Nessuna volontà di nuocere per l’amministratore che qualifica il condomino danneggiatore di beni condominiali

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I fatti di causa

L’inconsueta vicenda giudiziaria prende le mosse dal procedimento sommario di cognizione intentato da un condomino nei confronti dell’amministratore personalmente, con il quale chiedeva il risarcimento del danno non patrimoniale.

A sostegno della propria domanda il condomino riferisce come l’amministratore, a mezzo lettera, avrebbe prefigurato una sua responsabilità per le infiltrazioni nella guaina impermeabilizzante del condominio, siccome asseritamente proveniente dalle radici delle piante di proprietà del medesimo condomino smentita, a dire dello stesso, dall’accertamento tecnico preventivo richiesto.

Peraltro, continua il condomino, l’amministratore per tutta risposta – quasi in modo provocatorio – gli avrebbe inviato una successiva missiva per il pagamento di spese condominiali, successivamente rettificata, facendolo così passare in maniera <<colposa come danneggiatore di beni condominiali e condomino moroso>>, circostanza che avrebbe anche comportato <<un mutamento in peius da parte dei condomini>> nei suoi confronti.

Le decisioni di primo e secondo grado

La domanda, nella contumacia dell’amministratore, veniva rigettata dal Tribunale di Milano con sentenza confermata dalla Corte d’Appello meneghina, successivamente adita dal condomino soccombente.

Per motivare l’anzidetta decisione il giudice del gravame sostiene come <<la provenienza delle infiltrazioni nella guaina impermeabilizzante del condominio dalle radici delle piante di proprietà dell’appellante (peraltro confermata dalla relazione di accertamento tecnico preventivo) era stata solo congetturata dall’amministratore, ….. che era quindi priva di valenza rivelatrice della volontà di nuocere alla reputazione del ……, della quale non era stata peraltro provata la compromissione>>.

Ed ancora, <<nessuna prova era stata fornita dell’infondatezza della richiesta, …. del pagamento di spese condominiali ….., essendo stato chiarito con la successiva lettera ….. che la somma di Euro 4.814,00 doveva intendersi riferita alle spese straordinarie per i lavori di riparazione delle guaine, con riserva di conguaglio ….. . Il tenore della lettera non era connotato da ostilità nei confronti dell’appellante, né poteva considerarsi una sorta di risposta provocatoria alla proposizione da parte del ….. di ricorso a seguito dell’espletato ATP …. . Non era stato dimostrato che da parte dei condomini, e comunque nel contesto socio-ambientale in cui il ………… svolgeva la propria attività di medico, fosse intervenuto un mutamento in peius dell’atteggiamento nei confronti dell’appellante e vi era totale carenza di prova, anche in termini presuntivi, del danno asseritamente patito>>.

La pronuncia dei giudici di legittimità

Avvero la predetta sentenza propone ricorso per cassazione il condomino, deducendo, tra l’altro, la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2059 Cc.

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 29598, pubblicata in data 11.12.2017, osserva immediatamente come <<i motivi di ricorso, da valutare unitariamente, sono inammissibili. Le censure, benché rubricate come violazione di legge, mirano al mero riesame nel merito delle circostanze di fatto>> che, in quanto tali, sono incensurabili dinnanzi al giudice di legittimità.

In buona sostanza, Il ricorrente pretenderebbe una rivalutazione delle risultanze processuali in primo grado, e già oggetto di esame in sede di appello, senza indicare i motivi per i quali si richiede la cassazione e, in particolare, la violazione di legge perpetrata con la pronuncia di merito.

Quel che rimane, pertanto, è la valutazione operata dalla Corte d’Appello di Milano, in relazione alla mancanza di una volontà di nuocere alla reputazione del ricorrente da parte dell’amministratore, comunque rimasta priva di riscontro probatorio.

Peraltro, anche la richiesta di pagamento degli oneri condominiali ritenuta, a torto, provocatoria, era priva dei requisiti di malevolenza nei confronti del condomino e che, in ogni caso, non era stato dimostrato il danno all’immagine, frutto del paventato mutato atteggiamento dei condòmini nei confronti del ricorrente.

Il ricorso, pertanto, viene dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità.

Sentenza collegata

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Avv. Accoti Paolo

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