Dipendente part-time: posso avere un secondo lavoro?

Redazione 05/07/17
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Il datore di lavoro non può impedire al dipendente part-time di svolgere una seconda attività al di fuori dell’orario di servizio, se non sussistono dei concreti impedimenti che vanno dimostrati. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 13196 del 25 maggio 2017, giudicando sul caso di un lavoratore licenziato per giusta causa dalla propria azienda per avere iniziato un secondo lavoro nonostante l’esplicito divieto del regolamento del personale.

Vediamo allora quali sono i diritti dei dipendenti part-time in materia di secondo lavoro.

 

Possibile un secondo lavoro se non c’è incompatibilità

Il dipendente part-time, quindi, ha tutto il diritto di svolgere una seconda attività a meno che questa non incida negativamente e concretamente sulla prima.

Il secondo lavoro deve ovviamente essere svolto al di fuori dell’orario della prima mansione, e non deve entrare in diretta concorrenza con quest’ultima. In particolare, il dipendente è tenuto a rispettare gli artt. 2104 e 2105 del Codice civile, che stabiliscono che il lavoratore deve prestare il suo servizio con tutta la “diligenza” richiesta dalla natura dell’attività svolta e che il dipendente non deve trarre affari “in concorrenza con l’imprenditore“. I casi concreti in cui invece il secondo lavoro entra in conflitto con il primo devono essere provati, se necessario, in sede giudiziale.

Secondo lavoro e licenziamento per giusta causa

Nel caso di specie, un dipendente part-time di un patronato era stato licenziato per giusta causa per aver intrapreso un secondo lavoro, benché al di fuori delle ore di servizio del primo e nonostante il primo lavoro gli assicurasse una rendita di soli 500 euro al mese. Uno stipendio considerato non sufficiente a garantire un sostentamento dignitoso.

Perché, allora, il licenziamento? Il regolamento dei dipendenti del patronato, all’art. 10, stabiliva esplicitamente che è incompatibile con l’assunzione presso l’azienda “qualunque altro impiego sia pubblico che privato” e ogni altra occupazione o attività “che non sia ritenuta conciliabile con l’osservanza dei doveri d’ufficio e con il decoro dell’ente”. La Corte territoriale aveva deciso in favore del patronato, proprio nel rispetto delle clausole del regolamento contrattuale e ritenendo irrilevante la circostanza che la diversa attività fosse stata prestata al di fuori dell’orario di lavoro.

Cassazione: l’incompatibilità tra i due lavori deve essere concreta

Non così la Corte di Cassazione, che come accennato ha giudicato illegittimo il licenziamento del dipendente e inammissibile il divieto astratto di svolgere una seconda attività lavorativa.

La Suprema Corte ha infatti stabilito che è proprio il carattere “assoluto” del divieto previsto dall’art. 10 del regolamento dei dipendenti a non essere accettabile. Il datore di lavoro non può disporre della facoltà del proprio dipendente di reperire un’occupazione diversa in orario compatibile con la prima, e non può avere un potere incondizionato di limitazione dei diritti del lavoratore part-time. Una previsione regolamentare in tal senso è semplicemente nulla.

I giudici hanno quindi ribadito che il datore di lavoro deve specificare in cosa consiste esattamente l’incompatibilità tra le due mansioni e muovere specifiche accuse contro il dipendente. Nel caso di specie, invece, all’uomo non era stato contestato né lo sviamento della clientela né alcuna forma di attività concorrenziale. Risultato: il licenziamento “per giusta causa” è illegittimo.

 

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