Corresponsione di emolumenti al pubblico dipendente in esecuzione del giudicato (Cons. Stato n. 1163/2013)

Redazione 25/02/13
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FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso rubricato al n. 1404 del 2004 l’ing. ********** e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe – già in rapporto di impiego alla dipendenze dell’ ************ – espongono in punto di fatto:

– che con sentenza n. 1050 del 1996, passata in giudicato, il T.A.R. per il Lazio riconosceva nei loro confronti il diritto all’inquadramento nella qualifica di primo ricercatore con decorrenza dal 30 dicembre 1987, ai sensi dell’art. 36 del regolamento organico del personale;

– che l’ Amministrazione provvedeva al loro definitivo inquadramento nella predetta qualifica, II^ fascia professionale, con la decorrenza stabilita in sentenza;

– che insorgeva contenzioso in merito alla ricostruzione della posizione economica ed al pagamento di spettanze retributive arretrate;

– che il T.A.R. per il Lazio, in accoglimento di ricorso per l’ottemperanza al giudicato, con sentenza n. 1775 del 1999, anch’essa coperta da giudicato, statuiva la spettanza “delle somme dovute a titolo di differenze retributive arretrate per il periodo 30.12.1987 – giugno 1988, sia delle ulteriori differenze retributive dovute per il periodo 30.12.1987 – effettivo soddisfo in ordine ad altre voci del trattamento retributivo pretermesse . . . . tutti da rivalutare e maggiorare degli interessi e della rivalutazione monetaria dalla date di maturazione dei singoli ratei all’effettivo soddisfo” nonché “delle ulteriori somme a titolo di rivalutazione monetaria e di interessi legali sugli importi solo di recente (e parzialmente) erogati a titolo di arretrati stipendiali dal giugno 1988”, con il limite, quanto agli accessori al credito principale, del divieto di cumulo di interessi e rivalutazione monetaria secondo quanto stabilito dall’art. 22, comma 36, della legge n. 724 del 1994;

– che su istanza di uno dei ricercatori interessati alla corretta esecuzione del giudicato con ordinanza n. 218 del 2001 era nominato un commissario ad acta per ogni conseguente adempimento; quest’ ultimo con relazione esplicativa del 7 dicembre 2001 dava atto del non luogo a provvedere, non riscontrando omissioni nell’attività adempitiva dell’ Amministrazione;

– che con sentenza n. 12370 del 2002 il T.A.R. respingeva un ulteriore ricorso proposto dagli odierni appellanti volto a sostenere il parziale adempimento del giudicato derivante dalle sentenze n. 1050 del 1996 e n. 1775 del 1999 innanzi richiamate.

Con tale ultima sentenza il T.A.R.:

– riconosceva il ruolo del giudice dell’ottemperanza di determinare il perimetro dell’attività esecutiva mediante interpretazione del decisum;

– escludeva l’applicazione dell’art. 16 del d.P.R. n. 619 del 1980, volto ad equiparare il trattamento economico degli impiegati degli enti disciolti transitati nei ruoli dell’ ************ a quello previsto per il personale dell’ Istituto Superiore di Sanità solo in assenza di inquadramento definitivo nei ruoli dell’ ************;

– riconosceva in capo al commissario ad acta un’ area di valutazioni di merito circa i contenuti ed i limiti dell’attività adempitiva del giudicato;

– escludeva ogni pretesa per accessori al credito principale;

– negava l’applicabilità della regola di imputazione del pagamento, ai sensi dell’art. 1194 cod. civ., prima agli interessi e poi al capitale, trattandosi di adempimento in esecuzione di giudicato;

– riconosceva corretta la determinazione degli interessi e della rivalutazione monetaria sulle spettanze retributive al netto delle ritenute previdenziali, assistenziali ed erariali;

– dichiarava la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sollevata con riferimento ai limiti del concorso fra interessi e rivalutazioni monetaria quale previsti dall’ art. 22, comma 36, della legge n. 724 del 1994.

Avverso la sentenza del T.A.R. è stato proposto atto di appello con il quale sono contestate le conclusioni del primo giudice e riproposte le doglianze formulate in prime cure ai fini della corresponsione di ulteriori spettanze retributive.

Con ordinanza n. 6629 del 2011 questa Sezione ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ I.N.A.I.L., subentrato nei rapporti attivi del soppresso I.S.P.E.S.L. per effetto dell’art. 7 del d.l. n. 78 del 2010, convertito con legge n. 122 del 2010.

Gli appellanti hanno provveduto alla chiamata in giudizio dell’ I.N.A.I.L. con atto del 2 marzo 2012.

In sede di note conclusive e di replica i ricorrenti hanno insistito nelle proprie tesi difensive ed eccepito la nullità del mandato difensivo conferito dall’ I.N.A.I.L.

2. Avverso la sentenza n. 12370 del 2002 hanno, inoltre, proposto ricorso l’ing. Da ********** e gli altri litisconsorti indicati nell’epigrafe del ricorso, tutti già in rapporto di impiego alla dipendenze dell’ ************ .

Dopo avere esposto in punto di fatto le vicende che hanno caratterizzato la fase di ottemperanza alla sentenza del T.A.R. per il Lazio n. 1050 del 1996, passata in giudicato, che aveva riconosciuto nei loro confronti il diritto all’inquadramento nella qualifica di primo ricercatore con decorrenza dal 30 dicembre 1987, hanno sono contestato le conclusioni del primo giudice e riproposte le doglianze formulate in prime cure, ai fini dell’ integrale esecuzione del giudicato.

Anche con riferimento al presente ricorso con ordinanza n. 1416 del 2012 è stata disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ I.N.A.I.L., subentrato nei rapporti attivi del soppresso I.S.P.E.L.S.

Gli appellanti hanno provveduto alla chiamata in giudizio dell’ I.N.A.I.L. con atto del 27 marzo 2012 e, in sede di note conclusive, hanno insistito nelle proprie tesi difensive.

L’ I.N.A.I.L., costituitosi in resistenza in entrambi i ricorsi, ha disatteso i motivi di impugnativa ed ha negato la sussistenza di ogni altro obbligo di ottemperanza al giudicato, sottolineando, in sede di note di replica, la ritualità del mandato conferito al difensore dell’ Istituto.

All’udienza del 9 novembre 2012 i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

3. Gli appelli contro la stessa sentenza vanno riuniti per la contestuale decisione ai sensi dell’art. 96 , comma 1, cod. proc. amm.

3.1. Diversamente da quanto eccepito dall’istante difesa la procura a resistere in giudizio è stata ritualmente conferita dal Direttore centrale delle risorse umane dell’ I.N.A.I.L. che, quale organo di vertice della struttura, investito di funzioni dirigenziali generali, è abilitato dall’art. 16, comma 1, lett. f, del d.lgs. n. 165 del 2001 a promuovere ed a resistere alle liti , con potere di conciliare e transigere.

3.2. Con il primo mezzo in entrambi gli appelli si sostiene che il T.A.R. con l’ultima sentenza n. 12370 del 2002, volta ad individuare il perimetro degli obblighi di ottemperanza alle proprie precedenti decisioni n. 1050 del 1996 e n. 1755 del 1999, avrebbe pronunciato in pretesa violazione del giudicato pregresso, per di più assegnando al commissario ad acta all’uopo nominato un ruolo di interpretazione del decisum, declinando dalla sua funzione esclusiva di giudice dell’esecuzione.

Il motivo è infondato.

La semplice lettura della motivazione della sentenza del T.A.R. n. 1050 del 1996 mostra come la stessa si sia limitata allo stretto riconoscimento del diritto dei ricorrenti “qualora risultino accertati i necessari presupposti, ad essere inquadrati nella qualifica di primo ricercatore ai sensi dell’art. 36 del Regolamento organico dell’ ************”

Nulla in tale sede è disposto quanto alla posizione economica.

Su tale aspetto, un volta effettuato l’inquadramento, è intervenuta la successiva sentenza del T.A.R. n. 1755 del 1999, che ha stabilito al 30 dicembre 1987 la decorrenza per la ricostruzione della posizione economica per il pagamento delle differenze retributive con maggiorazione per accessori di legge.

La sentenza n. 1755 del 1999 si è limitata ad stabilire solo nell’ an il periodo per il quale andava compiuta la ricostruzione della posizione economica dei ricorrenti per effetto dell’ inquadramento nella qualifica superiore, ma non è scesa nel merito del quantum, per la cui determinazione, stante la complessità dei calcoli, anche alla luce del quadro regolamentare di riferimento, ha reso necessario l’apporto di un commissario ad acta .

E’, quindi, del tutto fuori luogo l’ assunto degli appellanti volto a collegare una specifica debenza retributiva alla sentenza n. 1755 del 1999, che andava invece verificata in concreto, applicando i vigenti istituti sul trattamento economico alle singole posizioni dei ricorrenti.

Non vi è stata, quindi, alcuna abdicazione alle prerogative dell’organo giudicante, che si è correttamente avvalso dell’apporto del commissario ad acta – quale organo tecnicamente qualificato – per la soluzione delle diverse problematiche insorte in sede di ottemperanza.

3.2. E’ altresì infondato il secondo mezzo comune ad entrambi gli appelli relativo alla determinazione del trattamento retributivo per il periodo 30 dicembre 1997 – giugno 1998..

Come correttamente posto in rilievo dal primo giudice la disposizione transitoria di cui all’art. 16, ultimo comma, del d.P.R. n. 619 del 1980, relativa al personale proveniente dagli enti disciolti, rinvia ai parametri retributivi previsti per i dipendenti dell’ Istituto superiore della sanità per il solo periodo di attesa dell’inquadramento definitivo nei ruoli del neo istituito I.S.P.E.S.L.

Detta evenienza non ricorre nei confronti degli odierni appellanti che hanno beneficiato dell’inquadramento con decorrenza 30 dicembre 1987, rivestendo da tale data la posizione di “status” di dipendente dell’ ************ che preclude l’applicazione del regime retributivo transitorio.

3.3. Ai fini della determinazione del differenziale retributivo fra il c.d. dovuto precedente ed il dovuto in virtù dell’ottemperanza l’ ************ ha correttamente riportato su ogni mensilità di stipendio, da assumere e riferimento agli effetti di detto differenziale, i miglioramenti economici contrattuali, ancorché corrisposti ex post in due tranches cumulative.

L’adesione all’opposta tesi dei ricorrenti – e cioè di fare riferimento alle competenze stipendiali effettivamente erogate mese per mese malgrado i conguagli in prosieguo percepiti con pagamento cumulativo – avrebbe fatto concorrere nel differenziale di retribuzione somme in misura pari ai miglioramenti contrattuali che, malgrado il divieto di legge, avrebbero beneficiato al momento del pagamento delle maggiorazioni per interessi e rivalutazione monetaria.

Sono infondati i restanti motivi di impugnativa, di contenuto analogo in entrambi gli appelli e che possono, quindi, essere congiuntamente esaminati.

Ed invero:

– quanto alle modalità di calcolo degli interessi e della rivalutazione monetaria la sentenza del T.A.R. n. 1775 del 1999 si limita a stabilire solo in astratto il diritto dei ricorrenti a percepire detti accessori al credito principale, ma non detta al riguardo alcun criterio di calcolo e tantomeno dispone in ordine alla regola di concorso fra loro degli importi dovuti per interessi e per rivalutazione del debito di sorte. Il commissario ad acta ha dato, quindi, corretta applicazione alle regole di indirizzo dettate dal Ministero del Tesoro sul separato conteggio della rivalutazione monetaria e degli interessi legali. Ciò del resto è conforme alla diversa funzione che detti corrispettivi sono chiamati ad assolvere, nel primo caso risarcitoria del danno da svalutazione, nel secondo compensativa della perdita subita da chi riceve tardivamente un somma di danaro fruttifera per definizione (cfr. sui principi Cons. St., Ad. Plen. n. 3 del 15 giugno 1998; n. 18 del 13 aprile 2011);

– la regola dettata dall’art. 1194 cod. civ., in base alla quale il pagamento effettuato del debitore va prima imputato agli interessi e poi al capitale, non trova applicazione nei casi di corresponsione di emolumenti al pubblico dipendente in esecuzione di giudicato, essendo il dovuto stabilito in un unico contesto e con riferimento cumulativo al credito per interessi (cfr. Cons. St., A.P. n. 3 del 1998 cit.);

– non emergono ragioni per discostarsi dall’univoco e consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa in base al quale il calcolo degli interessi e della rivalutazione monetaria va effettuato sulle somme dovute al netto delle ritenute previdenziali e fiscali, configurando queste ultime importi che non sarebbero mai entrati nella sfera economica del dipendente e, quindi, improduttivi per definizione di un vantaggio patrimoniale agli effetti del credito per interessi o di danno per il ritardato pagamento (ex multis Cons. St., Adunanza Generale del 9 novembre 2011; Ad. Plen. n. 3 del 30 dicembre 1999; Sez. V, n. 4772 del 2 ottobre 2008; Sez. IV, n. 2989 del 22 maggio 2006);

– quanto all’ascritta insufficienza istruttoria dell’attività posta in essere dal’ ************ in esecuzione del giudicato la stessa è riferita ad elementi nella disponibilità del singolo pubblico dipendente o da questi accessibili (somme in precedenza percepite a titolo di retribuzione; parametri retributivi della qualifica conferita in ottemperanza alla sentenza del T.A.R. n. 1050 del 1996; misure percentuali delle ritenute previdenziali e fiscali), in modo da poter articolare in concreto la pretesa al pagamento di ulteriori importi e non con generico riferimento all’attività adempitiva dell’ Amministrazione.

All’infondatezza dei motivi segue il rigetto di entrambi gli appelli.

In relazione ai profili del contenzioso introdotto spese ed onorari del giudizio possono essere compensati fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) in definitiva pronunzia;

– dispone la riunione degli appelli in epigrafe;

– respinge entrambi gli appelli;

– compensa fra le parti spese ed onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 novembre 2012

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