Sono iscrivibili nel casellario giudiziale i decreti di archiviazione emessi ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen.?

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(Rimesso il ricorso alle Sezioni Unite)

[Normativa di riferimento: C.p. art. 131-bis; d.P.R., 14/11/2002, n. 312, art. 3, c. 1, lett. f)]

Il fatto

Il Tribunale di Salerno, giudice del casellario ex art. 40 d.P.R. n. 313 del 2002, ordinava la cancellazione dal casellario giudiziale, inerente alla persona di L. D. M., del provvedimento emesso il 17 ottobre 2017 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Nocera Inferiore, col quale era stata disposta l’archiviazione del procedimento iscritto nei confronti dello stesso D. M. per il reato di cui all’art. 650 cod. pen., essendo stata ravvisata la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen..

A ragione della decisione il Tribunale aveva addotto che il provvedimento di archiviazione non costituisse un provvedimento definitivo e, pertanto, non rientrasse tra quelli soggetti ad iscrizione.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Ricorreva il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno che chiedeva l’annullamento del provvedimento impugnato, denunciando la violazione di legge in relazione all’art. 3, comma 1, lett. f), d.P.R. n. 303 del 2002.

Il giudice del casellario, secondo la pubblica accusa, avrebbe errato nell’interpretazione della norma di legge secondo la quale nel casellario giudiziale devono essere iscritti «i provvedimenti giudiziari definitivi che hanno prosciolto l’imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità, o disposto una misura di sicurezza, nonché quelli che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’articolo 131 bis del codice penale» atteso che l’ultima parte di tale norma, tramite la congiunzione «nonché», fa espresso riferimento a tutti i provvedimenti che hanno dichiarato la non punibilità del fatto ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., essendo l’iscrizione funzionale al corretto apprezzamento, in eventuali procedimenti futuri, dell’abitualità del comportamento illecito da parte dello stesso soggetto, integrante condizione ostativa all’ulteriore applicazione della medesima causa di non punibilità.

Posto ciò, il Procuratore generale chiedeva che il ricorso venisse rimesso alle Sezioni Unite rilevando l’esistenza di un contrasto di giurisprudenza come segnalato anche dall’Ufficio del massimario e del ruolo; in subordine concludeva per l’annullamento del provvedimento con rinvio.

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Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il Supremo Consesso riteneva come il ricorso dovesse essere rimesso alle Sezioni Unite, come richiesto dal Procuratore generale, sussistendo un contrasto giurisprudenziale.

Si evidenziava a tale proposito prima di tutto come fosse opportuno evidenziare che il giudice del casellario aveva ordinato la cancellazione dell’iscrizione richiamando la sentenza della sezione quinta nella quale si era affermato che «il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, non rientrando nella categoria dei provvedimenti giudiziari definitivi di cui all’art. 3, comma 1, lett. f), d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, non è soggetto ad iscrizione nel casellario giudiziale» (Sez. 5, n. 3817 del 15/01/2018, omissis, Rv. 272282) facendosi al contempo presente come nello stesso senso si fosse già espressa la sezione terza (Sez. 3, n. 30685 del 26/01/2017, omissis, Rv. 270247) e, successivamente, la sezione prima, (Sez. 1, n. 31600 del 25/06/2018, omissis, Rv. 273523).

Pur tuttavia, gli ermellini rilevavano l’esistenza di un diverso orientamento nomofilattico secondo il quale sono iscrivibili nel casellario giudiziale i decreti di archiviazione emessi ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. (Sez. 5, n. 40293 del 15/06/2017).

A fronte di questi due indirizzi interpretativi, i giudici di Piazza Cavour denotavano come la giurisprudenza di legittimità si fosse prevalentemente orientata ad affermare che il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, non rientrando nella categoria dei provvedimenti giudiziari definitivi di cui all’art. 3, comma 1, lett. f), d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313, non è soggetto ad iscrizione nel casellario giudiziale.

A fronte di ciò, si evidenziava come le argomentazioni sviluppate dal Pubblico ministero ricorrente indussero la Corte, nella decisione in commento, ad un ripensamento delle conclusioni seguite dall’orientamento maggioritario.

Si sottolineava a tal proposito innanzitutto come il Pubblico ministero ricorrente avesse evidenziato l’erroneità dell’interpretazione proposta dal giudice del casellario perché impedirebbe all’organo inquirente di avere un quadro completo e veritiero sulla personalità del soggetto, per mancata iscrizione dei decreti di archiviazione pronunciati ai sensi dell’articolo 131-bis cod. pen., così pregiudicando le successive valutazioni del requisito della non abitualità del comportamento che la stessa disposizione pone a fondamento dell’istituto tenuto conto altresì del fatto che, per un verso, la rilevanza del provvedimento di archiviazione per tale causa di non punibilità si desume anche dalla previsione dell’articolo 411, comma 1-bis, cod. proc. pen. perché la necessità di dare avviso all’indagato della richiesta di archiviazione avanzata per tale causa discende proprio dal contenuto meno favorevole del provvedimento di archiviazione, per applicazione dell’art. 131-bis cod. pen., rispetto all’archiviazione nel merito, per altro verso, la mancata iscrizione di questo provvedimento nel casellario determinerebbe una disparità di trattamento tra situazioni analoghe laddove, in caso di proscioglimento ai sensi dell’articolo 131-bis cod. pen. disposto con sentenza, l’imputato vede iscritta tale pronuncia nel casellario.

In sintesi, secondo il Pubblico ministero ricorrente, in virtù delle considerazioni sin qui esposte, alla congiunzione «nonché», utilizzata nella disposizione dianzi richiamata, deve essere attribuito il valore di congiunzione aggiuntiva, sicché oltre ai «provvedimenti giudiziari definitivi» dovrebbero essere iscritti nel casellario anche quelli, indipendentemente dalla loro definitività che hanno dichiarato la non punibilità ai sensi dell’articolo 131-bis del codice penale.

Una volta illustrate le argomentazioni giuridiche sostenute dall’autorità requirente, la Corte di Cassazione postulava come le argomentazioni del Pubblico ministero ricorrente e del Procuratore generale fossero convincenti alla stregua delle seguenti ragioni.

In particolare, gli ermellini – una volta dedotto che l’istituto di cui all’art. 131-bis cod. pen., connotato da evidente finalità deflattiva, mira ad impedire la celebrazione di un processo inutile, allorché la notitia criminis, non destituita di fondamento, attenga però ad un fatto di particolare tenuità e si possa quindi attendibilmente pronosticarne l’esito in termini di dichiarazione di non doversi procedere ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., la cui declaratoria viene quindi anticipata in sede di archiviazione – mettevano in risalto il fatto che. se l’argomento fondamentale, che sorregge la tesi prevalente, si compendia nella considerazione secondo cui tutti i provvedimenti iscrivibili sono tali solo se definitivi, ovvero non impugnati o altrimenti definitivi (per rigetto dell’impugnazione) e il provvedimento di archiviazione, in quanto non impugnabile, è per sua natura sempre provvisorio, per la possibilità di riapertura delle indagini, pur tuttavia, tale affermazione non tiene conto di alcune considerazioni che militano nell’opposta direzione, e segnatamente, le seguenti: a) l’iscrizione del provvedimento di archiviazione ex art. 131-bis cod. pen. non determina una lesione dei diritti o degli interessi dell’indagato atteso che la decisione è assunta dal giudice a seguito di un procedimento (art. 411, comma 1-bis, cod. proc. pen.) nel quale è assicurato il pieno contraddittorio; infatti, quando il Pubblico ministero ritiene di avanzare la richiesta di archiviazione, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., «deve darne avviso alla persona sottoposta alle indagini» la quale può presentare opposizione indicando «le ragioni del dissenso» e il giudice, da un lato, salvo che essa sia inammissibile, deve fissare l’udienza camerale di cui all’art. 409, comma 2, cod. proc. pen., dall’altro, dopo avere sentito le parti all’udienza camerale (pena la violazione del contraddittorio: Sez. 5, n. 26876 del 10/02/2016, omissis, Rv. 267261), provvede facendo applicazione di tutti i poteri decisori che la legge ordinariamente gli attribuisce, dovendo anzitutto verificare la sussistenza e la procedibilità del reato ipotizzato e l’attribuibilità di esso all’indagato e, quindi, l’applicabilità della speciale causa di non punibilità; b) è priva di concreta rilevanza, per escludere l’iscrivibilità, la circostanza che la pronuncia in questione non possieda natura di accertamento e non abbia efficacia ai fini civili e amministrativi trattandosi unicamente di una limitazione dell’efficacia extra-penale che è propria di ogni provvedimento di archiviazione stante il fatto che l’articolo 651-bis cod. proc. pen. attribuisce efficacia di giudicato, quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno, promosso nei confronti del prosciolto e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale, solo alla sentenza penale irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto in seguito a dibattimento, o anche alla sentenza irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuità del fatto a norma dell’articolo 442 cod. proc. pen., salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato e, quindi, tale efficacia di accertamento extra-penale non è riconosciuta al provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto, ma ciò non sminuisce il valore del provvedimento di archiviazione perché esso è destinato a definire il procedimento in modo tendenzialmente stabile; c) pur tenendo presente che il provvedimento di archiviazione è soggetto alla possibilità di riapertura delle indagini ex art. 414 cod. proc. pen., su richiesta del Pubblico ministero motivata dalla necessità di nuove investigazioni, non può ipotizzarsi una riapertura per ragioni concernenti il giudizio di particolare tenuità perché «il decreto di archiviazione, pur non essendo munito dell’autorità della res judicata, è connotato da un’efficacia preclusiva, quantunque limitata, operante sia con riferimento al momento dichiarativo della carenza di elementi idonei a giustificare il proseguimento delle indagini, sia riguardo al momento della loro riapertura, condizionata dal presupposto dell’esigenza di nuove investigazioni che rappresenta per il giudice parametro di valutazione da osservare nella motivazione della decisione di cui all’art. 414 cod. proc. pen.» (Sez. U, n. 9 del 22/03/2000, omissis, Rv. 216004; si veda anche Corte cost., 19 gennaio 1995, n. 27) e, dunque, la riapertura delle indagini è meramente teorica nel caso di archiviazione ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. che presuppone già l’accertamento del fatto, la sua attribuzione all’indagato e la riconducibilità all’ipotesi di particolare tenuità, sulla base di indagini complete e non suscettibili di riapertura; da ciò se ne fa discendere la sostanziale stabilità del relativo provvedimento; d) la mancata iscrizione nel casellario determina l’impossibilità di valutare con immediatezza e compiutezza la non abitualità del comportamento in caso di reiterazione di fatti della stessa indole ed è consequenziale, sotto tale profilo, la disparità di trattamento rispetto ai soggetti per i quali sia stata pronunciata sentenza di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. ridondante a danno dell’efficienza complessiva del sistema processuale poiché il Pubblico ministero, al fine di conservare traccia della declaratoria di non punibilità, potrebbe scegliere di non anticipare alla fase delle indagini la richiesta ex art. 131-bis cod. pen. rimettendone l’iniziativa all’imputato dopo l’esercizio dell’azione penale, così determinandosi un inutile dispendio di attività processuali nei casi di procedimenti definibili fin d’all’inizio con provvedimenti di archiviazione; e) anche il dato testuale, come suggerito dal Pubblico ministero ricorrente, non può essere impiegato per escludere la iscrivibilità del provvedimento di archiviazione ex art. 131-bis cod. pen. non solo perché la congiunzione «nonché» ha un contenuto additivo sicché amplia il catalogo dei provvedimenti iscrivibili, ma anche sulla base di una lettura sistematica del testo normativo che prevede l’iscrizione nel casellario giudiziale di altri provvedimenti, non definitivi, pertinenti ad istituti analoghi: nel caso di messa alla prova ex art. 168-bis cod. pen., il cui esito positivo determina l’estinzione del reato, è prevista l’iscrizione nel casellario dell’ordinanza che, ai sensi dell’art. 464-quarter cod. proc. pen., dispone la sospensione del procedimento (art. 3, comma 1, lett. i-bis, d.P.R. n. 313 del 2002) trattandosi dell’iscrizione di un provvedimento, che la legge configura come revocabile, con lo scopo di consentire al giudice di valutare la sussistenza delle condizioni di accesso alla misura e di impedire una illegittima seconda concessione di essa (art. 168-bis, quarto comma, cod. pen.); nel caso della declaratoria di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. ricorre, in effetti, la stessa necessità perché il giudice è tenuto a verificare che l’indagato non tenga un comportamento abituale ovvero reiteri le condotte illecite, sicché l’autorità giudiziaria deve essere informata del provvedimento di archiviazione per tale causa di non punibilità; f) la relazione governativa di illustrazione del d.lgs. n. 28/2015 precisa che è stata prevista l’iscrizione di tutti i provvedimenti che abbiano dichiarato la non punibilità per tenuità del fatto, ivi compresi i decreti e le ordinanze di archiviazione, sul presupposto che il nuovo istituto, prevedendo la «non abitualità» del comportamento, come uno dei requisiti di applicabilità, impone un sistema di registrazione delle decisioni che accertano la particolarità tenuità «che comprenda ovviamente anche i provvedimenti di archiviazione adottati per tale causa».

Tal che, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, la Corte riteneva, in conclusione, di confermare l’emerso contrasto di giurisprudenza, rafforzato dall’attuale opzione in dichiarato dissenso dal prevalente orientamento precedente sicché appare opportuna, a norma dell’art. 618, comma 1, cod. proc. pen., la rimessione alle sezioni unite della seguente questione: «Se il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto a norma dell’art. 131-bis cod. pen. sia soggetto all’iscrizione nel casellario giudiziale ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. f), d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313».

Vedi anche:”La non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art.131 bis c.p. e l’applicabilità della stessa in caso di continuazione”

Conclusioni

La Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza in questione, dopo aver ravvisato la sussistenza di un contrasto giurisprudenziale, ha correttamente rimesso la questione alle Sezioni Unite.

Per capire se il provvedimento di archiviazione per particolare tenuità del fatto a norma dell’art. 131-bis cod. pen. sia soggetto o meno all’iscrizione nel casellario giudiziale, non resta dunque che attendere l’intervento delle Sezioni Unite.

 

 

Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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