Contributo di costruzione: è posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae (Cons. Stato n. 2467/2013)

Redazione 07/05/13
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FATTO e DIRITTO

1.- Il Comune di Firenze rilasciava alla società “La Fontenuova s.r.l.” concessione edilizia per la realizzazione di un complesso immobiliare da destinare a “residenza e servizi per anziani” (concessione edilizia n. 163 del 2000), determinando gli oneri ed i contributi di cui alla l. 28 gennaio 1977, n. 10 in lire 517.886.416 per urbanizzazioni primarie; lire 222.628.002 per urbanizzazioni secondarie; lire 1.156.335.850 per contributo sul costo di costruzione.

2.- La società Fontenuova con ricorso al TAR Toscana gravava la suddetta concessione edilizia, assumendone la gratuità ai sensi dell’art. 9, lett. f) della l. n. 10 del 1977 e, in subordine, la parziale gratuità, con esenzione dal solo costo di costruzione ai sensi dell’art. 10, della medesima legge n. 10 del 1977.

3.- Con sentenza n. 1819 del 6 dicembre 2001, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana respingeva il ricorso, non ravvisando nella concessione edilizia di cui trattasi le caratteristiche previste dalla legge per le ipotesi di gratuità totale o parziale.

4.- La società La Fontenuova ha proposto appello avverso la suddetta sentenza di cui chiede l’annullamento o la riforma perché erronea alla stregua dei seguenti motivi:

violazione dell’articolo 9, lettera f), della l. n. 10 del 1977, che prevede l’esenzione del contributo per le concessioni rilasciate per la realizzazione di opere pubbliche o di interesse generale da parte degli enti istituzionalmente competenti, ovvero nel caso di opere di urbanizzazioni eseguite anche da privati in attuazione di strumenti urbanistici generali;

violazione dell’art. 10, comma 1, della l. n. 10 del 1977, che esenta dal pagamento del costo di costruzione le concessioni edilizie volte alla realizzazione di strutture destinate ad un’attività di tipo industriale.

Il Comune di Firenze si è costituito in giudizio ed ha chiesto il rigetto dell’appello.

Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica e alla pubblica udienza del 12 febbraio 2013, il giudizio è stato assunto in decisione.

5.- L’appello è infondato e va respinto.

6.- Con il primo motivo d’appello la ricorrente censura la sentenza per non aver considerato che la residenza per anziani sarebbe esente dal contributo, in quanto struttura socio – sanitaria rientrante tra le previsioni del piano di settore socio – sanitario approvato dal consiglio comunale con deliberazione n. 4829 del 15 febbraio 1999, realizzata in zona H3 del PRG destinata a servizi privati di interesse ed uso pubblico e, quindi, assimilabile ad opera di urbanizzazione secondaria.

Tanto, secondo la società ricorrente, sarebbe avvalorato dalla convenzione stipulata tra la società e il Comune di Firenze, in cui si stabilisce: a) il vincolo della destinazione della parte residenziale per autosufficienti, ancorché realizzata in alloggi e non in forma comunitaria, alla tipologia di utenza prevista dalla normativa e, cioè anziani autosufficienti o adulti inabili (singoli o in coppia); b) apertura del diurno agli esterni con accoglienza di soggetti non autosufficienti; c) incremento dei servizi riabilitativi, fisioterapici e di sostegno alla persona da aprirsi anche all’utilizzo di persone residenti nel quartiere; d) riserva a favore e a richiesta dell’amministrazione comunale di una parte di posti nel caso in cui se ne rilevi la necessità rispetto ai bisogni del territorio (convenzionamento o accreditamento).

6.1- Il motivo è infondato.

L’art. 9, lettera f), della l. 28 gennaio 1977, n. 10 – richiamata dalla società appellante a sostegno del gravame – stabilisce che “Il contributo di cui al precedente articolo 3 non è dovuto (…) f) per gli impianti, le attrezzature, le opere pubbliche o di interesse generale realizzate dagli enti istituzionalmente competenti nonché per le opere di urbanizzazione, eseguite anche da privati, in attuazione di strumenti urbanistici”.

Premesso che il contributo di costruzione è posto a carico del costruttore a titolo di partecipazione del concessionario ai costi delle opere di urbanizzazione in proporzione all’insieme dei benefici che la nuova costruzione ne ritrae (cfr., Cons Stato Sez. V, 21 aprile 2006 n.2258), la deroga alla onerosità della concessione ricorre nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge e, per quanto attiene in particolare la lettera f) dell’art. 9, l. citata, se ricorrano due requisiti che devono entrambi concorrere per fondare lo speciale regime di gratuità della concessione, l’uno di tipo soggettivo, per effetto del quale le opere devono essere eseguite da un ente istituzionalmente competente e l’altro di carattere oggettivo per effetto del quale la costruzione deve riguardare opere pubbliche o di interesse generale (cfr, Sez. V, 20 ottobre 2004 n.6818; Sez. VI, 5 giugno 2007 n.2981; Cons. Stato Sez. IV, 2 marzo 2011, n. 1332).

Nella fattispecie difettano entrambi i requisiti.

Il titolare della concessione edilizia non riveste lo status di soggetto pubblico o equiparato, essendo invece una società privata che svolge un’attività commerciale, e l’intervento realizzato non costituisce espletamento di un’attività istituzionale o di interesse pubblico, essendo le opere edilizie in questione (un complesso ricettivo per anziani) palesemente finalizzate ad assecondare le finalità di lucro proprie del soggetto di diritto privato.

6.2- Sotto altro profilo deve escludersi la configurazione dell’intervento quale attrezzatura socio – sanitaria e, quindi, quale opera di urbanizzazione secondaria.

L’intervento edilizio di cui trattasi consiste, infatti, in un complesso immobiliare di circa 16.000 metri cubi da destinare a “residenze e servizi per anziani” realizzato su un’area di particolare pregio paesaggistico sita in Firenze, della superficie di metri quadrati 22.710, articolata in 36 mono – alloggi e 36 camere multiple dotate di bagni e servizio autonomo di cucina.

Dal punto di vista strutturale va, quindi, evidenziata una prevalente configurazione di tipo ricettivo o residenziale, piuttosto che quella di una struttura sanitaria, essendo quest’ultima caratterizzata dalla prevalenza di spazi destinati alla prestazione di servizi propriamente sanitari, mentre, nel caso i servizi ambulatoriali raggiungono complessivamente i 300 metri quadri, a fronte dei servizi residenziali che coprono in tutto una superficie pari a 6.700 metri quadrati.

Non sussistono, quindi, le caratteristiche che consentano di annoverare la struttura tra quelle sanitarie in senso proprio, mancando la prevalenza di spazi destinati alla prestazione di servizi propriamente sanitari.

Ne consegue che l’intervento edilizio non è assolutamente assimilabile ad una struttura sanitaria e non costituisce di conseguenza opera di urbanizzazione.

6.3- Peraltro, le opere di urbanizzazione secondaria sono caratterizzate dalla destinazione prioritaria all’uso della generalità degli utenti o, comunque, ad essere messe a disposizione dell’intera collettività, anche se dietro pagamento di un corrispettivo fissato dal Comune in misura tale che consenta il godimento da parte della collettività indifferenziata degli utenti.

Caratteristiche che non ricorrono nel caso della struttura realizzata dalla società appellante.

6.4- Sotto ulteriore profilo, deve considerarsi che nemmeno la destinazione di zona, quale fissata dal piano regolatore generale di Firenze, consente di qualificare l’intervento alla stregua di opera di urbanizzazione.

Infatti, la zona “H” del piano regolatore generale di Firenze, in cui insiste la struttura, è destinata servizi privati e pertinenze.

In essa, ai sensi dell’art. 57.5 delle NTA, è consentita la realizzazione di attrezzature private, quali quelle “scolastiche, socio – sanitarie di interesse comune e parcheggi”.

Si tratta di attrezzature private a tutti gli effetti, realizzabili solo su iniziativa del privato e non direttamente da parte dell’amministrazione trattandosi di attrezzature private realizzate per fornire servizi a privati e non alla collettività indifferenziata degli utenti, non conteggiate e non conteggiabili come standards urbanistici.

6.5- Ugualmente ininfluente è il richiamo alla convenzione stipulata con il Comune di Firenze.

La convenzione, infatti, come risulta dal contenuto dell’atto, mira a regolare l’uso della struttura sanitaria fissandone le modalità di gestione.

In base alla suddetta convenzione, la società proprietaria della struttura si impegnava a “non variare l’uso di destinazione dell’immobile” a mettere a disposizione del Comune un certo numero di posti letto; ad ammettere nella struttura anche soggetti esterni per usufruire delle prestazioni di tipo riabilitativo; a garantire l’accoglienza nel centro diurno di soggetti esterni non autosufficienti; a garantire le prestazioni anche a soggetti autosufficienti residenti nel quartiere; a riservare a favore dell’amministrazione una parte dei posti letto tramite apposito convenzionamento.

Fuori dell’ambito proprio della gestione, ovvero dell’uso della struttura, si pone solo l’impegno della società “ad incrementare (mediante modifica del progetto approvato, se ed in quanto occorra per il rispetto della normativa regionale e statale) gli spazi destinati ai servizi riabilitativi, fisioterapici e di sostegno alla persona”.

La convenzione, quindi, in quanto contiene solamente la disciplina dei servizi che dovranno essere prestati agli utenti nella struttura nel rispetto delle norme vigenti in materia di residenze per anziani non è significativa nel senso voluto dall’appellante.

Ugualmente non assume rilievo al fine di qualificare l’intervento come opera di urbanizzazione la messa a disposizione del Comune e su sua richiesta di una modesta porzione della struttura che comunque rimane nell’esclusiva titolarità e gestione privata, restando al di fuori delle ipotesi di esenzione previste nella prima parte della lettera f) dell’articolo 9, l. n. 10 del 1977.

7.- La società appellante assume, in via subordinata, che spetterebbe almeno l’esenzione dal costo di costruzione ai sensi dell’art. 10 della l. n. 10 del 1977, essendo l’intervento qualificabile alla stregua di attività produttiva.

L’assunto non è condivisibile.

L’art.10 della legge 28 gennaio 1977 n.10 distingue ai fini della determinazione del contributo del costo di costruzione, gli edifici o gli impianti destinati ad attività industriale e artigianale dirette alla trasformazione dei beni e alla prestazione di servizi, dalle costruzioni od impianti destinati ad attività turistiche, commerciali o direzionali, prevedendo per i primi manufatti le agevolazioni contributive ed escludendole per i secondi.

La concessione edilizia qui in questione non rientra tra gli impianti destinati ad attività produttive.

Ad escludere la configurazione di un complesso alberghiero come un “attività produttiva è proprio il dettato normativo sopra indicato che menziona espressamente gli impianti turistici tra i manufatti per i quali il legislatore in base ad una scelta insindacabile ha ritenuto non possa farsi luogo alla concessione del beneficio de quo e non v’è dubbio che l’esistenza di un siffatto dato normativo è di per sé preclusivo di quale che sia interpretazione estensiva.

E questo a prescindere dall’utilizzo dei normali canoni ermeneutici per cui riesce veramente difficile equiparare un complesso di immobili destinati ad un’attività ricettizia ad un’attività industriale di produzione di beni e servizi (cfr., Cons. Stato, sez. IV, n.4488 del 12 luglio 2010).

Quanto sin qui esposto conclude per la reiezione dell’appello.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza nell’importo indicato in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna La Fontenuova s.r.l. al pagamento in favore del Comune di Firenze di euro 3.000,00 oltre accessori di legge per spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2013

Redazione