Intercettazioni: il contenuto può essere provato anche mediante deposizione testimoniale

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Il contenuto delle conversazioni intercettate può essere provato anche mediante deposizione testimoniale, non essendo necessaria la trascrizione delle registrazioni nelle forme della perizia, atteso che la prova è costituita dalla bobina – cassetta o supporto digitale, che l’art. 271 comma 1 cod. proc. pen., non richiama la previsione dell’art. 268 comma 7 cod. proc. pen., tra le disposizioni la cui inosservanza determina l’inutilizzabilità e che la mancata trascrizione non è espressamente prevista nè come causa di nullità, nè è riconducibile alle ipotesi di nullità di ordine generale tipizzate dall’art. 178 cod. proc. pen..

(Inammissibile)

(Orientamento confermato)

(Normativa di riferimento: C.p.p art. 178, 268, c. 7, 271, c. 1)

Il fatto

La Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Grosseto di condanna di A. C., rideterminava la pena al medesimo inflitta, a seguito della modifica intervenuta dell’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 ad opera del d.l. 3 dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2014, n.10, e successivamente modificato dal decreto legge 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 16 maggio 2014, n. 79, a mesi dieci di reclusione e C 2.000 di multa, in relazione al reato continuato di cessione di modiche quantità di cocaina a L. F., C. N. e M. A..

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso la sentenza presentava ricorso l’imputato per mezzo del difensore di fiducia, e ne chiedeva l’annullamento per i seguenti motivi:  a) violazione di legge processuale in relazione agli artt. 268 comma 7, 178 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. atteso che i giudici del merito avevano posto a base della affermazione di responsabilità gli stralci delle conversazioni telefoniche c.d. brogliacci, in assenza di trascrizione ex art. 268 comma 7 cod. proc. pen. e, dunque, in violazione di legge, per non aver osservato le norme previste per l’acquisizione della prova secondo le modalità indicate dal codice di rito e in violazione dell’art. 178 comma 1 lett. c) cod. proc. pen., con riferimento alla deposizione testimoniale dell’appartenente dalla G. di F. sul contenuto dei c.d. brogliacci; in particolar modo, argomentava il ricorrente, per un verso che l’art. 268 comma 7 cod. proc. pen. disciplina le modalità di inserimento al fascicolo per il dibattimento delle conversazioni intercettate, disponendo l’inserimento della trascrizione delle stesse e non dei brogliacci, per altro verso, l’assunzione della testimonianza sul contenuto delle conversazioni registrate integrerebbe una nullità di ordine generale perché diretta ad introdurre nel processo i risultati di una prova al di fuori della modalità previste per la sua utilizzazione probatori a nel dibattimento; b) violazione di legge penale in relazione alla carenza di motivazione in punto determinazione del trattamento sanzionatorio non avendo indicato, il giudice dell’impugnazione, nella rideterminazione del trattamento sanzionatorio, l’iter logico seguito e gli elementi considerati, tra quelli di cui all’art. 133 cod. pen., eludendo così l’obbligo di motivazione, essendosi limitato a ritenere adeguata la pena di mesi dieci in assenza di indicazione del calcolo operato, avendo, peraltro, indicato la pena finale pur in misura superiore al minimo edittale; si stimava inoltre parimenti la motivazione circa il diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

Dal canto suo, in udienza, il Procuratore generale chiedeva il rigetto del ricorso.

Le valutazioni giuridiche formulate dalle Corte di Cassazione

La Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso proposto, ritenendo i motivi addotti manifestamente infondati, alla stregua delle seguenti considerazioni.

In ordine al motivo di ricorso con cui il ricorrente deduceva la violazione dell’art. 268 comma 7 cod. proc. pen. e la nullità della sentenza, si osservava come, per un verso, l’art. 271 comma 1 cod. proc. pen. non richiamasse la previsione dell’art. 268 comma 7 cod. proc. pen. tra le disposizioni la cui inosservanza determina l’inutilizzabilità dei risultati delle captazioni, per altro verso, fosse assolutamente pacifico nella giurisprudenza di legittimità che la prova è costituita dalla bobina (ora supporto digitale) che racchiude la conversazione telefonica o ambientale, e dai verbali delle operazioni compiute, e che la trascrizione delle stesse costituisce una mera trasposizione grafica del contenuto del supporto (ex multis Sez. 6, n. 25806 del 20/02/2014, Di Popolo, Rv. 259675; Sez. 2, n. 13463 del 26/02/2013, P.G. in proc. Lagano, Rv. 254910) da cui discende, quale corollario, che è sempre consentito al giudice l’ascolto in camera di consiglio dei supporti analogici o digitali recanti le registrazioni, debitamente acquisite e trascritte e l’utilizzo ai fini della decisione dei risultati dell’ascolto medesimo (Sez. 1, n. 22062 del 24/04/2013, Rodà, Rv. 256080).

Alla luce di ciò, se ne faceva ulteriormente derivare, da un lato, che l’omessa trascrizione delle conversazioni registrate nella fase delle indagini preliminari, senza che la parte ne abbia fatto richiesta, non costituendo essa fonte di prova, non determinasse alcuna inutilizzabilità né tanto meno nullità di ordine generale ex art. 178 comma 1 lett. c) cod. proc. pen. costituendo, la trascrizione effettuata con le forme della perizia, una mera trasposizione grafica del contenuto della prova (conversazione) acquisita mediante registrazione fonica, della quale il difensore può, ai sensi dell’art. 268 comma 8 cod. proc. pen., chiedere la trascrizione espletata secondo le modalità di cui all’art. 267 cod. proc. pen. e acquisita nel fascicolo per il dibattimento (Sez 1 n. 43725 del 2011 e 4243 del 2012 e Corte cost, 204 del 2012), dall’altro, che il mancato esercizio del contraddittorio difensivo non potesse determinare la nullità della sentenza per mancanza di trascrizione delle conversazioni telefoniche, non prevista dalla legge e non riconducibile alle ipotesi di nullità di ordine generale tipizzate dall’art. 178 cod. proc. pen..

Posto ciò, la Corte non solo si soffermava sull’assenza di profili di invalidità processuale che avrebbero potuto inficiare l’utilizzo di questa prova, ma chiariva altresì come la medesima potesse essere acquisita in forme diverse da quelle che si possono venire a determinare per effetto di questo mezzo di ricerca della prova.

Nella decisione in commento, infatti, si postulava che, non essendo necessaria la trascrizione delle registrazioni nelle forme della perizia, il contenuto delle conversazioni intercettate potesse essere provato anche mediante deposizione testimoniale, non essendo la deposizione testimoniale sul contenuto di intercettazioni telefoniche inutilizzabile giacchè la sanzione processuale dell’inutilizzabilità discende da espressi divieti di acquisizione probatoria ex art. 191 cod. proc. pen. (inutilizzabilità generali), ovvero da una specifica previsione – che nel caso non è rinvenibile nell’ordinamento – della sanzione in relazione a un’acquisizione difforme dai modelli legali (inutilizzabilità speciali) e ciò anche perché non si rinviene nella disciplina della prova testimoniale un espresso divieto di testimonianza sul contenuto di intercettazioni di conversazioni e che, nella disciplina delle intercettazioni, le uniche previsioni di inutilizzabilità dei relativi risultati sono quelle di cui all’art. 271 comma 1 cod. proc. pen..

Da ciò si concludeva affermandosi che la prova testimoniale sul contenuto delle intercettazioni di conversazioni non incorre nella sanzione della inutilizzabilità.

Gli ermellini, però, non ignoravano sempre in questa decisione come fosse rinvenibile un diverso indirizzo interpretativo secondo il quale, viceversa, la deposizione testimoniale sul contenuto di intercettazioni telefoniche, per la quale va comunque esclusa la sanzione della inutilizzabilità per i motivi sopra indicati, deve ritenersi affetta da nullità di ordine generale ex art. 178 comma 1 lett. c) cod. proc. pen, la cui rilevabilità è soggetta alle preclusioni previste dal capoverso dell’art. 182 cod. proc. pen. e dall’art. 180 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 402 del 12/10/1998, Aliu, Rv. 213328; Sez. 5, n. 20824 del 10/01/2013, P.G. in proc. Omoruyi e altro, Rv. 256496) ma rilevavano però al contempo che, anche a voler aderire a tale indirizzo, non risultava nel caso di specie che fosse stata tempestivamente formulata una eccezione di nullità in tal senso che, ai sensi dell’art. 182 comma 2 cod. proc. pen. “quando la parte vi assiste, la nullità di un atto deve essere eccepita prima del suo compimento ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo”.

Tal che la Corte ribadiva il principio di diritto secondo cui che il contenuto delle conversazioni intercettate potesse essere provato anche mediante deposizione testimoniale, non essendo necessaria la trascrizione delle registrazioni nelle forme della perizia, atteso che la prova è costituita dalla bobina-cassetta o supporto digitale, che l’art. 271 comma 1 cod. proc. pen., non richiama la previsione dell’art. 268 comma 7 cod. proc. pen., tra le disposizioni la cui inosservanza determina l’inutilizzabilità e che la mancata trascrizione non è espressamente prevista nè come causa di nullità, nè è riconducibile alle ipotesi di nullità di ordine generale tipizzate dall’art. 178 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 25806 del 20/02/2014, Di Popolo, Rv. 259675; Sez. 2, n. 13463 del 26/02/2013, P.G. in proc. Lagano, Rv. 254910; Sez. 1, n. 12082 del 06/10/2000, Rv.217345).

Venendo infine a trattare il secondo motivo di ricorso proposto (ossia: violazione di legge penale in relazione alla carenza di motivazione in punto determinazione del trattamento sanzionatorio), i giudici di legittimità ordinaria evidenziavano come detta censura, da una parte, fosse inammissibile con riguardo alla censura di omessa motivazione sulle richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, non essendo stata devoluta la relativa richiesta nei motivi di appello, dall’altra, manifestamente infondata con riguardo al profilo della carenza di motivazione in relazione al calcolo della pena nella rideterminazione del trattamento sanzionatorio per effetto della novella legislativa sull’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ritenuto adeguato, e sull’omessa motivazione in relazione all’aumento per la continuazione (anche perché il  Tribunale, nel pervenire alla determinazione del trattamento sanzionatorio, non aveva applicato alcun aumento per la continuazione interna pur contestata, sicchè il ricorrente non aveva interesse a sollevare la censura sulla misura della pena).

Sempre in ordine a questo secondo motivo di ricorso, i giudici di Piazza Cavour denotavano altresì come, in presenza di una pena prossima ai minimi edittali, l’obbligo della motivazione dovesse ritenersi sufficientemente osservato qualora il giudice dichiari di ritenere “adeguata” o “congrua” o “equa” la misura della pena applicata o ritenuta applicabile nel caso concreto, essendo la scelta di tali termini sufficiente a far ritenere che il giudice abbia tenuto conto, intuitivamente e globalmente, di tutti gli elementi previsti dall’art. 133 cod. pen. essendo necessaria la specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media edittale (Sez. 4, n. 46412 del 05/11/2015, Scaramozzino, Rv. 265283; Sez. 2, n. 28852 del 08/05/2013, Taurasi, Rv. 256464).

Conclusioni

La sentenza pone talune perplessità, in punto di rito, in ordine alla possibilità che una prova testimoniale  possa accertare il contenuto delle conversazioni intercettate non tanto sotto il profilo di una errata valutazione di questa modalità acquisitiva sotto il profilo della sua inutilizzabilità da ritenersi, come rilevato dalla stessa Corte di Cassazione (in riferimento alla inutilizzabilità), non sussistente, ma in ordine al fatto che sia possibile che una prova (contenuto di operazioni captative) sia accertata non dal mezzo di ricerca della prova attraverso il quale essa è usualmente appurabile (vale a dire le intercettazioni) ma tramite un altro mezzo di prova.

Infatti, operando in tal guisa, si verrebbe a determinare una situazione analoga a quella in cui si volesse sostenere che un corpo di reato rinvenuto durante la perquisizione sia accertabile attraverso non attraverso appunto la perquisizione, ma mediante la testimonianza dell’agente operante che ha proceduto a quell’incombente investigativo.

A parere di chi scrive, dunque, un siffatto approccio metodologico determina un modo di acquisizione della prova diverso dal modo in cui il nostre codice di rito norma separatamente da una parte, i mezzi di prova, e dall’altra, i mezzi di ricerca della prova dato che, come appena visto, la prova viene acquisita tramite un’altra prova, e non per mezzo di un mezzo di ricerca della prova come solitamente dovrebbe avvenire.

Per questo motivo, si ritiene più condivisibile quel diverso  orientamento contrario a quello recepito nella decisione in analisi (seppur in essa richiamata) secondo cui il regime delle invalidità della testimonianza resa per provare il contenuto della intercettazioni è annoverabile tra le nullità di ordine generale ex art. 178 comma 1 lett. c) cod. proc. pen e la cui rilevabilità è soggetta alle preclusioni previste dal capoverso dell’art. 182 cod. proc. pen. e dall’art. 180 cod. proc. pen., essendo in tale approdo ermeneutico evocato un regime di invalidità processuale qual è la nullità più pertinente ai mezzi di prova rispetto ai mezzi di ricerca della prova per i quali è più confacente quello della inutilizzabilità.

Tuttavia, anche ove fosse stato applicato questo diverso indirizzo interpretativo, non si sarebbe comunque potuta verificare questa evenienza processuale in quanto, come rilevato dalla Cassazione nella pronuncia in commento (e già visto prima), detta eccezione era stata formulata tardivamente.

 

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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