Contribuente indagato per omesso versamento dell’Iva: legittimo il sequestro per equivalente sull’abitazione (Cass. n. 42643/2013)

Redazione 17/10/13
Scarica PDF Stampa

RITENUTO IN FATTO

Il Gip presso il Tribunale di Macerata, con provvedimento del 12/3/2013, disponeva il sequestro preventivo per equivalente, ex art. 1, co. 143, L. 144/07, dei beni di R.C., fino alla concorrenza di euro 201.012,00, in quanto costui, nella qualità di rappresentante legale della P. s.r.l., aveva omesso di versare, per l’anno d’imposta 2009, le ritenute alla fonte, per un importo pari a euro 86.010,00, e l’i.v.a. risultante dovuta, pari a euro 115.002,00.
Il Tribunale di Macerata, chiamato a pronunciarsi sulla istanza di riesame, avanzata ne|l’interesse del prevenuto, con ordinanza del 6/5/2013, ha confermato il mantenimento della misura cautelare.
Propone ricorso per cassazione la difesa del R.C., con i seguenti motivi:
– il provvedimento impugnato è da ritenere illegittimo, perché viziato in ordine alla non corretta applicazione dell’art. 321 cod. proc. pen., rilevato che, anche in relazione ai presupposti del sequestro preventivo per equivalente, ex art. 322 ter cod. pen., come richiamato dall’art. 1, co. 143, L. 244/2007, occorre estendere la verifica sulla sussistenza del fumus commissi delicti fino a giungere ad una valutazione dei gravi indizi di colpevolezza del prevenuto, e ciò sulla scorta di quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. Sent. n. 34505/2012) in riferimento ad un caso di applicazione di sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, ex d.Lvo 231/2001;
– contraddittorietà e falsa applicazione degli artt. 321 cod. proc. pen. e 322 ter cod. pen., non avendo il Tribunale considerato che la società amministrata dal R.C., già nel 2008, versava in stato di insolvenza, determinante la impossibilità di effettuare il versamento delle somme dovute all’Erario;
– ha, errato, altresì, il decidente nel mantenere la misura cautelare sull’immobile destinato dall’indagato a propria abitazione, così violando il diritto costituzionalmente garantito ex art. 42, co. 2, Costituzione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Il vaglio di legittimità, a cui è stata sottoposta |’impugnata ordinanza, permette di rilevare la logicità e la correttezza della argomentazione motivazionale adottata dal decidente, il quale ha fornito pieno riscontro ai motivi libellati con la istanza di riesame, con ampia ed esaustiva specificazione delle ragioni fondanti la pronuncia di rigetto.
Il primo motivo di annullamento è del tutto infondato, in quanto in materia di sequestro preventivo la ricostruzione del fumus da parte del giudice di merito non può giungere fino alla valutazione degli indizi: il vaglio non attiene alla fondatezza degli elementi di fatto, ma solo alla verifica della corrispondenza tra il fatto per cui si procede e la fattispecie criminosa (Cass. 14/2/2007, n. 12906), essendo il fumus commissi delicti da intendersi come astratta configurabilità del reato ipotizzato, senza estendere la cognizione agli indizi di colpevolezza (Cass. 17/4/2007, n. 19457), a meno che da questi non emergano elementi percepibili ictu oculi (Cass. 21/5/2008, n. 23944), ovvero di immediato rilievo (Cass. 11/5/2007, n. 21736; Cass. 8/2/2013, n. 6309).
Va, di poi, ritenuto distonico alla fattispecie in esame il richiamo fatto dal ricorrente alla sentenza n. 34505/2012, in quanto tale decisione postula una valutazione più ampia del fumus commissi delicti, che di fatto coincide con la delibazione dei gravi indizi di responsabilità del|’ente. Tale principio, però, risponde al sistema proprio del d.Lvo 231/01, il cui art. 45 richiede esplicitamente la sussistenza di gravi indizi per ritenere la responsabilità dell’ente, quale presupposto generale per l’applicazione delle misure cautelari.
Del pari manifestamente infondato si rivela il secondo motivo di annullamento, in quanto con esso si contesta la valutazione attribuita dal decidente ad un dato fattuale (la sentenza dichiarativa di fallimento della fallimento della P s.r.l.), ritenuto dal giudice inconferente in questa fase cautelare e non sottoponibile ad esame estimativo da questa Corte.
Non può trovare ingresso neanche la ulteriore censura, con cui si contesta la applicazione della misura cautelare sulla casa di abitazione del RC , in violazione del|’art. 42, co. 2, Costituzione, in quanto le ragioni allegate a sostegno della stessa attengono alla esecuzione del decreto di sequestro e, quindi, esulano dal campo del riesame, il cui fine non può andare oltre l’analisi valutativa del decreto in sé considerato e non dei passaggi procedimentali ulteriori.
Peraltro, è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento della impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591, co. 1, lett. c), cod. proc. pen., alla inammissibilità ( Cass. 3/5/2000, n. 5191; Cass. 1/3/2005, Gatto e altri).
Tenuto, di poi conto, della sentenza del 13/6/2000, n. 186, della Corte Costituzionale, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il RC abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, lo stesso, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., deve, altresì, essere condannato al versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 1.000,00.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della cassa delle Ammende della somma di euro 1.000,00.
Così deciso in Roma il 26/9/2013.

Redazione