Mediazione e competenza territoriale

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L’articolo 84 del D.L.69/13, tra le modifiche apportate al D.Lgs.vo 28/10, ha introdotto il principio della competenza territoriale nel procedimento di mediazione: la domanda di mediazione per le materie di cui all’art.2 è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo nel luogo del Giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data di ricezione del deposito dell’istanza.

La competenza territoriale nella mediazione

La competenza nell’ambito della mediazione rappresenta un tema ampiamente dibattuto sin dalla redazione del decreto 28/10. Le motivazioni che sottostavano allo svincolo da un giudice territorialmente competente erano rappresentate da un lato dall’esigenza di evitare una impropria giurisdizionalizzazione del procedimento e dall’altro dall’opportunità di lasciare che le parti si rivolgessero liberamente all’organismo ritenuto più affidabile. La mancanza di vincoli territoriali era dettata anche dal fatto che non necessariamente la mediazione dovesse corrispondere ad una lite nel senso “processuale” del termine. Tuttavia, non avrebbe avuto grande senso logico “imporre” la mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale e svincolare la stessa dal Giudice competente per “quella” controversia. Si è arrivati così alla formulazione del principio di competenza territoriale come sopra citato. La materia è attualmente soggetta a numerosi dibattiti dottrinali.

Come si pronuncia la Corte di Cassazione

Nello scarno scenario legislativo vengono in aiuto le pronunce giurisprudenziali sul tema. Tra le più importanti merita attenzione quanto sancito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza del 2 settembre 2015 n.17480 che ha formulato un importante principio di diritto: va dapprima individuato il foro competente per la controversia e, solo di riflesso, va scelto l’organismo cui rivolgersi in sede conciliativa. La controversia all’esame degli ermellini traeva origine dal ricorso per regolamento di competenza proposto in proprio da un avvocato nell’ambito di una controversia insorta contro una compagnia telefonica in cui il Tribunale di Roma aveva accolto l’eccezione di incompetenza sollevata dal gestore in favore del Tribunale di Milano. La causa aveva ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti dalla “perdita” del numero telefonico del ricorrente in relazione alla portabilità da precedente gestore. Il contratto inter partes stabiliva la clausola di competenza territoriale del Tribunale di Milano per le controversie nascenti dal contratto stesso, clausola che era stata specificamente approvata per iscritto ex art 1341 c.c.. Ad avviso del ricorrente, la determinazione contrattuale della competenza confliggeva con l’articolo 1 legge 249/97, comma 11 che testualmente cita L’autorità disciplina con propri provvedimenti le modalità per la soluzione giurisdizionale delle controversie che possono insorgere tra utenti e categorie di utenti ed un soggetto autorizzato o destinatario di licenze o tra soggetti autorizzati o destinatari di licenze tra loro. Per le predette controversie individuate con provvedimenti dell’Autorità non può proporsi ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione da ultimare entro 30 giorni dalla proposizione dell’istanza all’Autorità. A tal fine i termini per agire in sede giurisdizionale sono sospesi fino alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione. In merito al tentativo obbligatorio di conciliazione dinnanzi al Co.Re.Com (Comitato Regionale per le Comunicazioni), la legge 249/97 stabilisce che la competenza per le conciliazioni in materia di telefonia sia quella ove è ubicata la postazione fissa dell’utente finale o il domicilio dell’utente: nel caso analizzato dalla Cassazione nella pronuncia citata si trattava di Roma. Sulla scorta di tale principio, ad avviso del ricorrente, individuato il luogo in cui radicarsi il procedimento conciliativo, il Foro territorialmente competente sarebbe stato determinato di conseguenza.

Il P.M. nelle conclusioni si era discostato dalla tesi del ricorrente. La legge 249/97, si limitava a stabilire l’esperibilità di un tentativo obbligatorio di conciliazione ma nulla disponeva in merito alla competenza territoriale. Il parallelismo invocato dal ricorrente tra la legge 249/97 e il decreto 28/10 non poteva trovare fondamento nella controversia telefonica oggetto di esame, ad avviso della Suprema Corte. Il preventivo esperimento della procedura conciliativa di cui all’art.1 legge 249/97 mal si addice alla ratio sottostante la previsione del decreto 28 che prevede espressamente la coincidenza tra giudice territorialmente competente e luogo di svolgimento della procedura di mediazione. L’assunto del ricorrente è stato pertanto “rovesciato” dai Giudici di legittimità: prima va individuato il foro giudiziale ed in secondo luogo l’organismo di mediazione. La Corte concludeva per il rigetto dell’istanza di regolamento di competenza anche sulla scorta dell’assunto più generale secondo cui il regolamento dell’Autorità Garante non ha lo stesso collocamento della legge nella disciplina delle fonti del diritto; la determinazione delle regole di competenza è riservata dalla Costituzione alla legge e non a regolamenti delle autorità prevalendo legge prevale sugli stessi nella gerarchia delle fonti del diritto.
In caso di dubbi, per la determinazione della competenza, al di fuori dell’unica previsione legislativa specifica rappresentata dall’art.84 del D.L 69/13, (convertito con modificazioni con la legge 9 agosto 2013 n.98 art. 4 primo comma d.lgs 28/2010), si applicheranno le norme generali del codice di procedura civile. Quanto alla scelta dell’Organismo occorre tener conto del luogo in cui lo stesso abbia la sede principale o secondaria. Cosi chiariva la circolare del Ministero della Giustizia del 27 novembre 2014. Condizione necessaria, si legge nella circolare, è che le suddette sedi siano state regolarmente comunicate a questa amministrazione e oggetto di provvedimento di iscrizione. Sul punto è intervenuto anche il Consiglio Nazionale Forense che il 22 novembre 2014 ha puntualizzato che per determinare la competenza dell’Organismo, una volta individuato il Giudice competente secondo le norme del Codice di Procedura Civile, occorrerà fare riferimento all’ambito della competenza territoriale previsto per gli uffici giudiziari e rispettivamente: distretto per la Corte d’Appello, circondario per il Tribunale, mandamento per il Giudice di Pace e ambito territoriale regionale per il Tribunale delle Imprese.

Il criterio di territorialità deve essere rispettato anche nel caso di organismo che consenta lo svolgimento della mediazione per via telematica; in questi casi qualunque difficoltà legata alla sede viene annullata dalla possibilità di svolgere la procedura on line.
Circa la derogabilità della competenza per territorio, in assenza di espressa previsione legislativa, è opportuno considerare quanto dispone l’articolo 28 cpc. In questo senso depone l’ordinanza del Tribunale di Milano del 29 ottobre 2013. Ciò significa che al di fuori dei casi di inderogabilità della competenza, le parti hanno la facoltà di stabilire per accordo quale sia la sede in cui la mediazione andrà svolta. La determinazione della competenza per la mediazione andrà effettuata avuto riguardo all’art. 7 cpc e alle leggi speciali (ad esempio Codice del Consumo).
La materia è stata oggetto di numerosi dibattiti che vedono contrapposte diverse scuole di pensiero. Sarà interessante osservare come si evolverà la giurisprudenza nell’immediato futuro.

Sentenza collegata

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Avv. Scarsi Mara

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