. 26614 dell’11 giugno 2018, respingendo il ricorso del difensore di fiducia di un imputato condannato a sei mesi di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale. In particolare, l’avvocato lamentava la violazione del diritto di difesa del proprio assistito, nonché del proprio stesso diritto alla tutela della salute. Ciò in quanto aveva inviato presso la cancelleria della Corte d’appello, apposita istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento, attestando, con certificazione medica ospedaliera, di trovarsi in stato avanzato di gravidanza (trentunesima settimana). La Corte aveva tuttavia rigettato l’istanza, ritenendo che una tale motivazione non costituisse impedimento del difensore alla partecipazione all’udienza, mancando la specifica attestazione sanitaria indicativa del pericolo derivante dall’espletamento dell’attività professionale. Veniva pertanto disposto di procedersi alla nomina di un difensore d’ufficio per l’imputato.

Legittimo impedimento per gravidanza ex Legge di Stabilità 2018, previsione non retroattiva

Un’argomentazione, quest’ultima, pienamente confermata dalla Corte di Cassazione, respingendo la relativa censura sollevata dalla professionista. Nello specifico, in riferimento allo stato di gravidanza, il nuovo testo dell’art. 420 ter c.p.p., introdotto con Legge di Stabilità 2018 ed in vigore dal primo gennaio 2018, prevede al comma 5bis che: “(…) il difensore che abbia comunicato prontamente lo stato di gravidanza si ritiene legittimamente impedito a comparire nei due mesi precedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi ad esso“. Trattasi tuttavia – chiariscono gli Ermellini – di una norma non avente valore retroattivo, stante la sua natura processuale e che, in ogni caso, non avrebbe potuto trovare applicazione nel caso de quo, posto che mancavano più di due mesi alla data del parto del difensore.

Va provata l’assoluta impossibilità a comparire

Il giudice, nel valutare secondo il proprio libero convincimento l’assoluto impedimento dell’avvocato a comparire in udienza – si legge nella sentenza – ben può disattendere la prognosi contenuta in un certificato medico senza ricorrere ad accertamenti, ma avvalendosi di comuni regole di esperienza o di conoscenze mediche di base. Soprattutto se si consideri che la legge richiede l’assoluta impossibilità a comparire e che la prognosi di una malattia è pur sempre un giudizio fondato sulla probabilità e non sulla certezza.

Questo principio vale, a maggior ragione, nel caso di specie, ove il difensore dell’imputato non risultava affetto da alcuna patologia e, pur se dalla certificazione medica risultava il suo stato di gravidanza alla trentunesima settimana, nondimeno mancava qualsiasi attestazione circa la presenza di uno stato di malattia ovvero di minaccia di parto prematuro che determinasse l’assoluta impossibilità per il professionista di presenziare al dibattimento.

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